I nuovi media in Medio Oriente
Come corre la rivoluzione al ritmo di Internet
di Carlo Antonio Biscotto ( il Fatto, 29.03.2011)
Le rivolte in Tunisia, Egitto e Libia e le manifestazioni che stanno scuotendo dalle fondamenta l’intero Medio Oriente hanno portato alla ribalta il ruolo politico dei cosiddetti “social media” come strumenti di critica dei regimi e di organizzazione del dissenso.
Che poi la prima “rivoluzione in rete” dell’era moderna abbia avuto per palcoscenico il mondo arabo e non - come molti studiosi prevedevano - l’Asia, è in parte sorprendente, ma non cambia di una virgola l’analisi del fenomeno. Non sono stati, ovviamente, Facebook e Twitter a scatenare le sollevazioni popolari contro regimi brutali, oppressivi, corrotti e impopolari, ma i social network hanno fatto emergere un malcontento diffuso che covava da tempo sotto la cenere.
E L’ONDATA di collera che investe gli autocrati arabi non risparmia nessuno... Come un tam tam, Twitter, Facebook, gli sms, i video, i blog dilagano oltre che in Tunisia, Egitto e Libia anche in Giordania, in Marocco, in Siria, nello Yemen, in Bahrein mentre in aree lontane del mondo - in Cina, ad esempio - le classi dirigenti temono il contagio. Ma il ruolo di Internet non è stato identico in tutti i Paesi. In Tunisia Twitter e Facebook sono stati elementi cruciali per la diffusione di messaggi, ma non hanno dato un contributo significativo nel far conoscere all’estero le ragioni e le dimensioni della protesta.
In Egitto, invece, gli organi d’informazione internazionali, come Al Jazeera, hanno immediatamente puntato i riflettori su quanto accadeva nel Paese. Stando a quanto riferito da Opennet Initiative, Mubarak ha progressivamente oscurato l’accesso a Internet. Non è servito: Google ha ideato un sistema che ha consentito ai rivoltosi di registrare con il cellulare brevi messaggi da postare successivamente in rete. Alcuni provider francesi hanno messo a disposizione connessioni gratuite a chi si collegava dall’Egitto. Diverso lo scenario mediatico in Libia. Anzitutto solo il 5% della popolazione ha accesso a Internet (rispetto al 34% in Tunisia e al 24% in Egitto) e inoltre l’unico provider è controllato dalla famiglia Gheddafi.
MA I GIOVAN Ilibici si sono serviti dei cellulari satellitari, della possibilità di connettersi a Internet con i telefonini di ultima generazione e hanno dato prova di grande inventiva. A lasciare stupefatti è l’accelerazione che le nuove tecnologie hanno impresso alla Storia. Quando l’uomo inventò la polvere da sparo ci vollero secoli prima che le armi da fuoco diventassero strumenti di guerra. Internet ha 20 anni, Facebook 7 e Youtube appena 6. In così poco tempo sono diventate armi letali puntate contro i palazzi del potere.
Cosa avrebbero potuto o potrebbero fare in futuro i dittatori al potere per opporsi alla marea montante di giovani che su Facebook, su Twitter, sui blog, con gli sms, con i video postati su Youtube, chiedono le dimissioni di governi corrotti e maggiore democrazia? Sparare sulla folla e oscurare Internet? Strada poco praticabile. Al mondo ci sono pochi Golia e molti Davide... online. L’economia moderna dipende sempre più da Internet emisure volte ad ostacolare le comunicazioni avrebbero pesanti ricadute sulla situazione economica. La rivoluzione è di nuovo una spontanea sollevazione di popolo. Non ci sono più gruppi di cospiratori clandestini che il potere è quasi sempre riuscito a controllare e a vanificare infiltrandoli e manovrandoli.
QUASI 500 ANNI FA Lutero rivoluzionò società e religione dell’Europa con la stampa. Con l’avvento di Internet e dei social network quel mondo è tramontato. Controllare la stampa e la tv era facile, Internet è quasi impossibile. In una vignetta apparsa su un quotidiano tunisino in lingua francese, un anziano chiede a un giovane: “Ma insomma chi è il nuovo primo ministro?” e il giovane risponde: “Facebook”.