Storia e antistoria
Il Gramsci di tutti
di Bruno Bongiovanni (l’Unità, 04.03.2012)
È tornato Gramsci. È tornato in primo luogo grazie all’edizione nazionale dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana. Fantastico è il primo volume dell’Epistolario (2009). Si va dal 1906 al 1922. Per quel che riguarda il periodo che va dalla fondazione del PcdI (21 gennaio 1921) sino alla partenza di Antonio, con Graziadei e Bordiga, per Mosca (arrivano il 2 giugno 1922), non si ha nessuna lettera. Poi vi sono le lettere, di enorme interesse, della seconda metà del 1922.
Sappiamo, ed è positivo, che i Gramsci sono stati tanti. Quello del 1914, poi della rivoluzione leninista contro Il Capitale di Marx, dei consigli operai, del partito comunista bordighiano, della bolscevizzazione, della Costituente, della lettera di Grieco, della lotta contro la strategia del socialfascismo, dei Quaderni e dell’ultimo periodo in cui, fuori dal carcere, anche se non abbiamo fonti, è respinto sicurissimamente lo stalinismo.
Eccellente è poi ora il volume di Rapone Cinque anni che paiono cinque secoli (2011) sul 1914-1919. Ed inutile è polemizzare con Veneziani o con Biocca, già noto, quest’ultimo, per le false denunce contro Silone. Li si lasci chiacchierare. Non li si ricorderà. Si presti attenzione invece a I due carceri di Gramsci (2012) di Lo Piparo, che, su questo giornale, ha pubblicato un intervento elegante. E non importa se crollerà il dogma della continuità tra Gramsci e Togliatti. E se apprenderemo con certezza che, all’uscita dal carcere (1934), per Gramsci l’Urss non rappresentava più il socialismo.
Usciamo dalla gran bonaccia delle Antille. Il Pci ha dato un enorme contributo all’antifascismo e alla nostra rinascita. Riconosciamone le differenze. E non rinunciamo, ventidue anni e mezzo dopo la Bolognina, al Gramsci antistalinista e libertario. È il Gramsci di tutti.