Unità attorno alla Costituzione
di Vittorio Cristelli (vita trentina, 20 marzo 2011)
Il 17 marzo è stato dichiarato festa nazionale per i 150 anni dell’Unità d’Italia. C’è chi si è dissociato e non intende far festa, argomentando che 150 anni fa il proprio territorio non faceva parte dell’Italia e il Trentino Alto Adige è tra questi territori. Nel frattempo si sono svolte due grandi manifestazioni di piazza. La prima il 13 febbraio per la rivendicazione della dignità delle donne, la seconda il 12 marzo in difesa della Costituzione italiana. Ambedue hanno portato in piazza un milione di persone.
E allora mi son detto: “Perché non celebrare l’Unità d’Italia attorno alla Costituzione? Perché soffermarsi sulle tappe e non guardare al traguardo cui è giunta l’Italia con la Costituzione repubblicana? Parti dell’Italia hanno avuto storie diverse: una borbonica, una veneziana, una pontificia, una austroungarica. L’Italia è stata anche monarchica e fascista.
Mi balza alla mente il nostro Alcide De Gasperi, che era parlamentare austroungarico, e poi divenne artefice in posizione di alta responsabilità della Costituzione italiana. Rilanciamo ancora i borbonici, i veneziani, i papalini, e gli austroungarici? E perché non anche i monarchici, i fascisti e, più in là, i longobardi, i vandali, gli unni, gli ostrogoti, i visigoti e i celti?
Assumendo l’esempio della maturazione della persona, questo ritorno al passato in termini clinici si chiamerebbe regressione allo stato adolescenziale o addirittura infantile. L’elaborazione della Carta costituzionale ha rappresentato un vero e proprio esame di maturità in cui si sono confrontate visioni diverse, ideologie contrapposte, e hanno raggiunto quelle sì l’unità sfociata nel frutto finale costituito da una vera e propria patente di maturità: una delle Costituzioni migliori al mondo.
Accennavo alle manifestazioni per la dignità delle donne e in difesa della Costituzione. Ne cito solo il primo comma dell’articolo 3 che potrebbe fungere da bandiera: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religioni, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Ci sono tutti: gli uomini e le donne, i celti, i normanni, i reti e i longobardi; i parlanti italiano, francese, tedesco o ladino; i cattolici e i protestanti, ma anche i musulmani e i non credenti; quelli di sinistra e di destra; i ricchi e i poveri. E tutti convergono in unità. -Ma di unità, come diceva già Emanuele Kant, si può parlare solo tra diversi. Perché altrimenti si tratta di omologazione.
Questo discorso vale a maggior ragione oggi che dobbiamo tendere ad un’unità ancora più larga, e cioè all’unità europea. Stridono fino alla contraddizione le richieste dell’intervento unitario europeo per affrontare l’emergenza emigrati dal Magreb in fiamme fatte da chi fino a ieri parlava di secessione di una parte d’Italia dall’unità nazionale.
E’ vero e ne sono pienamente cosciente che l’unità sui valori della Costituzione è un’unità culturale, ma propria per questo è importante perché terreno fecondo su cui può realizzarsi l’unità politica. Se manca ancora l’unità politica dell’Europa è perché ci si è ripiegati solo sull’unità economica. Lo diceva a chiare lettere Jean Monnet, uno dei fondatori della Comunità economia europea (Cee), quando osservò: “Se fosse necessario ricominciare lo farei a partire dalla cultura”. E allora si può ben dire che gli attacchi più pericolosi all’unità d’Italia oggi, ben più di quelli al tricolore e all’inno di Mameli, sono quelli diretti a scardinare la Costituzione. E i Comitati Dossetti in difesa della Costituzione sono presidi intelligenti dell’Unità d’Italia.