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MEMORIA, STORIA E STORIOGRAFIA. Un’altra storia italiana è possibile

LA RESISTENZA DELLE DONNE: RESISTENZA CIVILE. Dal "Dizionario della Resistenza", la "voce" di Anna Bravo - con aggiornamenti (nel forum), a cura di Federico La Sala

INDICE: I. Forme di lotta. II. La resistenza e la figura femminile.III. Il senso comune storiografico. IV. Il concetto di resistenza civile. V. Resistenza civile e resistenza delle donne
giovedì 10 febbraio 2011 di Federico La Sala
RESISTENZA CIVILE
di ANNA BRAVO *
I. Forme di lotta
Con la significativa eccezione delle enclaves di alto prestigio e potere, non esistono nella resistenza compiti o settori dove non compaiano donne. E’ cosi’ nello scontro armato, nel lavoro di informazione, approvvigionamento e collegamento, nella stampa e propaganda, nel trasporto di armi e munizioni, nell’organizzazione sanitaria e ospedaliera, nel Soccorso rosso, la struttura delegata a sostenere i militanti in difficolta’ e le loro (...)

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> LA RESISTENZA DELLE DONNE: RESISTENZA CIVILE. --- “Per una Repubblica che rispetti le donne” (di Maria Pia Bonanate - Le suore: fermiamo lo scandalo)

sabato 29 gennaio 2011

Le suore: fermiamo lo scandalo

di Maria Pia Bonanate (FamigliaCristiana.it, 28 gennaio 2011

Le religiose italiane sono indignate e sofferenti per quanto sta accadendo attorno all’immagine della donna, ridotta a merce per uso sessuale, umiliata ed offesa nella sua dignità di persona. E questo proprio in quel contesto istituzionale dal quale dovrebbe provenire la difesa e la promozione del mondo femminile, la valorizzazione delle sue qualità umane e sociali, professionali, di quel “genio femminile” esaltato da Giovanni Paolo II . È un grido forte e commosso che giunge da più parti, in particolare dalle comunità e dalle case di accoglienza dove decine di suore lavorano sulla strada per aiutare le donne in difficoltà ad uscire da quella condizione di schiave del sesso nella quale tantissime sono finite contro la propria volontà, ingannate e minacciate.

Due religiose, Suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata, responsabile dell’Ufficio AntiTratta dell’USMI (Unione Superiore Maggiori d’Italia) e Rita Giarretta, fondatrice di “Casa Rut” che accoglie le ragazze e le mamme che cercano di sottrarsi al dominio della criminalità organizzata, hanno deciso di dare voce alle centinaia di consorelle di 75 congregazioni che operano in 110 strutture per dare protezione e speranza alle donne che sono state devastate dallo sfruttamento sessuale , per offrire loro la possibilità di ricostruire la loro vita distrutta e un futuro.

«A nome di tutte queste religiose che nel nostro Paese, ogni giorno, con coraggio e dedizione, non curanti dei rischi e della fatica, senza cercare pubblicità, consensi e tornaconto, ma semplicemente guidate dall’amore e dal rispetto vero per la persona, si chinano sulle donne ferite dallo sfruttamento sessuale per aiutarle a guarire, manifestiamo dolore e profondo disagio per la figura della donna offerta in questi giorni dalle cronache dei media che ci portano a pensare che siamo ancora molto lontani dal considerarla per ciò che veramente è e non semplicemente un oggetto o una merce da usare a piacimento per uso personale. E ci chiediamo: Che immagine stiamo dando della donna e del suo ruolo nella società e nella famiglia?».

Suor Eugenia Bonetti denuncia: «In questi ultimi tempi si è cercato di eliminare la prostituzione di strada perchè dava fastidio e disturbava il nostro pudore, abbiamo voluto rinchiuderla in luoghi meno visibili, ma non ci rendiamo conto che una prostituzione del corpo e dell’immagine della donna è diventata ormai parte integrante nei nostri programmi, notizie televisive, alla portata di tutti e che purtroppo educa allo sfruttamento, al sopruso, al piacere, al potere, non curanti delle dolorose conseguenze sui nostri giovani che vedono solo modelli da imitare. La donna è diventata soltanto una merce che si può comperare, consumare, per poi liberarsene come "usa e getta"».

Suor Rita Giarretta, che con tre cnsorelle è impegnata, giorno e notte, da anni, a Caserta, in un territorio, assediato dalla camorra, in ginocchio per il suo degrado ambientale, sociale e culturale, dove le vittime del commercio sessuale, che arrivano da paesi lontani, sono sempre più giovani e portano i segni di violenze e di crudeli schiavitù, si dice sconcertata e indignata: «Sconcertata come da ville del potere alcuni rappresentati del Governo, eletti per cercare e fare unicamente il bene del nostro Paese, soprattutto in un momento così grave di crisi generale, offendano e deturpino, umilino, l’immagine della donna. Ci inquieta un potere esercitato in maniera così sfacciata e arrogante che riduce la donna a merce e dove fiumi di denaro e di promesse intrecciano corpi trasformati in oggetti di godimento. Di fronte a tale e tanto spettacolo l’indignazione è tanta!
-  Come non andare con la mente all’immagine di un altro "palazzo" del potere dove 2000 anni fa, al potente di turno, incarnato dal re Erode, il Battista gridò con tutta la sua voce: "Non ti è lecito, non ti è lecito!"».

Il grido della coraggiosa religiosa che si è fatta ‘presenza amica’, accanto a tante sfortunate giovani straniere “per offrire loro il pane della speranza, il pane della vita e il profumo della dignità”, si rivolge anche a quel mondo maschile che in questi giorni reagisce tiepidamente, o non reagisce proprio, a fatti così gravi: «Davanti a questo spettacolo una domanda mi rode dentro: dove sono gli uomini, dove sono i maschi? Poche sono le voci, anche dei credenti, che si alzano chiare e forti. Nei loro silenzi c’è ancora troppa omertà, nascosta compiacenza e forse sottile invidia. Credo che dentro questo mondo maschile, dove le relazioni e i rapporti sono spesso esercitati nel segno del potere, c’è un grande bisogno di liberazione».

Si è unita alle religiose l’on. Silvia Costa , che il 2 giugno 2009 aveva lanciato un appello “Per una Repubblica che rispetti le donne”, dove aveva denunciato il loro uso e abuso nei media e in politica, degradandone l’immagine a oggetto di consumo sessuale ed aveva raccolto 25 mila firme.

Oggi, dopo avere ricordato come la maggioranza delle donne in Italia “lavora, crea ricchezza, cerca lavoro, studia , si sacrifica per affermarsi nella professione che ha scelto, si prende cura delle relazioni affettive e familiari,occupandosi dei figli, mariti, genitori anziani”, lancia un nuovo appello: «Una cultura diffusa propone alle nuove generazioni di raggiungere scintillanti mete e facili guadagni, offrendo bellezza e intelligenza al potente di turno, disposto a sua volta a scambiarle con risorse e ruoli pubblici... Senza rendercene quasi conto, abbiamo travolto la soglia del comune senso della decenza. Il modello di vita e di relazione tra donne e uomini , ostentato dalla figura che occupa uno dei vertici dello Stato, induce un corrompimento delle coscienze di cui si avverte ormai la terribile profondità. Chiediamo a tutte le donne, senza alcuna distinzione, di difendere il valore del nostro comune sesso e di non assistere passivamente allo scempio della loro e della nostra dignità. E diciamo agli uomini: Se non ora, quando?».


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