Inviare un messaggio

In risposta a:
"DA DOVE VENIAMO? CHI SIAMO? DOVE ANDIAMO?": IMPRESSIONISMO, POST-IMPRESSIONISMO .... E "L’ORIGINE DEL MONDO" (Gustave Courbet, 1866).

ARTE E CONOSCENZA: LA RIVOLUZIONE DELLO SGUARDO. Dal Musée d’Orsay di Parigi al Mart di Rovereto (Trento), opere di Monet, Cézanne, Pissarro, Sisley, Renoir, Degas, Toulouse-Lautrec, Van Gogh, Gauguin, Morisot, Vuillard, Bonnard, Denis, Courbet. Una breve presentazione, con una nota - a c. di Federico La Sala

(...) una rilettura di quel cruciale passaggio che ha preparato il terreno alle avanguardie artistiche europee del primo Novecento (...)
venerdì 8 febbraio 2013 di Federico La Sala
[...] I capolavori di questi ed altri artisti saranno presenti nella mostra del Mart: un’occasione unica per conoscere da vicino, attraverso opere esemplari, il più entusiasmante periodo della ricerca pittorica tra Ottocento e Novecento [...]
Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? (Paul Gauguin, 1897)
"Duemila anni fa, un ovulo fu miracolosamente fecondato dall’azione soprannaturale di Dio, da questa meravigliosa unione risultò uno zigote con un patrimonio cromosomico proprio. Però in (...)

In risposta a:

> ARTE E CONOSCENZA: LA RIVOLUZIONE DELLO SGUARDO. --- "The Progress of Love"(" Il percorso dell’amore): Stella e David - "L’origine du monde" e "Lichen" di Alice Munro (di Alessandra Sarchi)

