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PAROLE, REALTA’, E NARRAZIONI NELL’EPOCA DEL BERLUSCONISMO GALOPPANTE (1994-2011)

IMMIGRAZIONE, NARRAZIONE, E FUTURO: LE PAROLE SONO IMPORTANTI, MA "L’ESPRESSO" NON LO SA PIU’. Una nota di Igiaba Scego - a c. di Federico La Sala

Assalto (...) è questa parola che campeggia sulla copertina dell’ultimo numero dell’ Espresso: Assalto all’Europa. Questa copertina mi ha sconcertato non poco. Sembrava l’annuncio di una guerra (...)
mercoledì 9 marzo 2011 di Federico La Sala
[...] Ho notato con mio sommo
rammarico che a sinistra la narrazione dell’immigrazione è spesso speculare a quello dei giornali
della Lega e del centrodestra. C’è poca riflessione su questi temi. Certo c’è la Carta di Roma, Il
Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti, ma
quanti la applicano? Un’altra narrazione dell’immigrazione è non solo possibile, ma necessaria per
una sinistra che si proclama europea e democratica [...]
POLITICA E (...)

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> IMMIGRAZIONE, NARRAZIONE, E FUTURO --- L’Italia sarà salvata da due milioni d’immigrati (di Vladimiro Polchi)

venerdì 11 marzo 2011

L’Italia sarà salvata da due milioni d’immigrati

di Vladimiro Polchi (la Repubblica, 11 marzo 2011)

L’Italia ha bisogno di nuovi immigrati? Certo: «Nel periodo 2011-2015 il fabbisogno medio annuo dovrebbe essere pari a circa 100mila, mentre nel periodo 2016-2020 dovrebbe portarsi a 260mila». Tradotto: nei prossimi dieci anni avremo bisogno di "importare" un milione e 800mila lavoratori. A metterlo nero su bianco non è un sindacato, né un’associazione di categoria, bensì il ministero del Lavoro, diretto da Maurizio Sacconi.

E così mentre dal Viminale si lancia l’allarme contro «l’esodo biblico» pronto a scatenarsi dalle coste del Nord Africa, i tecnici incaricati dal ministero del Welfare lavorano concretamente alle «previsioni del fabbisogno di manodopera». In un dettagliato rapporto del 23 febbraio scorso, la Direzione generale dell’immigrazione ragiona, infatti, sul numero di lavoratori stranieri necessari a reggere il "sistema Italia". La stima è cauta e si basa su diverse variabili.

«Il fabbisogno di manodopera è legato contemporaneamente alla domanda e all’offerta di lavoro - si legge nel Rapporto "L’immigrazione per lavoro in Italia" - dal lato dell’offerta si prevede tra il 2010 e il 2020 una diminuzione della popolazione in età attiva (occupati più disoccupati) tra il 5,5% e il 7,9%: dai 24 milioni e 970mila del 2010 si scenderebbe a un valore compreso tra i 23 milioni e 593mila e i 23 milioni circa nel 2020. Dal lato della domanda, gli occupati crescerebbero in 10 anni a un tasso compreso tra lo 0,2% e lo 0,9%, arrivando nel 2020 a quota 23 milioni e 257mila nel primo caso e a 24 milioni e 902mila nel secondo». Ciò detto, qual è il numero di immigrati di cui l’Italia avrà bisogno? «Nel periodo 2011-2015 il fabbisogno medio annuo dovrebbe essere pari a circa 100mila, mentre nel periodo 2016-2020 dovrebbe portarsi a circa 260mila». Insomma da qui a dieci anni il nostro Paese dovrà aprirsi a poco meno di due milioni di lavoratori stranieri.

«Questi dati smascherano la demagogia di chi continua a ripetere che gli immigrati sono una minaccia - commenta Andrea Olivero, presidente nazionale Acli - senza di loro il Paese imploderebbe e accoglierli civilmente non è solo atto umanitario, ma intelligente strategia per il futuro. Per questo è giusto chiedere che cambi la politica dei flussi, andando al più presto a prendere atto di chi già oggi lavora utilmente nel Paese e ancorando le cifre dei nuovi permessi alle reali necessità. Ci fa piacere che il ministero del Lavoro guardi ai dati con realismo, perché soltanto in questo modo sarà possibile avviare finalmente quel governo del fenomeno immigrazione che è mancato in questi anni, dominati da un’ottusa logica di mero contenimento, che peraltro è fallita. Nessuno, la Lega si metta il cuore in pace, può fermare un flusso che ha ragioni così forti sia nei Paesi di provenienza, sia nel nostro, come ci dicono i dati. Perciò l’integrazione è la scelta insieme più civile e più realistica».


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