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LA COSTITUZIONE,IL MESSAGGIO EVANGELICO, E LA TEOLOGIA ECONOMICO-POLITICA DELLA "SOVRANITA’ PRIVATA" DELL’IMPRENDITORE ATEO E DEVOTO...

L’ITALIA E LA LOBBY DI DIO (DEL "DEUS CARITAS"): MIRAFIORI E IL VANGELO DI MARCHIONNE (E DI BENEDETTO XVI E BERLUSCONI). Un appello a sostegno della FIOM di un gruppo di intellettuali torinesi e una nota di Marco Politi - a cura di Federico La Sala

Quanto c’è di cristiano nelle nuove regole imposte da Marchionne a Mirafiori? L’interrogativo potrebbe suonare paradossale, ma si pone dal momento che il firmatario-guida del documento, Raffaele Bonanni, è il leader del sindacato che si richiama consapevolmente alla Dottrina sociale della Chiesa (...)
venerdì 14 gennaio 2011 di Federico La Sala
[...] Non può essere taciuto il carattere esplicitamente ricattatorio, da vero e proprio Diktat, che pone i lavoratori, già duramente provati dalla crisi e dalla cassa integrazione, con salari tra i più bassi d’Europa, nella condizione di dover scegliere tra la messa a rischio del proprio posto e la rinuncia a una parte significativa dei propri diritti; tra la sopravvivenza e la difesa di condizioni umane di lavoro; tra il mantenimento del proprio reddito e la conservazione della propria (...)

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> L’ITALIA E LA LOBBY DEL "DEUS CARITAS": MIRAFIORI E IL VANGELO DI MARCHIONNE ---- A a Torino, si gioca una partita che riguarda la democrazia italiana (di Loris Campetti)..

martedì 11 gennaio 2011

A Mirafiori in gioco la democrazia

di Loris Campetti (il manifesto, 11.01.2011)

C’è un signore con la borsetta che gira il mondo cercando di vendere la sua merce a prezzo fisso. Non è un mercante arabo, nessuna trattativa è prevista: se vi va è così, altrimenti tanti saluti. Il liberismo nella globalizzazione non è un suq, la crisi e la concorrenza non perdonano e il ’900 è morto e sepolto con i suoi lacci e diritti. Il nostro mercante si chiama Sergio Marchionne, parla americano e detesta i dialetti, che sia sabaudo o partenopeo. È più capace nel vendere promesse in cambio di cieca obbedienza che non automobili. Nessuno le vuole, è merce vecchiotta. Ma lui giura che rinnoverà e triplicherà la produzione, darà lavoro a tutti, tanto lavoro. 10 ore al dì anzi 11, pause ridotte, mensa solo se c’è tempo, sciopero nisba, neanche un’influenza. È scritto sul contratto: se voti sì ti riassumo, investo per il futuro tuo e della fabbrica, sennò riparto con la mia valigetta e qualche pezzente più pezzente di te in qualche stato più pezzente di quello italiano lo troverò di sicuro.

Ecco il referendum con cui il 13 e il 14 Marchionne chiederà a 5.300 operai delle Carrozzerie di Mirafiori di prendere o lasciare: il 51% di sì farà vivere la fabbrica, il no la chiuderà. Che c’è di nuovo rispetto a Pomigliano? Una raffinatezza: i sindacati che non hanno firmato l’accordo non avranno più accesso alle linee di montaggio. Nessun delegato, del resto, neanche quelli dei sindacati complici, potrà essere eletto dai lavoratori, saranno nominati d’ufficio dagli stati maggiore.

Ci sono tre reazioni al diktat. La prima, maggioritaria in politica, al governo, tra i sindacati e gli imprenditori, batte le mani e minaccia gli operai: che aspettate a piegare quella schiena? Non vorrete perdere investimenti e lavoro per un principio ammuffito? Guai a voi se farete fuggire all’estero la Fiat. La seconda reazione è quella della Fiom, che si oppone ai ricatti e informa gli operai di quel che stanno per votare, indicendo assemblee e distribuendo a tutti il testo dell’accordo. Così potranno decidere con cognizione di causa se il gioco vale la loro dignità. Ci sono diritti non vendibili scritti in leggi, contratti, nello Statuto e nella Costituzione e gli accordi o sono frutto di contrattazione o non esistono. La Fiom non riconosce la validità del referendum-truffa. Poi c’è una terza reazione, uguale alla seconda ma con un finale diverso: noi siamo contrari, ma se il ricatto vincesse la Fiom dovrà riconoscere il risultato, adeguarsi e apporre la propria firma per non essere espulsa dalla fabbrica. È il punto di vista della maggioranza del gruppo dirigente Cgil.

Non sempre il pragmatismo riduce i danni. La forza accumulata dalla Fiom si fonda sull’ascolto dei lavoratori, sulla condivisione, sulla rappresentanza democratica. È tutta da dimostrare la possibilità che la Fiat possa cancellare il sindacato più rappresentativo, mentre è prevedibile che una rinuncia della Fiom a difendere la dignità della sua gente spezzerebbe quel legame straordinario e un’aspettativa che va crescendo ben oltre le fabbriche. In questa settimana, ancora una volta a Torino, si gioca una partita che riguarda la democrazia italiana.


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