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MEMORIA, STORIA E STORIOGRAFIA. Un’altra storia italiana è possibile

LA RESISTENZA DELLE DONNE: RESISTENZA CIVILE. Dal "Dizionario della Resistenza", la "voce" di Anna Bravo - con aggiornamenti (nel forum), a cura di Federico La Sala

INDICE: I. Forme di lotta. II. La resistenza e la figura femminile.III. Il senso comune storiografico. IV. Il concetto di resistenza civile. V. Resistenza civile e resistenza delle donne
giovedì 10 febbraio 2011 di Federico La Sala
RESISTENZA CIVILE
di ANNA BRAVO *
I. Forme di lotta
Con la significativa eccezione delle enclaves di alto prestigio e potere, non esistono nella resistenza compiti o settori dove non compaiano donne. E’ cosi’ nello scontro armato, nel lavoro di informazione, approvvigionamento e collegamento, nella stampa e propaganda, nel trasporto di armi e munizioni, nell’organizzazione sanitaria e ospedaliera, nel Soccorso rosso, la struttura delegata a sostenere i militanti in difficolta’ e le loro (...)

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> LA RESISTENZA DELLE DONNE: RESISTENZA CIVILE. ---- MANIFESTAZIONE NAZIONALE, 13 febbraio 2011. E NON ORA QUANDO?. La voce delle donne scende in piazza "Per la dignità di tutte e tutti".

mercoledì 9 febbraio 2011

L’INIZIATIVA

-  La voce delle donne scende in piazza
-  "Per la dignità di tutte e tutti"

-  La manifestazione nazionale, nata dopo la vicenda Ruby che coinvolge il premier, è prevista per il 13 febbraio in 117 città. -Ha raggiunto oltre 50mila sottoscrizioni. A presentare l’iniziativa del comitato ’Se non ora quando?’ anche il segretario Cgil Camusso, la parlamentare Fli, Perina e la regista Comencini

di KATIA RICCARDI *

ROMA - C’è una linea sottile che separa moralismo e buon senso, mobilitazione e protesta, offesa e ferita. Che divide la libertà sessuale dalla prostituzione e dalla corruzione. Le donne camminano con grazia su questa linea rossa. Ne conoscono bene il confine, sanno gestire l’equilibrio. Non è dunque da una ferita che è nato il comitato ’Se non ora quando? 1’, ma da una presa di coscienza che durante la conferenza stampa sulla manifestazione nazionale, organizzata per il 13 febbraio in 117 città 2, la regista Francesca Comencini ha spiegato così: "Il nostro Paese è stato seppellito lentamente dalla neve. Una neve fatta di immagini e precedenti che ha lentamente sotterrato tutto, addormentato tutto. Lo ha fatto in silenzio, e ci ha portato a quanto oggi stiamo vivendo. Leggendo, subendo. Ci siamo ritrovate a casa mia una sera, donne diverse ma preoccupate nello stesso modo, per i nostri figli, per noi, per una totale mancanza di rispetto, per una mancanza di politiche per le donne, per un messaggio che sta passando e che è sbagliato. E ci siamo dette: come ci siamo trovate a questo punto? Quando è successo? Se non ora, quando cominciare a fare qualcosa per svegliarci?". E scuotere la neve.

SPECIALE Video-Audio 3 - Spot Comencini 4 "Dico basta" 5 - 90 FOTOGALLERIE 6 - VIDEOAPPELLI 7 *

Così è nato il comitato. Ha unito donne diverse, di diverse età, con lo scopo comune di non essere retoriche, di non passare per bacchettone, di mobilitarsi per intraprendere un cammino, e in grado di mantenere l’equilibrio cambiando il messaggio che imperversa nel regno. Che così fan tutte. Che c’è la sfera pubblica e quella privata, che il mondo è mondo e l’uomo è uomo. Che "meglio così che gay". Eppure c’è una differenza tra Berlusconi e berlusconismo. Tra maschio e maschilismo. Susanna Camusso, segretaria generale della Cgil, l’ha evidenziata nel suo intervento. "Da quando abbiamo cominciato a muoverci, il nostro messaggio è passato, si è espanso, allargato, ha preso forma. Si parla sempre delle ’ragazze’ eppure non si parla mai della domanda maschile per le ’ragazze’. E’ la base su cui si sorvola, quella che passa nell’indifferenza. Ma è come guardare il dito senza vedere la luna. Perché il messaggio che sta arrivando è proprio questo. Noi, adesso, abbiamo solo deciso di smettere di occuparci del dito. Ormai è evidente che se va bene, le donne sono oggetto di discussione, se va male sono direttamente l’oggetto. Se non ora quando, ma quando torneremo a un’Italia normale?".