mercoledì 28 agosto 2019

"L’origine du monde" e "Lichen" di Alice Munro di Alessandra Sarchi *

      • CONTINUAZIONE E FINE

-  L’immagine, tradotta in fotografia, entra viceversa nel racconto di Munro come oggetto proibito imposto con sfacciataggine all’attenzione. Con l’intento di scandalizzare Stella, che pazientemente ne sopporta le confidenze, David esibisce un trofeo - la fotografia - che dovrebbe testimoniare la sua passione per una giovanissima studentessa trasgressi-va con la quale intende soppiantare la fragile Catherine.9
-  Ma Stella trasferisce con un paragone visivo l’immagine dal campo erotico a quello funebre-animale (un roditore mutilato) a quello vegetale, (sembra un lichene); smorza la qualità estetica che pure riconosce - nelle gambe lisce, dorate e statuarie come colonne - e ne individua la natura di preda catturata, di residuo inanimato. In poche parole: ne coglie il valore di feticcio.10
-  L’immagine così riletta da Stella comunica la pena della condizione femminile, come oggetto passivo di desiderio, in cui lei stessa, Catherine e Dina sono accumunate, infatti nello scambio di battute che segue l’esibizione della fotografia risulta evidente il gioco dei ruoli e delle dinamiche antiche fra marito e moglie: David che millanta nuove conquiste amorose e Stella che ostenta freddezza, anche se prova fastidio nel rivedere in questa girandola vacua il fallimento del proprio rapporto con David («A Stella sfugge un sospiro più rumoroso ed esasperato di quanto fosse nelle sue intenzioni»).
-  Tuttavia l’immagine di una sessualità esibita, provocatoria e feticista, contenuta nella fotografia non è esclusivamente piegata a fare da specchio a una condizione femminile di minorità. Nel corso della cena David si assenta con una scusa per andare a fare una telefonata a Dina. Il telefono al quale la chiama suona a vuoto, David riprova con il numero di quello che sospetta essere il suo amante coetaneo, ma anche questo non risponde. Si fa allora prendere dall’angoscia e dal dubbio di essere a sua volta poco più che un diversivo per una ragazza troppo giovane per essere realmente interessata a lui. Nel frattempo Catherine, rimasta sola con Stella, le confessa che David, ossessionato dalla giovinezza, ha iniziato a tingersi i capelli.
-  L’umiliazione che, fino a questo punto del racconto, era quasi tutta al femminile diventa fardello comune, anche di David. Tutti, uomini e donne, invecchiano, s’ingannano con amori destinati a evaporare, con struggimenti che consumano. Cosa rimane in questo processo distruttivo? La fotografia, intenzionalmente lasciata da David in casa di Stella. Stella la ritrova una settimana più tardi mentre riordina il soggiorno, dietro le tende in un angolo della finestra. Ovviamente stando al sole è sbiadita, i colori hanno virato: l’immagine, qui alla sua finale apparizione, si è sfuocata del tutto. Le parole di Stella sono diventate realtà. Il contorno del seno è svanito. Impossibile riconoscere in quelle un paio di gambe. Il nero è diventato grigio, la tinta arida e tenue di un vegetale misteriosamente nutrito dalle rocce. «Colpa di David. L’ha lasciata lì al sole».
-  La fotografia è il lascito di David, l’eredità scomoda di un uomo e di una relazione da cui Stella avrebbe voluto liberarsi. Nel corso della loro vita coniugale, rievocata nel racconto, era stata Stella infatti a dire: «Siamo stati tanto tempo insieme, non si potrebbe tagliare corto ora?». Tagliar corto non è possibile perché David, nella cornice di una ex-coppia emancipata che non ha interrotto i propri rapporti, ha fatto di Stella, in questo compiacente, una confidente delle proprie traversie amorose prolungando un legame sempre pronto a riemergere nei ricordi comuni, nell’irrisolutezza delle reciproche ferite.
