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INDIVIDUO E SOCIETA’ E COSTITUZIONE, IERI COME OGGI. USCIRE DALLO STATO DI MINORITA’, APRIRE GLI OCCHI: C’E’ DIO E "DIO", PATRIA E "PATRIA", E FAMIGLIA E "FAMIGLIA" .....

ROMOLO AUGUSTOLO: L’ITALIA NON E’ NUOVA A QUESTI SCENARI. C’E’ CAPO E "CAPO" E STATO E "STATO": MUSSOLINI E LENIN A CONFRONTO. L’analisi di Gramsci (già contro derive staliniste!), una bussola per non naufragare e una lezione di vita e di libertà - a c. di Federico La Sala

ANTONIO GRAMSCI (1924): "Roma non è nuova a questi scenari polverosi. Ha visto Romolo, ha visto Cesare Augusto e ha visto, al suo tramonto, Romolo Augustolo".
venerdì 21 dicembre 2012
[...] Benito Mussolini ha conquistato il governo e lo mantiene con la repressione piú violenta e
arbitraria. Egli non ha dovuto organizzare una classe, ma solo il personale di una amministrazione.
Ha smontato qualche congegno dello Stato, piú per vedere com’era fatto e impratichirsi del mestiere
che per una necessità originaria. La sua dottrina è tutta nella maschera fisica, nel roteare degli occhi
entro l’orbite, nel pugno chiuso sempre teso alla minaccia... [...]
IMMAGINARIO E (...)

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> ROMOLO AUGUSTOLO: L’ITALIA NON E’ NUOVA A QUESTI SCENARI. ---- IL BARONE E L’INVERTITO. COMUNITA’ SCIENTIFICA E ACCADEMICA E CASO ROBERTO DE MATTEI (di Marco D’Eramo).

martedì 12 aprile 2011

Il barone e l’invertito

di Marco D’Eramo (il manifesto, 12 aprile 2011)

Invertiti, avvertiti, convertiti, divertiti, pervertiti, riveriti, sovvertiti di tutta Italia, unitevi! Anzi uniamoci contro l’esimio barone Roberto De Mattei che sulle onde di Radio Maria attribuisce la caduta dell’impero romano all’«effeminatezza degli invertiti» e teme per l’Italia «l’invasione dell’Islam» («religione indubbiamente basata sulla violenza e sulla sopraffazione»). Uniamoci noi per liberarci di quest’inquietante macchietta, che non è un radioimbonitore qualunque, ma è il vicepresidente del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr).

Cioè dell’organo statale preposto alla ricerca scientifica. Facciamolo, visto che migliaia e migliaia di intrepidi scienziati italiani se ne guardano bene. E, per ragioni di bottega, lo temono e si tacciono. Questo paladino del razionalismo critico era noto finora per le tesi creazioniste, per avere organizzato nel 1999 un convegno antidarwiniano e per aver scritto nel 2009 Evoluzionismo: il tramonto di un’ipotesi, pamphlet finanziato con 9.000 euro di denaro pubblico.

Ma da ultimo si è superato, prima con la fantasiosa spiegazione del perché declinò la civiltà classica (un declino davvero lungo: Socrate e Platone «invertiti» erano - per usare l’elegante termine di De Mattei - nove secoli prima che l’impero romano fosse dissolto). E poi per aver spiegato, sempre su Radio Maria, che il terremoto e lo tsunami che hanno colpito il Giappone «sono una voce terribile ma paterna della bontà di Dio», tesi ribadita ieri in un’intervista ad Antonio Gnoli di Repubblica: «Anche i popoli possono peccare e per questo essere puniti».

Non sappiamo se De Mattei sarà ricordato come l’uomo che schiantò Darwin. Ma certo già oggi è colui che ha disintegrato la reputazione prima di Letizia Moratti e Mariastella Gelmini, e poi dell’intero corpo scientifico italiano. Infatti quel che rende insopportabili le panzane del già professore associato all’università di Cassino è quel che il pensiero femminista chiama «il luogo di enunciazione».

Molti telepredicatori statunitensi propagano castronerie ancora più surreali, ma almeno loro non sono stati messi alla testa dell’apparato pubblico di ricerca scientifica. Invece le ministre Moratti e Gelmini lo nominarono nel consiglio d’amministrazione del Cnr per ingraziarsi un po’ il Vaticano e un po’ la corrente di Gianfranco Fini, visto che De Mattei è considerato in quota ai finiani: e quest’affiliazione non è estranea all’indulgenza, soprattutto recente, mostrata nei suoi confronti dai professori di centrosinistra. Certo che De Mattei al Cnr è come un iconoclasta alla Galleria degli Uffizi. Con un altro governo sarebbe stato inimmaginabile mettere un creazionista bigotto nella sala di controllo della ricerca.

Ma chi da questa storia esce peggio è la comunità scientifica e accademica italiana. Più delle corbellerie omofobe di De Mattei, a colpire è il silenzio pavido degli scienziati. È la loro viltà. Abbiamo tanto sparlato degli accademici sovietici che subirono le assurde dottrine biologiche di Lyssenko senza fiatare, per paura di perdere il posto, per compromesso, per quieto vivere, perché magari nel frattempo Stalin lasciava lavorare veri scienziati come Pyotr Kapitza e Lev Landau.

Ma allora cosa dovremmo dire dei nostri accademici, dei ricercatori che tacciono o tutt’al più mugugnano sottovoce? (Il mugugno era diritto garantito alle ciurme in cambio del divieto -pena la morte - di ammutinamento). Anzi bofonchiano. A volte persino lo difendono perché il prode De Mattei sarebbe l’unico baluardo che ripara il presidente del Cnr Luciano Maiani dalle Gelmini, dai Berlusconi, o dai tagli di Tremonti.

Il fisico Maiani è un valentuomo, ma il peso della Chiesa l’ha sentito tutto sulle sue spalle: quando nel 2007 firmò una lettera pubblicata dal manifesto in cui alcuni docenti (tra cui Marcello Cini e Giorgio Parisi) definivano «incongrua» la visita di papa Ratzinger all’università La Sapienza di Roma, come per incanto la sua nomina al Cnr fu bloccata per mesi in Commissione. È così che discepoli di Galileo, scienziati evoluzionisti e baciapile oscurantisti vivono tutti insieme felici e contenti.


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