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UNITA’ D’ITALIA, FOLLIA, ED EMERGENZA LOGICO-POLITICA EPOCALE.

IN ITALIA, UN PROBLEMA DI SALUTE PUBBLICA: SI PARLA, SI VEDE, E SI SENTE "DOPPIO"! E DA TEMPO!!! Ma Nessuno di Chi di dovere cerca di correre ai ripari!! Alcuni appunti sul tema - a c. di Federico La Sala

PER L’ITALIA E PER LA COSTITUZIONE. CARO PRESIDENTE NAPOLITANO, CREDO CHE SIA ORA DI FARE CHIAREZZA. PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI
martedì 1 febbraio 2011 di Federico La Sala
L’ITALIA, IL "BIPOLARISMO PRESIDENZIALE", E I COSTITUZIONALISTI IN COMA PROFONDO (1994-2011). - con allegati
FESTA NAZIONALE, IL 17 MARZO. IL CARNEVALE DELLA FOLLIA ISTITUZIONALE (1994-2011). L’UNITA’ D’ITALIA E LA "FOLLIA INCOSTITUZIONALE" DI "DUE PRESIDENTI" DELLA REPUBBLICA. - con allegati
PER L’ITALIA E PER LA COSTITUZIONE. CARO PRESIDENTE NAPOLITANO, CREDO CHE SIA ORA DI FARE CHIAREZZA. PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI...
LUNGA VITA ALL’ITALIA!!!
L’OCCUPAZIONE DELLA LEGGE E DELLA LINGUA (...)

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> IN ITALIA, UN PROBLEMA DI SALUTE PUBBLICA --- La fabbrica dell’obbedienza. Il lato oscuro e complice degli italiani (di Ermanno Rea). La ribellione che parte dalle donne (di Adriano Prosperi).

venerdì 25 febbraio 2011

La ribellione che parte dalle donne

di Adriano Prosperi (la Repubblica, 25 febbraio 2011

Se è vero che la legge sul "fine vita" è stata la moneta pagata da Berlusconi per rinsaldare il rapporto coi vertici vaticani nell’incontro celebrativo dei Patti Lateranensi, allora ha proprio ragione Ermanno Rea: ancora una volta la Chiesa di Roma si è rivelata come "la fabbrica dell’obbedienza". Eppure quest’ultimo libro di uno scrittore noto e amato (La fabbrica dell’obbedienza. Il lato oscuro e complice degli italiani, ed. Feltrinelli, marzo 2010) non è un libello anticlericale ma piuttosto una radiografia storica della debolezza morale dell’italiano.

La ricorrenza del 150° anniversario dell’unità politica impone a tutti una riflessione che vada al di là della cronaca del presente. Dalla ricca e interessante intervista di Simonetta Fiori a Emilio Gentile (Italiani senza padri, intervista sul Risorgimento, Edizioni Laterza) abbiamo imparato molto sul tentativo fallito delle classi dirigenti liberali del secondo ’800 di far nascere una religione civile.

Nelle celebrazioni del 1911 Ernesto Nathan integrò il santino patriottico della trinità laica Vittorio Emanuele, Cavour, Garibaldi, con la figura di Mazzini come apostolo della religione civile. Ma lo scontro che ne nacque con la religione della Chiesa dimostrò quanto questa fosse ben più radicata nella mentalità degli italiani.

Rispetto a Gentile, Ermanno Rea si muove senza impacci su di una pista più lunga. Il suo è un libro-sfogo, nato dagli appunti di un corso per raccontare l’Italia a degli studenti sotto i limpidi e freddi cieli del Vermont: l’impresa dovette essere difficile già quando si svolse, ben prima che a renderla impossibile giungessero gli ultimi episodi (per ora), non solo delle feste e dei festini del nostro "Cesare" ma anche e soprattutto della confermata disponibilità ecclesiastica a coprirlo garantendo così l’indifferenza complice della società e coprendo di sacrale legittimazione il servile affanno del partito del padrone. Guardarsi nello specchio degli altri è sempre utile. Si legga il giudizio di Ingrid Thulin: "Per voi fare all’amore è peccato: da noi i bambini imparano a scuola come si fa... Voi vi raccomandate a Dio e ai filtri d’amore e vi assolvete confessandovi, noi paghiamo per i nostri sbagli... Per voi le donne sono come le lepri e le pernici, selvaggina; per noi sono individui".

Rea ha preso molto sul serio l’accenno alla confessione: è questa, secondo lui, la macchina inventata dalla Chiesa della Controriforma che ha la responsabilità originaria di avere creato questa Italia "corrotta e ridanciana, superstiziosa e corriva, irresponsabile e bigotta". Da allora, la storia degli italiani è quella di obbedienze servili e di ipocrisia, di lacrime di delinquenti pentiti accolti a braccia aperte - dall’Innominato manzoniano al devotissimo Bernardo Provenzano consumatore di feticci devoti in quantità industriale - e di rarissime, eccezionali ribellioni: quella di Giordano Bruno spicca su tutte. Ermanno Rea ha stilato un inventario di storie degli italiani come un popolo educato alla servitù, alla finzione e alla minorità irresponsabile sotto la guida di una religione maternamente comprensiva e pronta sempre a perdonare.

Le violenze di poteri vili e feroci si sono esercitate su di una popolazione che ha cancellato dai propri costumi perfino il principio fondamentale della "civiltà della vergogna", quella che impone all’eroe omerico Ettore di fare la sua parte e di non fuggire sotto gli occhi di tutti davanti all’invincibile Achille. Le agghiaccianti testimonianze dei disertori processati dopo Caporetto, raccolte anni fa da Enzo Forcella in un’opera memorabile documentano il fallimento della religione civile liberale e introducono al progetto fascista di una religione dello Stato con l’avallo e le benedizioni della Chiesa. Per Rea aveva ragione Curzio Malaparte a parlare del fascismo come il trionfo dello spirito della Controriforma.

Se oggi, osserva Rea, c’è ancora una metà della popolazione italiana che resta "fedele al suo ‘eroe’ nonostante i suoi festini, i suoi mercimoni, la sua rozzezza, il suo cattivo gusto, la sua disarmante comicità" è dunque per una debolezza morale radicata in profondità. Verrebbe voglia di sperare che non sia proprio così, di dire che forse qualcosa si muove nello stagnante scenario di un paese a lungo prigioniero di un grossolano ma efficace incantesimo.

Come valutare ad esempio i segni diribellione che trapelano dall’interno della Chiesa italiana? Mentre ai livelli "alti" della Chiesa è in atto l’arrembaggio a un governo debolissimo che non lesina concessioni fatte letteralmente sulla pelle degli italiani, ci sono cristiani praticanti che mandano vibranti lettere di protesta ai loro vescovi.

Un gruppo di "cristiani della Chiesa di Modena" ha inviato al proprio vescovo un documento di denunzia dello scambio in atto tra "privilegi per la Chiesa e legittimazione per il governo". I firmatari sono persone che si dicono "sconvolte" dal "degrado morale" e dall’arroganza della "classe politica che governa questo paese". E parlano di una crisi che "rischia di compromettere l’unità stessa della Nazione". Segni isolati, voci flebili: ma forse il tempo dell’obbedienza passiva sta terminando perfino in Italia. E a risvegliare la speranza è soprattutto la ribellione che ha assunto per la prima volta nella storia d’Italia il volto di un popolo di donne.


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