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ESPERIMENTO " ITALIA". L’ANNO DELLA VERGOGNA (1994): NASCE IL PARTITO-NAZIONE DEL "NUOVO" PRESIDENTE DELLA "REPUBBLICA" ... E C’E’ ANCORA!!! "FORZA ITALIA": VIVA IL "POPOLO DELLA LIBERTA’"!!!

CULTURA E CRITICA. RIPENSANDO ALLA STORIA DI AXEL SPRINGER, E’ DA DIRE CHE L’ITALIA HA ’BATTUTO’ LA GERMANIA ALLA ’GRANDE’! Una nota di Federico La Sala

GIORGIO BACKHAUS: "Springer usa il suo potere per creare i sudditi ideali dei nuovo regime ... Con strumenti infinitamente più moderni ed efficienti... Il suo ruolo è qúello di massimo battistrada del nuovo autoritarismo (...)"
martedì 12 aprile 2011 di Federico La Sala
[...] la vicenda di questo editore merita di essere presa in considerazione come un problema che ci riguarda tutti, non solo per il peso che le sorti della Germania hanno nel contesto europeo, ma anche e soprattutto per individuare le linee tendenziali della manipolazione degli individui in una società di massa, vale a dire in tutti i paesi a capitalismo maturo [...]
"PUBBLICITA’ PROGRESSO": L’ITALIA E LA FORZA DI UN MARCHIO REGISTRATO!!!
IL BERLUSCONISMO E IL RITORNELLO DEGLI (...)

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> CULTURA E CRITICA. RIPENSANDO ALLA STORIA DI AXEL SPRINGER ---- Se Italia e Germania ristudiano la storia. Un convegno per costruire una memoria comune su nazismo e fascismo. - Italiani e tedeschi preparano l’atlante delle stragi naziste.

mercoledì 6 aprile 2011

Un convegno per costruire una memoria comune su nazismo e fascismo

Se Italia e Germania ristudiano la storia

Lo studioso di Monaco: "Stiamo raccogliendo le testimonianze dal basso. Da noi come da voi c’è stata, a lungo, una percezione blanda dei crimini commessi"

di Vanna Vannuccini (la Repubblica, 06.04.2011)

L’immagine di una Wehrmacht dalle mani pulite, non coinvolta nei massacri della popolazione civile, ha resistito in Germania fino alla metà degli anni ’90, quando 5 milioni di tedeschi visitarono la mostra itinerante Crimini della Wehrmacht 1941-44 e la verità nota agli storici cominciò a farsi strada tra l’opinione pubblica. Quella mostra riguardava il fronte orientale, dalla Serbia a Stalingrado. Sul fronte italiano, invece, la memoria di una Wehrmacht che si è "comportata bene" non è mai stata seriamente compromessa. I ricordi collettivi di occupanti e occupati restano divergenti, nonostante i fatti. Come trovare denominatori comuni di memoria? Una coscienza storica europea che si proietti nei libri di scuola è lontana. La memoria resta nazionale. Ne parliamo con Thomas Schlemmer, uno dei componenti della Commissione storica italo-tedesca che su incarico dei due governi presenta in questi giorni le conclusioni di tre anni di indagini sull’occupazione tedesca in Italia: «Che la guerra della Wehrmacht sia stata una guerra criminale la storiografia lo aveva elaborato da tempo - dice - ma c’è voluto fino agli anni ’90 perché questo si affermasse nella coscienza collettiva. Ed è successo anche perché la generazione dei veterani sta scomparendo. Anche in Italia c’è difficoltà a riconoscere il ruolo dell’esercito nella guerra fascista e i crimini nei territori occupati».

Il metodo di lavoro della commissione si basa sui racconti dei singoli, attraverso lettere, documenti: «La Erfahrungsgeschichte, o storia delle esperienze vissute, è il tentativo di coniugare la storia dal basso con quella dall’alto», spiega Schlemmer. «Sulla grande scala di migliaia di vite vissute, raccontate e interpretate si rispecchiano i preconcetti indotti dalla propaganda, i condizionamenti provocati dagli stereotipi. Sugli italiani ad esempio pesava lo stigma del "doppio tradimento". In tante lettere dal campo si vede che l’idea del tradimento provocava desideri di vendetta. Sul fronte orientale invece fu decisivo il convincimento che obiettivo dei russi fosse lo sterminio del popolo tedesco e lo stupro delle loro donne.

