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RIPENSARE L’UNO E I MOLTI ("UNO"), L’IDENTITÀ E LA DIFFERENZA!!! CONTIAMO ANCORA COME SE FOSSIMO NELLA CAVERNA DI PLATONE. NON SAPPIAMO DISTINGUERE L’UNO DI PLATONE DALL’UNO DI KANT, E L’IMPERATIVO CATEGORICO DI KANT DALL’IMPERATIVO DI HEIDEGGER E DI EICHMANN ....

UNITÀ D’ITALIA E FOLLIA: EMERGENZA LOGICO-POLITICA EPOCALE. PER UN CONVEGNO E UNA RIFLESSIONE SUL CONCETTO DI UNITÀ E DI SOVRANITÀ (SOVRA-UNITÀ). Materiali sul tema - a c. di Federico La Sala

SAPERE AUDE!: USCIRE DALLA CAVERNA, USCIRE DALLO STATO DI MINORITÀ, USCIRE DALLA "PREISTORIA" E NON RICADERE NELL’ILLUSIONE E NEL DELIRIO DELL’ “UOMO SUPREMO” DEI VISIONARI E DEI METAFISICI ATEI-DEVOTI
mercoledì 18 giugno 2014
Premessa
L’ITALIA, IL "BIPOLARISMO PRESIDENZIALE", E I COSTITUZIONALISTI IN COMA PROFONDO (1994-2011). - con allegati
FESTA NAZIONALE, IL 17 MARZO. IL CARNEVALE DELLA FOLLIA ISTITUZIONALE (1994-2011). L’UNITÀ D’ITALIA E LA "FOLLIA INCOSTITUZIONALE" DI "DUE PRESIDENTI" DELLA REPUBBLICA. - con allegati
L’OCCUPAZIONE DELLA LEGGE E DELLA LINGUA ITALIANA: L’ITALIA E LA VERGOGNA.
LA COSTITUZIONE, "I DUE CORPI DEL RE", E I DUE PATTI DEL CITTADINO.
"APRITE, APRITE": SONO IL VOSTRO "PAPI"!!! LA (...)

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> UNITÀ D’ITALIA E FOLLIA: EMERGENZA LOGICO-POLITICA EPOCALE. --- IL DISEGNO CONSORTILE E LA NAVE DEI FOLLI. Tutti gli ostacoli del governo Renzi (di Franco Cordero)

venerdì 20 giugno 2014

Tutti gli ostacoli del governo Renzi

di Franco Cordero (la Repubblica, 20.06.2014)


A TRE settimane dal voto europeo numeri ed eventi suggeriscono rilievi irrispettosi: gli 11.202.231 di voti raccolti dall’esordiente, pari al 40.8% dei votanti, erano un exploit inaudito nelle fiere elettorali italiane ( adde L’Altra Europa, 4%); i 4.614.364 (16.8%) racimolati da Forza Italia riflettono un leader ormai fiacco ma, issato a cavallo, può ancora guidare la carica, se qualche espediente meccanico lo tiene ritto (capitava in un vecchio film sul Cid Campeador); e inclusi i presumibili confluenti nel cartello (Ncd, Udc, FdI, Lega Nord), l’armata variopinta conta 9.997.02 teste (31.1%), in vista del tête-à tête finale, potendo pescare nel 21.11% sterile accumulato dai pentasiderei (qualora viga l’Italicum). Votassimo domani, la vittoria sarebbe ancora più larga, sennonché l’ex sindaco fiorentino vuole un’intera legislatura, fino al 2018 e qui ha gioco meno facile. Glielo complicano degli handicap.

Vediamoli cominciando dalla mistica delle riforme costituzionali; le promuoveva il Quirinale, tale essendo l’obiettivo della «larghe intese»: le quali erano veicolo d’un regime consortile dove il Pd sarebbe stato junior partner, perché nella XVI legislatura Re Lanterna era padrone, ma in 42 mesi dilapida il capitale, fino alle squallide dimissioni, sabato 12 novembre 2011. Furioso e gemebondo, lamentava le maglie strette d’una Carta obsoleta e i lunghi percorsi legislativi, imputabili alla struttura bicamerale, ululando ogniqualvolta la Consulta dichiarasse invalide norme disegnate sulla sua anomala misura. Il Colle guardava, indifferente all’immane conflitto d’interessi e coinvolto in manovre d’abusiva immunità.

