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IL POPULISMO, UNA FRECCIA FERMA: UN TENTATIVO OSSESSIVO DI FERMARE IL TEMPO. In memoria di Elvio Fachinelli ....

LA GRANDE TRASFORMAZIONE, I POPULISMI E LA STRATEGIA DELL’IGNORANZA. Una riflessione di Barbara Spinelli - a c. di Federico La Sala

EUROPA. "Se l’Unione è così invisa ai populismi vuol dire che potrebbe far molto, se solo lo volesse".
mercoledì 27 aprile 2011 di Federico La Sala
[...] Il rifiuto dello straniero, la designazione dell’Islam come capro espiatorio, la chiusura delle frontiere
mentali prima ancora che geografiche: i populismi odierni si riconoscono in tutto questo ma la
xenofobia non è tutto, non spiega la natura profonda della loro seduzione.
All’origine c’è una
volontà ripetitiva, sistematica, di non sapere, non vedere la Grande Trasformazione in cui stiamo
entrando comunque. C’è una strategia dell’ignoranza, come sostiene il professore di (...)

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> LA GRANDE TRASFORMAZIONE, I POPULISMI E LA STRATEGIA DELL’IGNORANZA. ---- «Contro i ladri del tempo fermiamoci!». Colloquio con Salvatore Natoli (di Bruno Gravagnuolo).

venerdì 29 aprile 2011

«Contro i ladri del tempo fermiamoci!»

Colloquio con Salvatore Natoli

a cura di Bruno Gravagnuolo (l’Unità, 29 aprile 2011)

La nostra ormai è una società inarrestabile. Dissipativa e cumulativa al contempo. Con immense perdite. La “soggettività” innanzitutto... ». Prime battute di una conversazione con Salvatore Natoli, 68 anni, nato a Patti in Sicilia, filosofo teoretico alla Bicocca di Milano. Tema: il tempo. E a cominciare da quello quotidiano e non metafisico. Il tempo del lavoro, e quello negato del nonlavoro. Come nel caso del lavoro obbligatorio che rischia di travolgere anche la festa del primo maggio.

Che intende Natoli? Questo: «Da un lato c’è il lavoro coatto a ritmi rigidi, come alla nuova Fiat: l’iperlavoro. Dall’altro il tempo vuoto del precariato, intervallato da costrizione al lavoro intermittente e fluido». Morale: «Altro che primo maggio! Non c’è più tempo per la festa in quanto tale come momento di condivisione e di reintegro della soggettività, che è poi sempre un legame con l’altro».

Dunque «soggettività espropriata », compressa dal tempo altrui. E fine del «godimento e di ogni dimensione simbolica e festosa». Eccolo allora, nelle parole di un filosofo «pagano» come Natoli, il nesso tra tempo, lavoro e individualità: il tempo vero, assaporabile, è quello del «lavoro creativo» e del creare insieme. E come dice Aristotele, «più ci si autorealizza e più si è disponibilii per l’altro...». Ideale - quello dell’autonomia «eteronoma» - che ormai non è più consentito, assieme a quella di un tempo proprio, che diventa anche «felicità e potenza» per l’altro, con il quale si è in relazione creativa e scambievole. In altre parole, un conto è la prestazione - nella quale si è dentro una relazione meccanica e parziale - altro il lavoro come elaborazione o creazione: poiesis o praxis che dir si voglia.

Ma, si può obiettare: non è un po’ troppo utopica, marcusiana e magari romantica e schilleriana, questa visione, professore? «Sì, schilleriana nel senso del gioco e dell’amore per l’artefatto. E però allontanarsi troppo da questa dimensione genera costi sociali enormi, infelicità, e cancellazione della soggettività. A beneficio di nevrosi e fantasmi ossessivi, e anche a detrimento della produttività... ». La produttività? Ma non è questo esattamente il mantra di quanti ci ripetono che non c’è tempo per le romanticherie e per i diritti nel mondo globale? «Guardi, molte piccole medie imprese in Lombardia mi convocano spesso per corsi di formazione manageriale. Hanno capito che per fare cose buone ci vogliono relazioni buone, fidelizzazione verso il proprio lavoro, e creatività come frutto di tutto questo...».

Proviamo a ricapitolare. Viviamo in una società del tempo espropriato. Pieno e vuoto, riempito di fantasmi del desiderio alienato: desiderio altrui di profitto ed efficienza. E desiderio proprio immaginario e indotto. Uno spazio dove cresce il rumore e scompare l’intervallo: l’intervallo perduto di cui parla Gillo Dorfles. Società dei flussi, satura di stress e popolata di «miti acquisitivi»: onnipotenti, maniacali, narcisistici, voyeristici. Come quelli dei reality. Finti miti desideranti in tempo irreale, che sono il contrario del vero desiderio. Dove, paradosso enunciato da Natoli, «prevale la perversione senza ribellione. Perché quando tutto è permesso è inutile rivoltarsi. E lo dimostra anche la vicenda di questo premier, tiranno senza ideali che convoca tutti ad un carnevale continuo...».

Scenario un po’ apocalittico, caro Natoli... « No, perché malgrado tutto ci sono energie importanti a far da argine in questa società. Pensi ai giovani che si impegnano sull’economia civile, sui beni comuni, sul volontariato. È tutta gente che ha capito che occorre darsi tempo, regalarsi del tempo a vicenda, per accogliersi e riconoscersi scambievolmente, che è poi il nocciolo dell’unica felicità possibile per i mortali...».

Obiezione, inevitabile: per rendere plausibile tutto questo si dovrebbe mutare tutta la scala dell’economia e delle sue priorità. E non pare proprio aria! «Rispondo che l’economia sta già dimostrando di non poter più funzionare così come adesso. Giacché certi ritmi sono insostenibili ele performances non reggono. E poi c’è lo spettro delle crisi finanziarie, e le immense regioni del pianeta depredate, che rovesciano sul mondo occidentale milioni di disperati impossibilitati a crescere laddove sono nati... ».

Dunque? «Dunque, fermiamoci, diamoci tempo, ciascuno nel suo ambito. E decidiamoci prendere le distanze da questo meccanismo infernale. Per coglierne il limite e riformarlo insieme, su scala più ampia possibile ».

Già, una volta si chiamava socialismo: crescere insieme da eguali... «Parola ancora splendida per me. Per nulla diversa dalla potenza del desiderio condiviso, di cui parlava Spinoza: homo homini deus e non lupus, come in Hobbes. O dalla volontà di potenza di Nietzsche, che non era prepotenza, ma gioia e potenza per ciascuno, elargite dall’uno all’altro. E infine per nulla diversa da un’altra parola chiave. Greca questa volta: la parresia, studiata per primo da Foucault. Significa dire tutta la verità all’altro, e accettare di mettere a rischio la propria vita in questo esercizio di autenticità condivisa. Come Socrate, come i cinici, o come gli stoici».

Bene e allora per finire due consigli di lettura, per ritornare su tutte queste cose. Due libri recenti di Natoli, ovviamente: Il buon uso del mondo (Mondadori) e L’edificazione di sé. Istruzioni sulla vita interiore (Laterza). Oltre a quanto detto, ci troverete un concetto di fondo, foucaultiano, che è poi il tema del corso di Natoli alla Bicocca: «La cura di sé». Ovvero, come lavorare ad un Io proprio forte, in accordo con gli altri. Naturalmente ci vuole un po’ di tempo...


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