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CHE LA DEA "GIUSTIZIA" ("MAAT") SOSTENGA IL POPOLO EGIZIANO NEL SUO CAMMINO ...

L’EGITTO E LA NOSTRA VERGOGNA: ROMA TACE. "L’occasione che perderemo": una nota di Lucio Caracciolo - con aggiornamenti (nel forum), a cura di Federico La Sala

Mentre tutto il mondo si preoccupa del dopo-Mubarak, noi ci dilaniamo sulla "nipote" (...)
venerdì 11 febbraio 2011 di Federico La Sala
[...] Nell’Egitto khedivale l’italiano era lingua franca, usata nell’amministrazione pubblica. Un tipografo di origine livornese, Pietro Michele Meratti, vi fondò nel 1828 il primo servizio di corrieri privati, la Posta Europea, poi assurto a monopolio pubblico. Le diciture delle prime serie di francobolli egiziani erano in italiano. Decine di migliaia di italiani, tra cui molti ebrei, abitavano il Cairo e Alessandria, dove i segni del "liberty alessandrino" sono ancora visibili. La nostra (...)

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> L’EGITTO E LA NOSTRA VERGOGNA: ROMA TACE. --- Al Cairo, per l’ultima spallata a Mubarak due milioni in marcia. El Baradei sfida il Rais: "Entro venerdì si deve dimettere"

martedì 1 febbraio 2011


-  IL REGIME SOTTO ASSEDIO

-  L’Egitto in marcia: due milioni
-  per l’ultima spallata a Mubarak

-  La fuga degli stranieri dal Cairo.
-  L’Onu: "Trecento morti da inizio protesta".
-  El Baradei sfida il Rais: "Entro venerdì si deve dimettere" *

L’opposizione egiziana tenta la spallata finale al regime di Mubarak. Per le vie del Cairo due milioni di persone sono scese in strada (anche se altre fonti fornisconoi numeri inferiori). Mohamed El Baradei ha detto che il dialogo sarà possibile solo dopo che il presidente Hosni Mubarak avrà abbandonato il potere. E ha ribadito, deve andarsene entro venerdì.

L’assembramento a piazza Tahrir è tale che non c’è quasi angolo nel quale ci si possa fermare senza essere spinti da flussi di uomini e donne che si muovono per raggiungere amici o gruppi fermi per ascoltare comizi improvvisati di varia natura. Da quello di giovani che continuano a chiedere libertà e caduta del regime di Mubarak, ad altri secondo i quali quello che è successo in questi giorni non può non convincere i potenti del mondo che Mubarak e i suoi uomini devono andarsene; al piccolo gruppo di shelkh dell’università-moschea Al Azhar, il maggior centro teologico dell’islam sunnita, riconoscibili per i loro camicioni marroni, che scandiscono slogan contro il presidente egiziano.

Nel cielo un elicottero Ghazelle bianco, meno rumoroso di quelli militari russi dei giorni scorsi, sorvola la piazza ripetutamente. L’esercito che regola l’afflusso delle persone sembra abbia cominciato a cercare di convincere i manifestanti ad evitare una marcia annunciata verso il palazzo presidenziale di Heliopolis perchè un così gran numero di persone - qualcuno suggerisce la cifra di 800 mila - creerebbe grande difficoltà in città. Il bilancio delle vittime intanto si aggrava. L’Onu fa la conta dei morti dall’inizio della protesta. Navi Pillay si è dichiarata «profondamente allarmata dal numero crescente delle vittime» in Egitto, in preda a manifestazioni senza precedenti. «Il numero di vittime aumenta ogni giorno e alcune relazioni non confermate suggeriscono che 300 persone potrebbero essere state uccise, più di 3mila persone ferite e centinaia arrestate» ha precisato, citata in un comunicato «Chiedo con urgenza alle autorità egiziane di assicurarsi che la polizia e le altre forze di sicurezza evitino scrupolosamente l’impiego della forza».

Intanto continua la fuga dei cittadini stranieri dalle localita turistiche dell’Egitto, dei tanti dipendenti con famiglie di aziende straniere ma anche di cittadini egiziani impauriti. Ieri Mubarak ha annunciato la composizione di un nuovo governo, con la sostituzione del ministro degli Interni, Habib el-Adli, fra i politici più contestati dai manifestanti. Del nuovo gabinetto non fanno parte ministri provenienti dal mondo degli affari, considerati troppo vicini al figlio del capo di stato, Gamal Moubarak, figura particolarmente invisa al popolo egiziano. I fratelli Musulmani, la più influente forza di opposizione, ha bocciato il nuovo esecutivo e chiesto alla gente di manifestare «perché tutto il regime - presidente, partiti, ministri e parlamento - lascino il potere». Nel corso della notte ancora migliaia di persone hanno sfidato il freddo e il coprifuoco e sono rimaste accampate nella principale piazza del Cairo, piazza Tahrir, divenuta il fulcro della protesta. Il traffico ferroviario ieri è stato sospeso, rendendo impossibile viaggiare verso la capitale. Per diffondere l’invito alla marcia del milione, si conta sul passaparola, poiché sia internet che i messaggi sui cellulari sono ancora fortemente perturbati.

Per aiutare gli egiziani «a restare connessi in questo periodo molto difficile», Google e Twitter hanno deciso di collaborare per mettere in funzione un sistema che permetta di inviare messaggi sui siti di microblog per telefono, senza connessione a internet. Sul fronte internazionale, ieri i capi delle diplomazie dei Ventisette, riuniti nel Consiglio Affari esteri dell’Ue, hanno raggiunto un accordo sul testo di una dichiarazione comune sulla situazione in Egitto, in cui si chiede con urgenza alle autorità del Cairo di "intraprendere una transizione ordinata verso un governo con base ampia, che conduca a un processo di riforme democratiche, con il pieno rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e dello stato di diritto, che spiani la strada a elezioni libere ed eque " Da oltreatlantico, la posizione della Casa Bianca espressa dal portavoce Robert Gibbs rimane ufficialemente equidistante: «Non sta a noi decidere se il governo ha raccolto le richieste del popolo egiziano». Ma mentre Gibbs parlava fonti della Casa Bianca riferivano che l’amministrazione Usa stava facendo pressione su Mubarak perché non si candidi alle elezioni presidenziali già in programma per settembre.

* La Stampa, 01/02/2011


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