L’eclissi dura un anno: redivivo, sfiora la clamorosa rivincita; nasce un governo bicolore guidato da Letta nipote, la cui storia familiare e politica vale un programma; e chi elabora le novità supreme, ministro competente? Gaetano Quagliariello, centurione berlusconiano. Marchiate dall’oligarchia partitica, le Camere attuali erano le meno idonee a rifondare lo Stato. Così tengono banco questioni artificiose su cui il governo s’impegna a vuoto.

L’urgente sta nell’economia infestata da mafie, camorra, corruzione: mancavano due spanne alla bancarotta; il morbo italico è debito pubblico straripante, declino produttivo, disoccupati, rendite parassitarie, caduta dei consumi, istruzione deficitaria, atonia morale. Molto cambierebbe appena fossero snidati i vampiri e l’uomo nuovo parla chiaro ma i consorti coltivano interessi nella cui gestione “garantismo” significa impunità: ad esempio, aborrono le intercettazioni, in ossequio alla privacy delittuosa; intendono la difesa come ingegnoso perditempo; difendono meccanismi perversi della prescrizione, affinché almeno un processo su tre finisca in scandalosi proscioglimenti. Nella casistica a colletto bianco è raro che scatti la pena: quando avviene, benefici penitenziari la convertono, tagliano, diluiscono; vedi Silvius Magnus, caso Mediaset.

Che nell’Italia 2014 “mercato” sia parola vuota, lo dicono notizie Expo e Mose scoperchiando malaffari miliardari dall’effetto notorio: un km d’alta velocità costa sei volte la stessa opera in Francia; vi mangiano impresari, intermediari, “facilitatori”, funzionari, pseudoconsulenti, parassiti dal vario colore sotto trasversale ombrello politico. Le procure ottengono misure cautelari. Qui gli oligarchi battono un colpo strepitoso.

Mercoledì 11 giugno Montecitorio votava norme comunitarie sulla responsabilità civile del magistrato. L’emendamento del solito leghista contempla azioni dirette contro l’autore dell’asserito «danno ingiusto» ossia liti tra imputato e chi lo giudica: idea da manicomio; l’arnese intimidatorio inquina il giudizio e lo ostruisce perché ogni chiamato in causa diventa incompatibile; l’Olonese li fulminerebbe uno dopo l’altro. L’emendamento riscuote 187 sì contro 180 e se Palazzo Madama, ripetesse l’impresa, navigheremmo sulla Nave dei folli (l’aveva incisa Dürer, 1494).

Naturali i trionfi a destra ma il Pd conta 293 teste sotto la cupola montecitoria e ne erano presenti 214; chi se ne intende calcola 57 traditori. Il capogruppo, pupillo dal emobersaniano, non se ne stupisce: fioriscono i « garantisti » Pd, eccome, primus quorum ipse; lo esclamava un anno fa, memorabile outing, e intavola la candidatura al patronato dei perseguibili o già imputati (corruttori, corrotti e simili); voci confraterne chiedono una «svolta storica» dal «giustizialismo» al virtuoso contrario.

Il Quirinale emette una vaga frase equidistante ( l’anno scorso esortava tribunali e corti al rispetto dello «statista » indaffarato). Lo sconfitto 2013 grida d’avere votato contro l’emendamento e solleva dubbi sul gruppo M. R. Sono lunghi i quasi 4 anni residui d’una legislatura completa, con innumerevoli occasioni d’imboscata. La vecchia guardia include vescovi atei, pasticheur postmarxisti: non vinceranno mai partite elettorali ma sono temibili nei giochi d’inerzia e fuoco amico. Il premier in carica è colpevole d’avere vinto due volte, alle primarie e nelle europee. Insomma, quanto meno dura la mésalliance, tanto meglio, ed è auspicabile un trasloco al Quirinale.

Scontiamo ancora i 101 voti Pd tolti a Romano Prodi: l’avevano appena acclamato; nella versione ipocrita Napolitano rieletto scongiura catastrofi. Nossignori, volevano larghe intese oligarchiche; Berlusco Felix canta al microfono «meno male che Giorgio c’è».

Il disegno consortile lo presupponeva ancora una volta salvo dal processo. Era scena da teatro nero lo stupore rabbioso giovedì 1 agosto 2013, h. 19.38: la lunga caduta dell’impero forse comincia lì, dalla lettura del dispositivo d’una sentenza; staremmo assai peggio se il tempo avesse estinto anche quella frode fiscale.


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