L’Ex assessore alla cultura risponde agli ex consiglieri PD
Apprendo veramente con ilarità di una lettera, a firma di ex Consiglieri PD, che, continuando a scambiare la politica con la demonizzazione e la demonizzazione dell’avversario con la politica, chiama in causa la mia persona sulla base di un documento sui fatti del 25 gennaio, ormai di dominio pubblico - per la gravità - in ogni angolo del nostro Paese, dell’Italia. Che avrà ripercussioni fortissime. Una lettera che conferma quanto nella nostra città occorra insistere ancora di più per superare il declino pericoloso della concezione nobile dei partiti, del dibattito e del ragionamento politico, sostituito da tentativi maldestri di screditare e buttare fango su chi, di volta in volta, rompe il silenzio, considerando la contestazione, il dissenso come l’ossigeno e l’allineamento coperto come segnale dello spegnimento lento dell’autonomia di pensiero e dell’indipendenza di giudizio. È il solito ragionamento, la solita prassi evergreen assai praticata negli anni a San Giovanni in Fiore: chi non è con me è contro di me. Niente a che vedere né con la sinistra né con un’idea di progresso sociale; ancora oggi va chiamata con nome e cognome: operazione stalinista, considerata - sebbene ormai polverosa e piena di ragnatele - instrumentum regni fatto di mezzi subdoli (censura, disinformazione guidata, occulta repressione strisciante) che potenti della stessa grandezza dei bonsai adoperano per spegnere le coscienze degli individui e per dominare incontrastati. Torno al punto di partenza. E leggo ridendo che mi sarei servito dei partiti, con una operazione di trasformismo. Che il mio sarebbe un tentativo di incancrenire il clima, con un’azione di latente captatio benevolentiae verso la parte più al centro dell’attenzione, in questo momento, a San Giovanni in Fiore, cioè gli uomini e le donne di SIAL e Cooperative. E no, se non si capisce questo siamo messi veramente male. Altro che distraenti bolle di sapone, il clima, infatti, è stato avvelenato con una decisione storica senza precedenti che non si potrà mai dimenticare. È la dimostrazione, di fatto, che si continua tutt’altro che a stimare questi lavoratori. Veramente pensiamo che siano talmente sciocchi da farsi condizionare così facilmente da qualcuno? Che non abbiano una testa, che non siano all’altezza di pensare? O forse pensiamo che siamo tornati ai tempi delle scarpe che regalava a singhiozzo Achille Lauro? Pane e spettacoli del circo non ne gradiscono più queste persone perbene, che sono perfettamente in grado di rispedire al mittente le accuse indirette di plagio della mente, perché effettivamente i muri sono caduti: sanno distinguere tra bene e male e, soprattutto, chi ha venduto e continua specularmente a vendere fumo, non avendo più argomenti, nemmeno la passione viscerale di misurarsi con i problemi gravissimi della nostra Comunità, ma neanche con le regole elementari della democrazia, se è vero che il risultato elettorale che ha portato a un cambio di rotta al Comune di San Giovanni in Fiore non è mai stato accettato. Tutta qui la verità.
La gente che non crede più a chi la credibilità l’ha persa per strada, la gente che mi conosce sa che non mi sono arricchito con la politica, che non potrei mai farla e praticarla se non con passione e per servire la mia gente, in cui credo ogni giorno che passa di più. Me lo impone la lezione cristallina e preziosissima dei miei primi maestri: i miei genitori.
Vengo a conoscenza delle mie pretese verso l’entourage dell’On. Franco Laratta, della mia sete di poltrone (non ci sono abituato, amo più le sedie umili, quelle che si mettono davanti al caminetto), della mie condizioni poste alla vigilia delle scorse elezioni). Bene, sono riferimenti di infima estrazione. Mi piacerebbe vedere l’autografo che si appone all’atto della presentazione di una lista, che non c’è, perché non c’è mai stato. Non sta a me dire se sono una persona seria su cui fare affidamento, questo l’ho sempre affidato ai fatti nella mia vita. Non posso perciò negare di essere stato, non certo per accordi di potere, il relatore a San Giovanni in Fiore della Mozione Franceschini, quando parlavo dei tratti distintivi, cioè di fiducia, regole, uguaglianza, merito, qualità. Quando parlavo di “esigenza di un riformismo moderno che usa le radici e la memoria del Novecento non per tornare indietro, ma per immergersi in un cammino nuovo”. La realtà era un’altra, però, e gli sviluppi parlano chiaro: c’era qualcuno che stava tessendo la trama per sé stesso e per qualche vicario designato, amato come si amano le ortiche a piedi scalzi. Qualcuno che la verità la gratta e neanche una strategia di piccolo cabotaggio è riuscito a portare a compimento.
Voglio mantenermi su un piano di civiltà, è la ragione che mi spinge a non riprendere la miseria di altri passaggi della lettera. La gente ormai è abituata a distinguere e ci sarà spazio per far cadere gli ultimi veli rimasti sui sepolcri imbiancati, che si muovono come marionette impazzite, come coloro “che non accorti andavano combattendo, ma erano già morti”. Se a qualcuno l’idea piace, sono pronto ad approfondire il discorso anche subito, come sempre, nell’unico modo possibile: occhi davanti a occhi, e la gente a giudicare. Naturalmente prima di rinsaldare il vincolo con Antonio Barile, questa volta con la richiesta di tre poltrone: al Comune, alla regione, a Roma. E prima, molto prima che Nessie, una creatura del Loch Ness, dica tutto sulla “selvaggia bestia marina”.
Rinnovando il rito che “Ogni mattina - ha scritto David Maria Turoldo - quando si leva il sole, inizia un giorno che non ha mai vissuto nessuno”.
Giovanni Iaquinta