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CHE LA DEA "GIUSTIZIA" ("MAAT") SOSTENGA IL POPOLO EGIZIANO NEL SUO CAMMINO ...

L’EGITTO E LA NOSTRA VERGOGNA: ROMA TACE. "L’occasione che perderemo": una nota di Lucio Caracciolo - con aggiornamenti (nel forum), a cura di Federico La Sala

Mentre tutto il mondo si preoccupa del dopo-Mubarak, noi ci dilaniamo sulla "nipote" (...)
venerdì 11 febbraio 2011 di Federico La Sala
[...] Nell’Egitto khedivale l’italiano era lingua franca, usata nell’amministrazione pubblica. Un tipografo di origine livornese, Pietro Michele Meratti, vi fondò nel 1828 il primo servizio di corrieri privati, la Posta Europea, poi assurto a monopolio pubblico. Le diciture delle prime serie di francobolli egiziani erano in italiano. Decine di migliaia di italiani, tra cui molti ebrei, abitavano il Cairo e Alessandria, dove i segni del "liberty alessandrino" sono ancora visibili. La nostra (...)

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> L’EGITTO E LA NOSTRA VERGOGNA: ROMA TACE. --- Rivoluzione di giovani per la dignità. Dice nulla che a far scendere in piazza masse di donne e di giovani sia la parola “Dignità”?

venerdì 25 febbraio 2011

Rivoluzione di giovani per la dignità

di Vittorio Cristelli (vita trentina”, 27 febbraio 2011)

L’Africa settentrionale è in fiamme. L’insurrezione, partita dalla Tunisi dove è sparito nel nulla il dittatore Ben Ali, ha infiammato l’Egitto mettendo in fuga Mubarak. E si è estesa poi allo Yemen e negli ultimi giorni sta mettendo sotto sopra la Libia di Gheddafi.

Quello che è importante precisare è che non si tratta di una ribellione di massa per il pane - anche se effettivamente il pane manca -, bensì per la dignità umana, la libertà e la democrazia. Tant’è vero che protagonisti e attori sono i giovani tra i 25 e i 35 anni, anche con un lavoro, seppure precario.

Questo è emerso da una riunione del Cipax (Centro interconfessionale per la pace) a Roma il 3 febbraio scorso. Il teologo tunisino Adnane Mokrani, che insegna all’Università Gregoriana di Roma, ha segnalato che si tratta di rivendicazione di “dignità, fiducia e speranza”. Tant’è vero che lo slogan dell’insurrezione scoppiata a Tunisi recitava: “Siamo pronti a mangiare anche solo pane e acqua, ma vogliamo libertà e dignità”.

La prima scintilla è apparsa già in ottobre nel deserto marocchino del Sahara, dove 20 mila persone si erano asserragliate in un distretto chiamato “il campo della dignità”. Una rivolta soffocata nel sangue e nel silenzio dei mass media l’8 novembre. Il teologo Mokrani ha individuato la “novità” nel gesto disperato del giovane 26enne tunisino Mohammed Bou’azizi, che il 17 dicembre si è dato fuoco per protestare contro la requisizione del suo banchetto di frutta e verdura. Non quindi per fame, ma per sete di dignità e giustizia.

La conferma è venuta da un comunicato della Conferenza episcopale del Nord Africa, emanato il 3 febbraio scorso. In esso i vescovi affermano che le manifestazioni rappresentano una rivendicazione di libertà e di dignità e nascono dalle “generazioni più giovani della nostra regione, che si traducono nella volontà che tutti siano riconosciuti come cittadini e cittadini responsabili”. Precisano inoltre che la rivolta non è mossa da vessilli di una fede dominante, ma unisce nella piazze cittadini di appartenenze diverse attorno ad obiettivi di cittadinanza ed è dunque una grande occasione laica di dialogo e convergenza.

Fa loro eco il gesuita egiziano p. Henry Boudlad dicendo che il vero protagonista è il popolo e specificando che “non è il popolo vissuto sempre nella paura e nella sottomissione, ma una categoria molto precisa: i giovani appena diplomati e tuttavia disoccupati, frustrati, senza impiego, senza alloggio, senza prospettive di un avvenire”.

Il teologo Mukrani ammonisce anche l’Occidente e segnatamente l’Italia perché “se pensa di lottare contro l’immigrazione clandestina sostenendo dittature che producono povertà e quindi emigrazione, è fuori strada”.

Il nostro ministro degli Interni Maroni ha pienamente ragione e diritto di sollecitare un maggiore coinvolgimento dell’Europa nell’affrontare l’emergenza di migliaia di maghrebini che fuggono dai loro paesi in crisi per rifugiarsi sulle coste italiane. Ma dovrà pur chiedersi se non è stato un errore madornale affidarsi ai dittatori per fermarli. E come spiegare l’uscita del premier Berlusconi che, a chi lo invitava a telefonare a Gheddafi, ha risposto di non volerlo “disturbare in questo momento”? Disturbare, mentre sta facendo che cosa? La risposta è rintracciabile nei comunicati quotidiani che parlano di centinaia tra morti e feriti nella repressione.

Ma un altro dato deve risvegliare i politici. I giovani anche in quei paesi non si informano attraverso i comunicati ufficiali dei governi in carica, ma attraverso Internet, You-Tube, Facebook e Twitter. Attraverso quei canali si parlano e organizzano le manifestazioni., Spero bene che non si procede a oscurare anche quei canali, perché allora si verificherebbe un trapianto di dittatura. E se quei canali fossero gli stessi che hanno fatto scendere in piazza i nostri giovani - studenti, ricercatori, diplomati e laureati, ma precari? La domanda è retorica.

Un ultimo rilievo. Dice nulla che a far scendere in piazza masse di donne e di giovani sia la parola “Dignità”?


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