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DONNE, UOMINI, E COSTITUZIONE. Un’altra storia è possibile

13 FEBBRAIO 2011: ORA BASTA! MANIFESTAZIONE DELLE DONNE E DELLE CITTADINE, PER LA LORO DIGNITA’ E PER UNA NUOVA ITALIA, AL DI LA’ DEL GOVERNO DEI "PAPI". L’appello di "Se non ora QUANDO?" - e (a seguire) materiali sul tema, a c. di Federico La Sala

Noi chiediamo a tutte le donne, senza alcuna distinzione, di difendere il valore della loro, della nostra dignita’ e diciamo agli uomini: se non ora, quando? e’ il tempo di dimostrare amicizia verso le donne.
martedì 15 febbraio 2011 di Federico La Sala
[...] Il modello di relazione tra donne e uomini, ostentato da una delle massime cariche dello Stato, incide profondamente negli stili di vita e nella cultura nazionale, legittimando comportamenti lesivi della dignita’ delle donne e delle istituzioni. Chi vuole continuare a tacere, sostenere, giustificare, ridurre a vicende private il presente stato di cose, lo faccia assumendosene la pesante responsabilita’, anche di fronte alla comunita’ internazionale[...]
IL RISPETTO E LA DIGNITA’ (...)

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> 13 FEBBRAIO 2011: ORA BASTA! MANIFESTAZIONE DELLE DONNE E DELLE CITTADINE, --- Stati generali del movimento il 9 e 10 luglio.Riecco le donne di "Se non ora quando". "A Siena per cambiare il Paese". --- Le donne, gli uomini e la più grande bugia della storia.

martedì 28 giugno 2011


-  Stati generali del movimento il 9 e 10 luglio.
-  Comencini: vogliamo che la nostra rete resti in piedi

-  Riecco le donne di "Se non ora quando"
-  "A Siena per cambiare il Paese"

-  "Lavorano come gli uomini ma guadagnano meno: dati Istat sconfortanti"

-  di Silvia Fumarola (la Repubblica, 28.06.2011)

ROMA - Le donne sono abituate a non arrendersi; se cominciamo qualcosa, difficilmente mollano a metà strada. Ma perché la condizione femminile cambi veramente bisogna impegnarsi a fondo, far sentire la propria voce, senza dare niente per scontato, senza incertezze: per questo, dopo aver portato un milione di persone in piazza, le donne di "Se non ora quando?" organizzano la grande manifestazione a Siena del 9 e 10 luglio, perché «l’Italia diventi davvero un paese per donne». Indietro non si torna ma dopo il 13 febbraio, e la conferma che c’era una grande voglia - dapprima silenziosa - di cambiare, non si sono fatti grandi passi avanti.

Adesso gli oltre 120 comitati locali, nati in quell’occasione, si incontreranno nella città toscana, nel complesso di Santa Maria della Scala per una sorta di Stati generali della condizione femminile, un momento di confronto con le donne di tutta Italia, sui temi fondamentali: la vita quotidiana, il lavoro, l’immagine femminile, il ruolo nella società, la difficoltà enorme di conciliare famiglia e professione. Quante sono le donne nelle stanze dei bottoni? Ancora troppo poche. Linda Laura Sabbadini dell’Istat fornirà dati sconfortanti e l’economista Tindara Addabbo spiegherà come le donne siano ancora discriminate: lavorano come gli uomini, ma guadagnano meno.

«Vogliamo che la rete resti in piedi» chiarisce la regista Cristina Comencini «e si allarghi il più possibile; se siamo riuscite a portare tanta gente in piazza è stato grazie al web, al confronto continuo con tante donne diverse, in tutto il Paese. È fondamentale mettere insieme le esperienze e confrontarci, c’è stato un risveglio lo scorso inverno che è prezioso, le energie non vanno disperse. Partendo dalla difesa del corpo delle donne adesso vogliamo andare avanti, mettere al centro il lavoro. I dati parlano chiaro: le 800mila italiane costrette a lasciare il loro impiego dopo una gravidanza, l’esercito di precarie e disoccupate - eppure, è appurato, le donne sono le più efficienti e preparate - sono la dimostrazione che questo non è un Paese per donne. Il campo non lo lasciamo, anche se ci rendiamo conto che il nostro progetto di cambiamento è molto ambizioso».

