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EUROPA E FILOSOFIA. DALL’UNGHERIA UN APPELLO PER RIPRENDERE E RILANCIARE IL FILO DELLO SPIRITO CRITICO E DELL’ILLUMINISMO KANTIANO

LA FILOSOFIA E IL CASO UNGHERIA. Ágnes Heller racconta la campagna di diffamazione che il governo di Budapest ha organizzato contro di lei e altri suoi colleghi. La sua denuncia - a c. di Federico La Sala

(...) che la libertà di espressione, la libertà di opinione, la libertà di pensiero siano concetti che non conoscono confini. E che anche la filosofia, alla fine, non sia diventata un vecchio leone sdentato (...).
martedì 22 marzo 2011 di Federico La Sala
[...] Il nuovo Governo ungherese, appena entrato in carica, ha lanciato una campagna di diffamazione contro i filosofi ungheresi, e attraverso di loro contro tutta la filosofa critica, sottoposta ad attacchi in serie lanciati simultaneamente da tre quotidiani e tre reti televisive. La campagna è durata quasi due mesi, insistendo sempre sulle stesse accuse, asserzioni stucchevoli e reiterate da tempo smentite. L’accusa, ripetuta fino alla nausea, era che «la banda Heller», con mezzi (...)

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> LA FILOSOFIA E IL CASO UNGHERIA. --- L’Europa dei diritti è in pericolo. Intevista ad Ágnes Heller (di A, Tarquini)

mercoledì 17 febbraio 2016

Agnes Heller. “L’Europa dei diritti è in pericolo

Orbán e i suoi alleati: il nuovo Asse”

La filosofa ungherese: “Varsavia, Budapest, Bratislava e Praga non sono unite dai valori ma dall’avere un nemico comune. È la sfida degli egoismi nazionalisti contro la solidarietà dei veri europei”

di Andrea Tarquini (la Repubblica, 17.02.2016)

      • Gli elettori sono frustrati e depressi e credono alla propaganda dell’Europa delle patrie
        -  Vogliono tutto da Bruxelles però non sono disposti a offrire nulla. E dimenticano gli aiuti ricevuti
        -  Agnes Heller, ungherese, 86 anni, è una filosofa: è stata esponente della “Scuola di Budapest” ed è oppositrice di Orbán

«I quattro paesi di Visegrad sono il nuovo Asse. Il nemico è Angela Merkel, simbolo forte dell’Europa liberale. Lo dice Agnes Heller, filosofa ungherese che è stata il massimo esponente della Scuola di Budapest e rimane la leader storica dell’intellighenzia critica del centro-est europeo.

Questi no all’Europa raccolgono ampi consensi in patria: che cosa sta succedendo nel centro-est dell’Europa?

«Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia e Slovacchia ricordano il vecchio Asse. Non sono uniti da valori ma dall’identificare un nemico comune: il cuore della Ue, soprattutto la Germania, contro cui sono in guerra per imporre le loro ideologie illiberali e prendere la guida dell’Europa insieme a forze a loro affini. È una sfida lanciata a liberal, progressisti, conservatori, a tutti i veri europei».

Il no ai migranti non è l’obiettivo principale?

«È piuttosto strumento della loro guerra: criminalizzano migranti e profughi per criminalizzare Angela Merkel che, dicono, accogliendoli sul suolo europeo distrugge la loro idea d’Europa. È guerra tra diverse parti dell’ex impero sovietico e le democrazie dell’Europa occidentale e meridionale. Vincerà chi avrà il controllo della Ue».

Merkel primo bersaglio, dunque: perché?

«Perché è e rimane il personaggio più forte, centrale, dell’Unione europea. Nella partita in corso, lei è come il Re negli scacchi. Devono riuscire a darle scacco per trasformare la Ue in una “Europa delle patrie” rette da sistemi illiberali nazionali, di cui Orbàn e i suoi migliori alleati, i governanti polacchi, parlano. Scacco al re, anzi regina in questo caso, nel nome di nazionalismo e onnipotenza degli Stati nazionali, il vero male del Ventesimo secolo, a mio modo di vedere».

Ma sono comunque popolarissimi in patria: perché?

«Perché gli elettori da noi sono frustrati e depressi, sebbene non manchi chi scende in piazza per protestare contro questi governi antiliberali. È sempre facile in Europa orientale, dove esistono persino opposizioni a destra di Orbán o del PiS polacco, giocare la carta del nazionalismo, dire che occorre resistere ai diktat in arrivo da fuori. Il potere è così forte da creare oligarchi che poi lo sostengono».

I cittadini condividono dunque il no alla solidarietà europea dei loro politici?

«Purtroppo, giocando la carta della resistenza nazionalista contro presunti ricatti di Bruxelles o Berlino, hanno distrutto il principio stesso della solidarietà, legame e valore fondamentali dell’Europa. Vogliono tutto dalla Ue, ma non danno nulla in cambio. La gente dimentica gli ingenti aiuti e investimenti europei. E l’egoismo degli Stati nazionali, definiti da Nietzsche “bruti che si servono da sé”, distrugge i valori costitutivi europei. Ma in patria slogan e propaganda convincono.

Quanto è pericoloso tutto questo?

«Molto, perché le democrazie occidentali si stanno mostrando deboli a fronte di questi semi-dittatori. Germania, Francia, Italia, in quanto Stati liberali, non sono portati ad assumere linee dure o sanzioni. Se resteranno deboli, l’Asse e i suoi potenziali seguaci potranno davvero mettere a rischio la Ue e i suoi principi»

L’Europa democratica dovrebbe reagire più duramente?

«Non so come dovrebbe reagire, ma so che deve mostrarsi forte. Difendere i suoi valori. E capire la serietà della sfida illiberale di cui Orbán è l’ideatore: lui invita tutti a non sentirsi più innanzitutto europei. Nel futuro non temo certo guerre europee, ma sostengo che il virus illiberale e demagogico potrà diffondersi e minare le fondamenta democratiche dell’Europa, contando sulla capacità di condizionare l’elettorato con un messaggio forte e populista».


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