Insomma questo metodo permette di cogliere i collegamenti tra la Grande Politica, la propaganda, e l’azione delle unità militari; e di capire come venissero plasmati i modelli mentali che strutturavano la percezione e condizionavano l’agire. Accanto all’ordine dall’alto c’è quasi sempre un piccolo margine di manovra individuale, quello che ti fa scegliere tra uccidere sul posto il disertore o fingere di non vederlo».

Attraverso le nuove fonti, si è cercato di guardare dietro l’immagine generalizzante de "i tedeschi" o della Wehrmacht, e de "gli italiani" o dei "partigiani". Continua il professore: «Abbiamo elementi che modificano alcune percezioni rispetto alla guerra contro i partigiani; così le ricerche di Amedeo Osti ci riservano molte sorprese sui rapporti tra forze armate tedesche e fasciste, ad esempio le Brigate nere: la politica del non fare prigionieri era fortemente voluta dai fascisti, e sono stati spesso gli ufficiali tedeschi a dire basta. Insomma la complessità dei rapporti tra cittadini e truppe occupanti viene fuori con maggiore chiarezza».

Le testimonianze sono state tratte da lettere dal campo, che erano censurate e quindi sono state interpretate, e poi da diari e fotografie: «Abbiamo messo un appello su uno di quei giornali gratuiti, letti soprattutto dagli anziani, che si trovano sui treni metropolitani o sugli autobus, che ha avuto grande risonanza. Abbiamo esaminato diari di soldati che avevano allora 17 anni e che parlano di una "mamma italiana" che gli dà da mangiare dicendogli: "ho un figlio soldato e spero che trovi anche lui là dov’è una mamma che lo aiuti"».


Italiani e tedeschi preparano l’atlante delle stragi naziste

di Antonio Carioti (Corriere della Sera, 06.04.2011)

Nel nostro Paese non se ne parla da tempo, ma la commissione storica italo-tedesca sulla Seconda guerra mondiale, istituita nel marzo 2009, ha lavorato sodo. E presenterà i risultati raggiunti oggi a Milano, in un incontro pubblico presso l’Ispi, in via Clerici 5, a partire dalle 16. La commissione è stata istituita dai governi di Roma e Berlino per dare un «contributo alla costruzione di una comune cultura della memoria» , in seguito al contenzioso sollevato da parenti di vittime di stragi naziste e da militari italiani internati nel Terzo Reich (gli Imi).

La vicenda ha fatto discutere, per l’accavallarsi tra esigenze politiche e lavoro degli studiosi. Mostra perplessità sul concetto di «memoria comune» lo stesso Paolo Pezzino, storico dell’ateneo di Pisa e membro della commissione: «Secondo me bisogna parlare piuttosto del riconoscimento dei rispettivi punti di vista nel quadro di una storia complessa, fatta di relazioni non solo conflittuali tra Italia e Germania nel periodo 1940-45. Nel documento finale, da presentare nel marzo 2012, vogliamo mettere in luce le differenti ragioni degli italiani e dei tedeschi, ma anche le interazioni tra gli uni e gli altri» .

A tal scopo la commissione ha avviato un vasto lavoro di ricerca: «Abbiamo esplorato per la prima volta il fondo delle richieste che gli internati militari italiani facevano al Tesoro per fini pensionistici: oltre 200 mila fascicoli. Poi abbiamo vagliato la memorialistica degli Imi e i verbali degli interrogatori cui erano sottoposti al ritorno dalla Germania. Inoltre stiamo completando un atlante delle violenze contro i civili compiute dai nazisti in Italia. E abbiamo consultato dei fondi, finora inesplorati, contenenti le lettere dei militari tedeschi di stanza nella penisola» . Ne scaturiranno varie pubblicazioni: con tutte le riserve che si possono nutrire sul mandato della commissione, di certo la sua opera sarà utile agli studiosi.


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