Crescono i rischi di un conflitto con Napolitano
di Massimo Franco (Corriere della Sera, 01.03.2011)
Registrare l’attacco di Silvio Berlusconi allo «staff troppo puntiglioso» del Quirinale, e vedere che Giorgio Napolitano ora viene difeso perfino dall’Idv, fa un certo effetto. Dimostra quanto si siano sfilacciati e capovolti i rapporti fra presidente della Repubblica e Pdl, e quanto Palazzo Chigi soffra il controllo di legittimità sulle leggi, che spetta al capo dello Stato. Ma soprattutto, lascia intravedere una tensione latente sul modo in cui Napolitano e Berlusconi interpretano questa fase della legislatura e i suoi sviluppi.
L’impressione è che al Quirinale non basti la blindatura numerica della maggioranza: è garanzia non di stabilità, ma di sopravvivenza del premier. Per questo, il capo del governo mal sopporta i rilievi nei confronti di misure come il cosiddetto «Milleproroghe» . In un momento normale, avrebbe accolto i suggerimenti e magari ringraziato; sentendosi in bilico, dice «sì» , ma poi dà sfogo alla frustrazione. Il Berlusconi che lamenta impotenza decisionale, mancanza di potere, e una sorta di «laccio» istituzionale teso a frenare la sua azione, scarica sull’esterno le difficoltà del centrodestra. Rievoca lo «spirito e la passione del ’ 94» , quando la sua maggioranza vinse per la prima volta le elezioni; e la nostalgia gli fa dimenticare che allora durò appena nove mesi. Il centrodestra si ruppe per la defezione della Lega, e lui si ritrovò all’opposizione.
Oggi la situazione appare diversa. Napolitano è sempre stato considerato un interprete rispettoso del voto popolare e delle sue implicazioni. E dopo la rottura tra Berlusconi e il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha evitato di parteggiare per l’uno o per l’altro: con irritazione mal celata del Pdl, furioso per il modo in cui Fini interpreta il ruolo di terza carica dello Stato e per il suo rifiuto di dimettersi. Ma il viavai di parlamentari seguito alla spaccatura nel centrodestra è un fenomeno a dir poco ambiguo. Permette a Berlusconi di andare avanti, forte del patto con una Lega che concede il via libera «finché ci sono i numeri» : quindi non escludendo elezioni, che il premier però vede come una iattura con la crisi in atto nel Maghreb. Eppure manca un’agenda chiara per il resto della legislatura. L’ennesimo annuncio di una riforma istituzionale che prende di mira le prerogative degli altri poteri, solleva perplessità. Il Pd vede nella polemica «un attacco preventivo» .
E Pier Ferdinando Casini dell’Udc ironizza su un Berlusconi «inseguito dai suoi processi» , che «se la prende con i magistrati e Napolitano» . È vero che il premier si definisce «disperato» . Ma continua a sospettare che esista «un patto fra Anm e Fini» per far naufragare la riforma della Giustizia. «Risibile» , reagisce il leader di Fli.
Il Quirinale, invece, risponde alle accuse berlusconiane con un silenzio gelido e un «grazie» ufficioso: sentirsi dare dei puntigliosi nello sbandamento generale, viene percepito quasi come un complimento. Eppure, la distanza fra capo dello Stato e del governo è pericolosa: tanto più se diventa conflitto.