-  Ma il feticcio di David, un oggetto talmente carico di fantasmi che David chiede a Stella di custodirlo per lui, poiché dichiara di sentire l’irrefrenabile desiderio di mostrarlo a Catherine e rompere così nell’immediato una relazione già languente, ha subito una metamorfosi che ne ha rivelato appieno la natura. Bruciati dal sole i colori e i contorni, è emersa l’immagine vera, quella che Stella aveva visto oltre il visibile: di Dina a David non importava un granché, di lei non sarebbero rimasti che una macchia senza sagoma, un ricordo sbiadito e intercambiabile con quello di altre che l’avevano preceduta o che l’avrebbero seguita. Stella intuisce tutto questo al primo colpo, vede oltre quello che David le mostra, prevede l’esito di una storia che s’incarna nella metamorfosi materiale del suo feticcio fotografico.11
-  La fotografia sbiadita nel momento in cui non restituisce più le fattezze della ragazza, ma solo un mucchietto di pelo, ed è quindi al massimo grado finzione, deformazione e trasfigurazione del reale, coincide con la verità più profonda. Esattamente quello che Munro mette in atto con la propria scrittura piena di dettagli realistici che nulla hanno di meramente descrittivo ma tendono sempre a cogliere la piega in cui la realtà si trasforma in qualcosa d’altro. Il soggetto della fotografia è diventato un lichene, le parole di Stella si sono avverate. E che cos’è un lichene se non una sopravvivenza vegetale che caparbiamente afferma la propria vita sulle rocce inospitali di cui si nutre? Una pianta simbiotica che presuppone un equilibrio stabile con l’ambiente. Non più un animale mutilato ed esposto crudamente al nostro sguardo, bensì una pianta pervicace in grado di sopravvivere nelle condizioni meno favorevoli.
-  Nell’ipertesto visivo e verbale che Munro costruisce, il lichene, che in inglese si pronuncia in maniera omofona al verbo “to liken” (congiungere, portare insieme per processo di rassomiglianza), quadro e fotografia, David e Stella, maschile e femminile si ritrovano assimilati a un processo di rigenerazione. Come il soggetto del dipinto L’origine du monde voleva essere una riflessione sul luogo oscuro da cui nasce la vita, così il lichene in cui si trasforma, per combustione prima dell’immaginario poi della materia vera e propria, è l’equivalente di un processo di generazione e rigenerazione che avviene per il tramite della parola.
-  Alice Munro, evitando in questo caso il paragone su cui era basato viceversa il racconto La vergine mendicante, ha operato in Lichene una doppia trasposizione: dal dipinto alla fotografia, dalla fotografia alla sua descrizione verbale, fino alla dissoluzione della sua materialità e alla sua trasformazione metamorfica e metaforica. Ed è tanto più significativo che nella finzione narrativa il dipinto sia stato tradotto in un’immagine fotografica: è alla fotografia che genericamente si attribuisce un valore testimoniale e documentaristico ma nel racconto, viceversa, si rivela ambigua e inaffidabile. Infatti non è il soggetto evidente della fotografia, il ritratto impudico del bacino di una giovane donna, ciò che Stella vede e verbalmente descrive, piuttosto un suo traslato. L’esito di un atto distruttivo, frutto dell’ennesima proiezione della paura di morte e invecchiamento di David che, non a caso, abbandona la fotografia in casa di Stella, per liberarsi del proprio demone.
-  In questa parabola s’inscrive il disegno delle vite sentimentali di Stella e David, ma anche una metafora della scrittura stessa di Alice Munro.

