Da Mina Welby a La Malfa, i mille volti del fronte del «no»
E Monicelli è il simbolo della protesta
di Alessandra Arachi (Corriere della Sera, 28.04.2011)
ROMA- Maria Antonietta Coscioni parte dal principio: «La chiamano legge sul testamento biologico. Peccato che in questa legge il biotestamento non abbia più alcun valore. La volontà della persona perde senso» . Radicale, la Coscioni è stata eletta alla Camera nel Pd proprio in virtù della battaglia vissuta sulla sua pelle con la morte del marito Luca. Il suo no al testo in esame a Montecitorio risuona forte e chiaro, proprio come quello di Mina, la moglie di Piergiorgio Welby.
Sopra di tutti quello di Beppino Englaro, il papà di Eluana, la donna chiamata a simbolo di questa legge. Dice: «Questa legge nasce da un evento che ha traumatizzato l’opinione pubblica, la morte di mia figlia Eluana. Ma per il motivo contrario a quello che dice Berlusconi. La gente è rimasta traumatizzata dalle sue parole. Soprattutto quando il premier ha detto che Eluana avrebbe potuto generare un figlio».
Ma la verità è che contro la legge in discussione alla Camera, sono parecchi i no che si levano decisi. Turbati. Sdegnati. Dal fronte politico, come dalla società civile. E se le anime cattoliche del Pd frenano, i laicismi di senatori come Ignazio Marino o Vincenza Vita trascinano. «Al Senato contro questo testo abbiamo fatto una battaglia che deve diventare un simbolo» , incita Vita. E spiega: «Non dobbiamo mai dimenticarci le parole del cardinal Villot, il segretario di Stato di Paolo VI: fu lui, in punto di morte, a dire che proprio sulla morte non c’è nessuno che possa dare lezioni. Anche Papa Wojtyla chiese di poter tornare a casa dall’ospedale, per morire» .
Walter Veltroni e Rosy Bindi, presidente del Pd, puntano il dito contro l’uso strumentale della legge che a loro dire sta facendo il Pdl. L’ecodem Ermete Realacci, invece, entra nel merito: «È sbagliato proprio fare una legge su un tema così delicato. Anche noi abbiamo sbagliato quando abbiamo cercato di farla» .
In Transatlantico il repubblicano Giorgio La Malfa passeggia nervoso: «È assurdo» , sbotta. Poi dice: «È un argomento terribile. Questo testo sancisce il dovere di continuare a soffrire» . E così dicendo interpreta gli umori che navigano anche fuori dalle mura dei palazzi. Meglio: i malumori. Come quello di Oliviero Toscani. «Ma come si permettono là dentro di decidere sulla mia morte?» . Il pubblicitario sembra non vederci dalla rabbia: «Saranno responsabili di tanti suicidi. Perché se non sarò consapevole chiederò a mio figlio di ammazzarmi, altrimenti farò come Mario Monicelli e mi butterò dalla finestra» .
Con Mario Monicelli l’attore Alessandro Haber (che a teatro sta portando Craxi sulle scene) ha girato sei film. E anche lui non esita a tirare in ballo il gesto estremo fatto dal regista della commedia all’italiana: «È stato un gesto di grande coraggio e forza. E chi sta cercando di impedirci di decidere come gestire la fine della nostra vita dovrebbe tenerne conto» .
Anche il regista Mimmo Calopresti alza le spalle e gli occhi al cielo: «Adesso non è più possibile neanche morire in pace? Se una persona lascia scritto un testamento, la sua scelta, che diritto hanno i signori che ci governano di non volerla rispettare?» .