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CON KANT, FREUD, E LACAN, OLTRE! USCIRE DALLO STATO DI MINORITÀ E DALL’EDIPO - AL DI LÀ DELL’ETÀ DEL PADRE, DELLA MADRE, E DEL FIGLIO

GENITORI, FIGLI, E FORMAZIONE: AL DI LÀ DEL FALLIMENTO, COSA RESTA DEL PADRE? PER MASSIMO RECALCATI, OBBEDIENTE A LACAN, RESTA ANCORA (E SEMPRE) LA LUNGA MANO DELLA MADRE. Una pagina dal suo libro e un’intervista con Luciana Sica - a cura di Federico La Sala

(...) Ma a cosa è legata oggi la funzione del padre? «Se non può più essere legata al sangue, al sesso, alla biologia, alla discendenza genealogica, allora aveva forse ragione papa Luciani a sconvolgere secoli di teologia dicendo che Dio è anche madre» (...)
sabato 12 marzo 2011 di Federico La Sala
[...] «Lo schema edipico continua ad avere il suo valore, se però si abbandona il teatrino familiare. Intesa come legame "naturale",la famiglia composta da una coppia eterosessuale e dai loro figli non è più il nucleo immobile dei legami sociali. Esistono organizzazioni sociali e culturali sempre più complesse, l’importante è che non venga meno la funzione educativa del legame familiare che vuol dire umanizzare la vita, iscriverla in un’appartenenza, farla partecipare a una cultura di (...)

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> GENITORI, FIGLI, E FORMAZIONE --- RECALCATI.«Oggi prevale una incestuosità diffusa, un modello di paternità che autorizza alla più totale dissoluzione dei No» (di Beppe Sebaste - Dal padre a papi. Crescere senza limiti).

domenica 17 aprile 2011


Dal padre a papi. Crescere senza limiti

Parla lo psicoanalista Massimo Recalcati, autore di un saggio sulla evaporazione della figura paterna: «Oggi prevale una incestuosità diffusa, un modello di paternità che autorizza alla più totale dissoluzione dei No»

Formatosi come filosofo, è tra i più noti psicoanalisti lacaniani in Italia. Insegna Psicopatologia del comportamento alimentare all’Università di Pavia e Sociologia dei fenomeni collettivi all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano.

di Beppe Sabaste (l’Unità, 17.04.2011)

È meglio la questione dell’eredità e della trasmissione di un «ordine simbolico» della madre e del padre nella formazione dell’individuo. Se sull’«ordine simbolico della madre» esiste una letteratura intensa prodotta da anni di pensiero femminile (penso al gruppo Diotima e a Luisa Muraro) la questione dell’imago paterna «nell’epoca dell’evaporazione del padre» è oggi riassunta con chiarezza dallo psicoanalista Massimo Recalcati in un libro di cui consiglio a chiunque la lettura: Cosa resta del padre? È un saggio di psicanalisi impregnato di filosofia (l’etica dell’alterità di Emmanuel Lévinas è sottesa lungo tutto il discorso), fortemente influenzato dal pensiero clinico di Jacques Lacan; ma per mostrarne subito la politicità attuale e stringente riporto quasi per intero la lunga nota a pagina 14: «L’espressione “papi”, recentemente alla ribalta della cronaca politica italiana a causa di innumerevoli giovani (papi-girls) che così si rivolgono al loro seduttore, mette in evidenza la degenerazione ipermoderna della Legge simbolica del padre. La figura del padre ridotta a “papi”, anziché sostenere il valore virtuoso del limite, diviene ciò che autorizza alla sua più totale dissoluzione. Il denaro elargito non come riconoscimento di un lavoro, ma come puro atto arbitrario, l’illusione che si possa raggiungere l’affermazione di se stessi rapidamente, senza rinuncia né fatica, l’enfatizzazione feticistica dei corpi femminili come strumenti di godimento, il disprezzo per la verità, l’opposizione ostentata nei confronti delle istituzioni e della legge, (...) il rifiuto di ogni limite in nome di una libertà senza vincoli, l’assenza di pudore e di senso di colpa costituiscono alcuni tratti del ribaltamento della funzione simbolica del padre che trovano una loro sintesi impressionante nella figura di Silvio Berlusconi. Il passaggio dal padre della legge simbolica al “papi” del godimento non definisce soltanto una metamorfosi dello statuto profondo del potere (dal regime edipico della democrazia al sultanato postideologico di tipo perverso), ma rivela anche la possibilità che ciò che resta del padre nell’epoca della sua evaporazione sia solo una versione cinico-materialistica del godimento».

«Sì, il libro è fortemente politico mi dice Massimo Recalcati perché nella dimensione contemporanea prevale una incestuosità diffusa, di cui una manifestazione è che le istituzioni diventano proprietà delle persone come corpi, in un processo di proprietà o appropriazione senza responsabilità, come la legge ad personam. La vocazione della paternità implica invece una responsabilità senza appropriazione, senza proprietà. È questa la cifra politica del mio studio».

Se la figura del padre si è vaporizzata, suggerisce Recalcati, possiamo però pensare al padre come «resto», non un Ideale ma la singolarità incarnata di una vita che ci precede, testimonianza etica di una possibilità di vivere, fallire, perdersi, riorientarsi e immaginare. In questo senso il libro di Recalcati può affiancarsi a un altro piccolo classico contemporaneo, L’uomo flessibile di Richard Sennett, che descrive il mutamento antropologico dietro la retorica della «precarietà»: la perdita di un senso della durata che rende incomprensibili parole come dedizione, impegno, relazione, perdita di un senso narrativo dell’esistenza, quindi della possibilità di immaginare e progettare la propria vita, del cui progetto è parte integrante e necessaria anche l’esperienza, oserei dire l’epica, del fallire. Elogio del fallimento è il titolo di un bellissimo paragrafo del saggio di Recalcati, dove si legge che «la psicoanalisi non tesse l’elogio della prestazione», «è antagonista al narcisismo dell’apparizione, a quel successo dell’io che abbaglia e cattura i giovani di oggi», ma «punta piuttosto a scorticare l’involucro narcisistico dell’immagine per porre il soggetto di fronte alla verità del proprio desiderio»: «il fallimento è uno zoppicamento salutare dell’efficienza della prestazione». Recalcati illumina quindi una singolare convergenza tra l’insegnamento clinico di Lacan e la lungimirante critica alla barbarie consumista dell’eretico Pier Paolo Pasolini: l’immaginazione al potere dello slogan del ’68 si è ahimè realizzata, ma in senso opposto (e perverso) a quello auspicato.

Con la sparizione del padre, ovvero dell’esperienza del limite e della conflittualità, del No che orienta e stimola l’affacciarsi nel giovane di un’identità desiderante, di una trasgressione che nasce dal desiderio di infrangere la Legge rappresentata dalla figura paterna, anche il godimento, osservava Lacan, diventa «smarrito». Con parole nostre: l’innesto del feticismo della merce preconizzato da Marx nel «capitalismo culturale» (quello dell’intrattenimento) descritto da James Rifkin, fa del Potere una centrale di spaccio istituzionalizzato di droga, una fabbrica di sogni che produce incubi. Lost in the supermarket, cantava Joe Strummer, perso nel supermercato, luogo simbolico e globale della trasformazione dei sudditi in consumatori, in una spirale di dannazione fatta di facile godimento e libertà illimitata fino all’intossicazione, non contrastata da nessun Padre ma anzi proposta da chi ne occupa il suo spazio vacante, il «papi». Quella che Lacan definiva «l’astuzia fondamentale del discorso del capitalista» consiste, spiega Recalcati, nell’intrecciare la dimensione illusoria e salvifica dell’oggetto-merce o idolo con la vacuità di un godimento. La schiavitù del soggetto all’oggetto (anche sessuale) è la tragica realtà del coincidere oggi in Italia di potere economico e potere politico in un nuovo fascismo pubblicitario.

La psicoanalisi, ci insegna Recalcati, è chiave e strumento per decostruire la libertà immaginaria della nuova alienazione. «Lacan è stato un grande maestro perché la sua virtù più profonda era di aprire interrogativi invece che fornire risposte. La sua forza non era solo retorica ma capace di incarnarsi in una parola viva, centrata non sul libresco e l’accademico, ma sul desiderio. Sono nato come filosofo mi dice sono stato fabbricato come professore di filosofia, poi sono inciampato nei miei sintomi e sono diventato psicoanalista... La differenza è che la filosofia si preoccupa della verità universale, trascendentale, la psicanalisi della verità più infima e scabrosa, quella che ci risponde nel nostro peggio» (anche il berlusconi che è dentro di noi).


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