Al tavolo erano sedute donne con storie diverse, ad unirle era il loro tono. L’impegno di una mobilitazione che avrebbero preferito non dover affrontare. Mentre l’Europa va avanti e ci guarda con stupore. Dopo anni di lotta, dopo più vecchie battaglie, le donne del comitato erano pronte a spiegare le basi di un pensiero perfino troppo ovvio per essere al riparo da nemici, spallucce e facili definizioni. Flavia Perina, parlamentare Fli e direttore del Secolo d’Italia, ha parlato da "donna di destra". "Sia chiaro, qui nessuna di noi fa parte di una stessa scuola di pensiero. Ci muoviamo oltre gli slogan, oltre le idee politiche. Ma il problema che ci circonda è politico, non morale. Qui sta iniziando a passare l’idea che la rappresentanza femminile nel mondo politico si sia fatta avanti attraverso wild party, balletti, sesso. Si avvicinano alla politica persone che non ne erano mai state interessate. Quello di cui un tempo era accusato il mondo dello spettacolo, ormai è una pratica diffusa, anche in campi dove non era così. Cade l’etica pubblica dietro un pesantissimo ’così fan tutte’. Ma non è così e così non deve essere", conclude.

Inutile spiegare che la manifestazione non è fatta per giudicare altre donne, non è contro altre donne, o per dividere le donne in buone e cattive. Come ha sostenuto invece oggi il sottosegretario al ministero della Salute Eugenia Roccella sul Giornale: "L’appuntamento in piazza del 13 febbraio rischia di essere una manifestazione di alcune donne contro altre donne", riproponendo quella divisione netta fra la donna "angelo del focolare" e la "prostituta" che proprio il femminismo degli anni ’70 rifiutava, rispolvera Roccella in un’inaspettata esegesi del movimento delle donne. La risposta è nei fatti. Oltre alle adesioni che sul sito della petizione 8 hanno raggiunto 51.500 firme in meno di una settimana, con 23 mila contatti al giorno sul blog e 15 mila nella pagina di Facebook, alla manifestazione hanno derito anche le "lucciole", perché vogliono "contaminare" la piazza con la loro partecipazione. Perché rifiutiamo la divisione patriarcale "tra donne per bene e donne per male". Ad annunciarlo è stata Pia Covre, storica leader del Movimento per i diritti civili delle prostitute: "Ci saremo - ha spiegato - perché non accettiamo che il nostro Paese sia trascinato nel fango da una classe politica che ci ha ridotti a una democrazia degenerata. Perché non accettiamo di essere usate, infangate e strumentalizzate per la restaurazione di una morale sessuale stantia che soffoca le aspirazioni e le libertà di ogni donna".

La mobilitazione è trasversale, raccoglie sensibilità e orientamenti diversi. E’ un invito a tutti gli uomini che non vogliono essere l’altra faccia di una stessa mediocre medaglia. Nicoletta Dentico, presidente di Filomena la rete delle donne 9, parla con enfasi, e ribadisce. "Questa manifestazione non è nata contro Berlusconi. Smettiamo di farci colonizzare la mente da quell’uomo. Noi ci rivolgiamo anche agli uomini, agli amici delle donne. Dove sono anche loro? La nostra piazza, la mobilitazione, non è così differente da quelle delle donne arabe, africane, maghrebine. Non ci illudiamo di stare meglio". Restiamo il secondo Paese, dopo Malta, con il maggior numero di disoccupate donne, i problemi vanno oltre le veline e i bunga bunga e se Arcore è servito a risvegliare un orgoglio preso da altre cose, non resta questa la sola minaccia. "Siamo donne fiere e orgogliose. Chiediamo dignità e rispetto per noi e per tutte. Per questo non ci devono essere simboli politici o sindacali nei nostri cortei", ha concluso Dentico, dopo gli interventi di Licia Conte, Titti Di Salvo, Francesca Izzo, Serena Sapegno, e l’attrice Lunetta Savino.

Tra i giornalisti presenti molti erano stranieri. Sono colpiti, rassicurati da un risveglio finalmente arrivato. Chiedono come facciamo, che in Svezia non è così, che in Inghilterra non sarebbe possibile, che negli Stati Uniti ci sono precedenti ben meno gravi. Eppure. "E’ difficile tenere la testa alta al Parlamento", dice Silvia Costa, parlamentare europea per il Pd. "Ma il fatto è che in altri paesi non si sarebbe neanche arrivati alla magistratura per capire che abbiamo superato un confine, importante, di etica pubblica". Un giornalista svedese chiede: "Perché tanta paura di essere accusate di moralismo? In fondo non ne farebbe male un po’".

* Per doc. e approfondimenti, clicca ->: la Repubblica, 08 febbraio 2011


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