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LA COSTITUZIONE,IL MESSAGGIO EVANGELICO, E LA TEOLOGIA ECONOMICO-POLITICA DELLA "SOVRANITA’ PRIVATA" DELL’IMPRENDITORE ATEO E DEVOTO...

L’ITALIA E LA LOBBY DI DIO (DEL "DEUS CARITAS"): MIRAFIORI E IL VANGELO DI MARCHIONNE (E DI BENEDETTO XVI E BERLUSCONI). Un appello a sostegno della FIOM di un gruppo di intellettuali torinesi e una nota di Marco Politi - a cura di Federico La Sala

Quanto c’è di cristiano nelle nuove regole imposte da Marchionne a Mirafiori? L’interrogativo potrebbe suonare paradossale, ma si pone dal momento che il firmatario-guida del documento, Raffaele Bonanni, è il leader del sindacato che si richiama consapevolmente alla Dottrina sociale della Chiesa (...)
venerdì 14 gennaio 2011 di Federico La Sala
[...] Non può essere taciuto il carattere esplicitamente ricattatorio, da vero e proprio Diktat, che pone i lavoratori, già duramente provati dalla crisi e dalla cassa integrazione, con salari tra i più bassi d’Europa, nella condizione di dover scegliere tra la messa a rischio del proprio posto e la rinuncia a una parte significativa dei propri diritti; tra la sopravvivenza e la difesa di condizioni umane di lavoro; tra il mantenimento del proprio reddito e la conservazione della propria (...)

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> L’ITALIA E LA LOBBY DEL "DEUS CARITAS" ---- «Marchionne insulta l’Italia». Susanna Camusso non fa sconti a Marchionne parlando a Chianciano alle Camere del lavoro Cgil riunite: non insulti il suo Paese (di Bianca Di Giovanni).

mercoledì 12 gennaio 2011


-  Camusso attacca il manager Fiat e chiede più chiarezza a Confindustria
-  Landini: quell’accordo cancella il sindacato, anche quello che ha deciso di firmare
-  Renzi: sto con il manager

-  «Marchionne insulta l’Italia». L’ad: cerco solo il cambiamento

-  Susanna Camusso non fa sconti a Marchionne parlando a Chianciano alle Camere del lavoro Cgil riunite: non insulti il suo Paese.
-  La replica: non si scambi il cambiamento con insulti.

di Bianca Di Giovanni (l’Unità, 12.01.2011)

Scintille sul fronte Fiat alla vigilia del referendum a Mirafiori. Dall’assemblea nazionale delle Camere del lavoro a Chianciano Susanna Camusso rilancia la sua sfida a Sergio Marchionne, ribadendo al contempo la sua distanza dall’antagonismo più radicale della Fiom, restando il sostegno convinto della Confederazione allo sciopero del 28 gennaio delle tute blu.

Dallo stesso podio Maurizio Landini (Fiom) arringa allo sciopero generale, e chiede alla Confederazione di “far saltare l’accordo”. Insomma, i temi sono incandescenti, e le dinamiche complesse. Per l’intera giornata si snoda il botta e risposta incrociato tra i vari duellanti. «Marchionne la smetta di insultare il suo Paese, in Germania ci sarebbe stata indignazione generale se non si fossero avuti i dettagli del piano industriale», attacca la leader Cgil. «Non si può confondere il cambiamento con gli insulti», replica il manager.

Altro che cambiamento: per Landini l’accordo di Mirafiori «cambia la natura del sindacato», dunque segna un passaggio epocale a cui dare risposte straordinarie. Insomma, la Fiom non rientra nella «carreggiata» indicata dalla Cgil (firma tecnica conservare la rappresentanza in fabbrica), anche se la minoranza interna di Fausto Durante fa pressing perché ciò accada. «E’ l’unico modo per non abbandonare i lavoratori», dichiara anche lui dalla platea di Chianciano. Per Landini stare dentro o fuori a questo punto non conta: quell’intesa di fatto cancella la rappresentanza anche di chi firma. A questo punto è un gioco di linee parallele che non si intersecano mai. Almeno per il momento.

OLTRE LA CONTRAPPOSIZIONE

Ma Camusso va oltre la sterile contrapposizione. A Chianciano cala la carta che sarà «giocata» dal direttivo sabato prossimo: una nuova proposta sulla rappresentanza su cui chiedere l’intesa a Cisl e Uil. Un accordo con tutte le sigle confederali per «evitare che le imprese diventino caserme». La proposta è stata data ieri sera ai segretari confederali e sabato sarà votata dal direttivo. Come dire: la crisi si supera con le regole, non con gli strappi. Questa la posizione del segretario generale. La quale esordisce con un richiamo a Confindustria sul sistema delle relazioni sindacali, messo sotto pressione in modo inaccettabile.

Quello di Torino «più che un accordo separato è stato un accordo ad excludendum - dichiara Camusso - Ora dobbiamo evitare che lo strappo si estenda all’insieme del sistema». Questo è l’anello debole del «castello» costruito da Marchionne: è impensabile che ciascuna azienda si definisca regole proprie, ritagliate in base alle proprie urgenze e contingenze sui mercati. Quante deroghe, quanti strappi servirebbero? Quale rappresentanza vanterebbe allora il sistema Confindustriale? Questa strada è chiaramente impraticabile. Ecco perché è necessario che «l’insieme del sistema agisca e ridefinisca le regole della rappresentanza».

In casa confindustriale c’è «imbarazzo», ci sono «atteggiamenti ondivaghi» nel sostenere Fiat. Proprio quella Confindustria con cui è iniziato un fitto dialogo e una fase di disgelo viene chiamata in causa da Camusso. Che avverte: «Il sistema delle relazioni è basato sul riconoscimento reciproco e sulla libertà di decidere i propri rappresentanti. Senza queste premesse non è credibile fare una discussione».

Non è un altolà a Marcegaglia, ma ci somiglia molto, «se è vero che il sistema delle imprese crede che bisogna affermare e consolidare l’accordo sulla rappresentanza del ’93 - continua Camusso - allora deve esserci una chiarezza in premessa». Come proseguire quei tavoli aperti, se ad ogni passaggio si rischia uno strappo? Questo sottintende Camusso. Quale parità c’è, poi, in un sistema che prevede sanzioni a senso unico, communate solo dalle imprese? Dopo Confindustria, Camusso passa ai suoi “omologhi” in Cisl e Uil. «Bonanni ha detto di essere consapevole di aver fatto un accordo che apre problemi sulla rappresentanza - dichiara - e che non voleva farlo. Se non volevate farlo, allora facciamolo adesso, subito non dopo, perché anche questo fa parte dello stare con i lavoratori».

L’appello è forte, insistente. «Chiediamo a Cisl e Uil se sia democrazia escludere qualcuno da una fabbrica - continua Camusso - Non facciamo una battaglia di bandiera e difesa dell’organizzazione, ma una battaglia generale a difesa del sindacato nei luoghi di lavoro».


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