Quando la denuncia del papa?
di Roberto Monteforte (l’Unità, 25 febbraio 2011)
«È urgente risolvere i conflitti nei Paesi arabi». Lo ha affermato Papa Benedetto XVI ricevendo ieri in udienza il presidente libanese Sleiman. L’incontro, come pure quello seguente del presidente del paese dei Cedri con il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone e i suoi collaboratori, è stato dedicato alla situazione del Libano, alla formazione del nuovo governo, alla stabilità della Nazione che ancora rappresenta - osserva il pontefice - «un messaggio di libertà e di rispettosa convivenza non solo per la Regione ma per il mondo intero». È il paese del Medio Oriente dove la comunità cristiana gioca ancora un suo ruolo. Il Papa valorizza «la collaborazione e il dialogo fra le confessioni religiose», come pure «l’importanza dell’impegno delle autorità civili e religiose per educare le coscienze alla pace e alla riconciliazione». Ma è tutto qui.
Mentre in Libia il rais Gheddafi fa massacrare il suo popolo, ci si aspettava di più. Anche se è alta la preoccupazione per i destini delle comunità cristiane in Medio Oriente. Oggi è il destino di interi popoli, il loro stesso futuro, non solo quello dei cristiani, ad essere messo in discussione.
Nelle piazze giovani musulmani e cristiani lottano insieme per la democrazia, per la giustizia e il rispetto delle libertà, per la domanda di futuro. Ne dà conto con professionalità l’Osservatore Romano che non ha incertezze a titolare «Senza pietà», denunciando Gheddafi che ordina di bombardare il suo popolo. Con i suoi approfondimenti Radio Vaticana aiuta a capire le situazioni reali di quelle società complesse. Da Benedetto XVI ci si sarebbe aspettato di più. Un appello per fermare la mano agli assassini. È vero che le parole del pontefice potrebbero scatenare l’estremismo islamico. Ma la domanda di futuro e di democrazia accomuna giovani cristiani, islamici e semplicemente laici. Su cosa, allora, costruire un vero confronto, se non sul futuro comune?