Ma le donne riunite alla Fnsi (tra cui Francesca Comencini e Lunetta Savino, fondatrici del movimento) dov’è stata presentata la nuova iniziativa - che prevede anche una sottoscrizione online per la due giorni senese, sul sito di "Se non ora quando?" - hanno l’aria di voler andare fino in fondo. «Vogliamo coinvolgere gli uomini e farci sentire perché la politica» come spiega la Comencini «non può non farsi contagiare da un movimento che dal Nord al Sud ha scosso il Paese». «Il 13 febbraio ha fatto esplodere un processo già in corso» aggiunge la sindacalista Valeria Fedeli «e ciò che sta avvenendo dice che una parte della società civile si è svegliata. Non dobbiamo mollare, anche se c’è un pezzo della politica e delle istituzioni che si muove per bloccare questo movimento, come dimostrano le ultime decisioni sull’età pensionabile. A Siena sarà un atto fondativo pubblico».

Siena diventerà per due giorni "la città delle donne": sono previsti sconti ed iniziative, come anticipa Tatiana Campioni, direttrice del Complesso di Santa Maria della Scala. «Per noi è un’iniziativa bellissima, speriamo davvero che tante donne, insieme, riescano a fare la differenza». «Cambiare» è il verbo più ripetuto. «Perché per cambiare davvero va combattuta una battaglia culturale» dice Lunetta Savino «il mondo ha bisogno dello sguardo delle donne, capace di andare a fondo nelle cose e modificarle. E va rinnovato anche il linguaggio, il modo di far sentire la protesta. Non a caso, all’inizio, abbiamo usato lo strumento del teatro, portando in scena lo spettacolo "Libere"».


Le donne, gli uomini e la più grande bugia della storia

di Luciana Castellina (l’Unità, 28.06.2011)

C ’è una bugia storica che non può essere svelata declassificando documenti segreti, come è stato per le Carte del Pentagono o per le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. A dirla sono le nostre moderne democrazie. Consiste nel far credere che, adesso, nascono bambini neutri e non più, come una volta, bambine femmine e bambini maschi. Sulla base di questa menzogna hanno spacciato come universale l’intero edificio istituzionale dei nostri Paesi e la loro organizzazione sociale, che è invece rimasta tutta disegnata sull’essere umano maschio. Da quando la bugia è stata detta, le donne, per non rimanere prigioniere nel ghetto del privato familiare sottratto alle regole pubbliche, hanno dovuto vivere clandestinamente la propria identità, mascherandosi da essere neutro, cioè, nei fatti, da uomo.

Il femminismo recente ha per fortuna cominciato a sollevare dubbi su questa carnevalata. Purtroppo per disvelarla non basta desecretare carte, perché riconoscere l’esistenza di una differenza di genere cui viene nagato valore, significherebbe rimettere in discussione l’intera filosofia che ispira i nostri sistemi democratici, fondati sul principio di uguaglianza di fronte alla legge. Un’idea che ha avuto e ha molte buone ragioni, perché ha aiutato a eliminare i privilegi più vistosi e le esclusioni più inaccettabili, ma che non ha eliminato le disuguaglianze profonde: le ha nascoste come si fa con la polvere sotto i tappeti.

E così le istituzioni, i codici, la rappresentanza, l’organizzazione civile, l’assetto materiale della vita continuano ad assumere l’inesistente essere neutro come referente: un cittadino travestito da astratto, indistinto nel genere così come nella sua collocazione sociale reale.

Dire “ogni cittadino è uguale di fronte alla legge” è una conquista democratica ma anche un inganno. L’astrattezza della norma andrebbe colorata assumendo come metro il bisogno di ognuno, valorizzando la sua diversità e organizzando la vita collettiva in modo da dare uguaglianza concreta alle differenze. Significherebbe costruire identità relazionali in cui ciascuno, anziché mutilarsi per entrare nella corazza dell’astratto, o rifugiarsi, mortificato, nella sua diversità diventata debolezza, si costruisce un’identità che assume l’altra o l’altro come risorsa critica di se stessa e di se stesso. A partire da qui si potrebbe ridisegnare un mondo migliore.

Detto questo, sono tuttavia d’accordo con Bobbio quando ci metteva tutti in guardia dai rischi di indebolire le garanzie formali di questa nostra democrazia che per ora è la migliore in circolazione. Ma d’accordo con Bobbio anche quando esprimeva la sofferta consapevolezza dei suoi limiti. Mi basterebbe che almeno si sapesse della bugia storica e non si pensasse di ristabilire la verità concedendo qualche diritto a tutela delle minoranze (e peraltro le donne non sono una minoranza). Mi basterebbe insomma mettere una spina nel fianco della nostra democrazia imperfetta, e avere il coraggio di continuare a pensare il non ancora pensato. Non siamo alla fine della storia.


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