      • Le parole di Stella sono diventate realtà. Questo pensiero le tornerà spesso in mente: una sospensione inattesa, un mancamento improvviso del cuore, una breve fitta ribelle nel fluire dei giorni che lei ininterrottamente manda avanti.

La fitta ribelle che colpisce Stella è l’incrinatura dove la narrazione di Munro si fa rivelatrice di ciò che soggiace e oppone resistenza al fluire consequenziale degli eventi e dei giorni.

Lichene può essere letto come un manifesto di poetica, poiché rispecchia la trasformazione laboriosa e dissimulata con cui Munro tratta i propri materiali narrativi, solo apparentemente resi al naturale, come il fluire disinvolto e casuale delle conversazioni e dei pensieri dei suoi personaggi.
-  Il riferimento al quadro di Courbet è perfettamente annegato e assorbito all’interno del testo, tanto che potrebbe sfuggire al lettore che non abbia nozione del dipinto, e non per questo il racconto perderebbe in efficacia espressiva o consequenzialità. La dissimulazione è una cifra profonda della scrittura di Munro, all’interno di quella medietas di vite e di orizzonti che con coerenza racconta, ma è anche un gesto autobiografico: in più di un’occasione Munro ha raccontato la difficoltà di dare a una vocazione, quella letteraria, vista come stravagante e perfino disdicevole, specie per una donna, all’interno della comunità in cui viveva.
-  La dissimulazione dei riferimenti, specie di quelli colti, e degli artifici rende la sua scrittura prossima agli effetti del più classico naturalismo, ma è in racconti come Lichene che intravediamo la grande manipolazione necessaria al raggiungimento di tale effetto e la fiducia, metaforicamente espressa nella combustione-metamorfosi della fotografia, che solo dopo avere bruciato molto la scrittura possa generare qualcosa di essenziale e destinato a sopravvivere.
-  È possibile circostanziare il modo in cui Munro venne a conoscenza del dipinto che in Lichene occupa un posto tanto centrale, anzi, che si direbbe al cuore della sua stessa composizione?
-  Il racconto fu scritto da Munro in un periodo precedente al 1985, prima data di pubbli-cazione. Non sappiamo se la scrittrice fosse a conoscenza dell’ubicazione de L’Origine du Monde, che rimase vaga nella bibliografia fino al 1986, quando Elisabeth Roudinesco nel secondo tomo de L’Histoire de la Psychanalise en France rese noto che il dipinto era stato posseduto da Jacques Lacan e custodito nella biblioteca-atelier della casa di campagna di Guitrancourt, dove lo psicanalista si ritirava per ricevere ospiti insieme alla seconda moglie, Sylvie Bataille. Il dipinto veniva occasionalmente mostrato, e con un certo cerimoniale da parte di Lacan, a visitatori speciali, artisti e studiosi.
-  Non è possibile escludere del tutto che Munro conoscesse tale ubicazione e i rituali di cui il dipinto era fatto oggetto, ma è più probabile che lo conoscesse attraverso quelle pubblicazioni come il numero 59 dell’«Art Press» del maggio 1982, dedicato all’osceno, o attraverso testi come Le Sexe de la femme di Gérard Zwang (Paris, 1976) o altri manuali di storia dell’erotismo in cui figurava il dipinto, riprodotto sempre con la fotografia, non dell’originale di Courbet, bensì di una fedele copia. D’altra parte, il quadro originale fu esposto al pubblico americano solo in occasione della mostra, Courbet reconsidered, organizzata da Linda Nochlin al Brooklyn Museum of Art nel 1988, mentre in Francia si vide per la prima volta nell’esposizione dedicata dal museo d’Ornans, nel 1991, ad André Masson.
-  Sappiamo che il dipinto, entrato a far parte della collezione del Museé d’Orsay nel 1995, dopo la morte di Sylvie Bataille (dicembre 1993) che lo aveva ereditato a sua volta in seguito alla morte di Lacan nel 1981, era stato provvisto di un pannello dipinto che ne copriva la vista. Tale pannello era stato espressamente commissionato al pittore surrealista André Masson, cognato di Sylvie Bataille, al fine di procurare una cortina domestica al dipinto di Courbet, che Lacan riteneva opportuno mostrare solo di persona a scelti visitatori, secondo un procedimento di svelamento per iniziati che aveva accompagnato il dipinto fin dalla sua nascita e dall’ingresso nella collezione del primo proprietario, il diplomatico turco Khalil-Bey che lo aveva tenuto, a sua volta, celato dietro un altro quadro.12
-  Il pannello commissionato a Masson consisteva di un paesaggio dipinto con un morbido tratto bianco su uno sfondo color ruggine; a chi conoscesse il retrostante supporto non sarebbe sfuggita l’analogia: Masson aveva dipinto una specie di negativo dell’originale, un paesaggio sagomato sul corpo nudo femminile in cui i seni erano diventati colline, mentre i ciuffi di pelo dell’organo sessuale in vista erano stati trasformati in un cespuglio.13 La cortina dipinta da Masson era in realtà una rilettura e una trasposizione grafica di per sé allusiva, una variazione sul tema non meno originale e arguta del dipinto di Courbet.
-  La storia collezionistica del quadro sembrerebbe dunque essere ‘mimata’ e allusa all’interno di Lichene. Darebbe soddisfazione ai filologi sapere che Munro fosse a conoscenza di tutti questi dettagli della vita del quadro: la sua appartenenza al celebre studioso del rapporto fra psicanalisi e linguaggio, il pannello di Masson - che trasfigurava il corpo della donna in vegetazione - così come, nel racconto di Munro, avviene alla fotografia; ma in realtà non ce n’è bisogno. Le opere d’arte provocano fra di loro cortocircuiti dell’immaginazione e risignificazioni, anche in assenza di quelle informazioni così necessarie, invece, al lavoro storico.
-  Di certo L’origine du Monde, uno dei dipinti meno noti del pittore fino a una quindicina di anni fa, è stato capace di innervare la creatività di numerosi artisti visivi, da André Masson a Marcel Duchamp che aveva incontrato Lacan nel 1958 e che rielaborò il dipinto nel suo Étant données, e numerose, soprattutto dagli anni ’90 in poi, sono anche le rielaborazioni letterarie.14 Tra queste ultime, Lichene è il racconto che meglio ha sfruttato il tema del desiderio e le sue possibilità metamorfiche. Ed è significativo che sia stato scritto quando ancora il quadro non era diventato, come è oggi, l’icona mediatica che contende la celebrità dei musei parigini alla Gioconda, ossia quando ancora l’immagine non era stata consumata e conservava invece intatto il proprio mistero, l’idea di accesso al proibito e la possibilità di rivelazione, la fantasticheria erotica e il culto feticistico iscritti nella sua forma e nella sua storia.

* "L’origine du monde e Lichen di Alice Munro" di Alessandra Sarchi ("Arabeschi",n. 2, luglio-dicembre 2013) - ripresa parziale, senza immagini e senza note.


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: