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PER UNA SECONDA RIVOLUZIONE COPERNICANA, IN FILOSOFIA E PEDAGOGIA. DEWEY (in gran compagnia, ancor oggi) CONTRO LO SPIRITO CRITICO DELL’ILLUMINISMO ...

L’ATTIVISMO ACCECANTE DEL "FAR WEST" E IL "SAPERE AUDE" DELLA "CRITICA DELLA RAGION PURA": JOHN DEWEY SPARA A ZERO SU KANT, SCAMBIATO PER UN VECCHIO FILOSOFO "TOLEMAICO". Alcune sue pagine da "La ricerca della certezza" del 1929, con alcune note - di Federico La Sala

L’ASSASSINIO DI KANT, I CATTIVI MAESTRI E LA CATASTROFE DELL’EUROPA (COME DEGLI U.S.A.). “Come fu possibile la hitlerizzazione dell’Imperativo Categorico di Kant? E perché è ancora attuale oggi?” (Emil L. Fackenheim, Tiqqun. Riparare il mondo).
lunedì 16 maggio 2011
[...] Kant pretendeva di aver effetuato una rivoluzione
copernicana nel campo della filosofia, trattando il mondo, e la conoscenza che abbiamo di esso, dal punto di vista del soggetto conoscente. Alla maggioranza dei critici, questo tentativo di far ruotare il mondo conosciuto sul cardine dell’attività conoscitiva della mente sembra un ritorno a un sistema di tipo ultra-tolemaico.[...] Queste osservazioni non sono dirette particolarmente contro Kant, che in effetti, come si è già detto, (...)

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> L’ATTIVISMO ACCECANTE DEL "FAR WEST" E IL "SAPERE AUDE" DELLA "CRITICA DELLA RAGION PURA" --- Scienza, modello per la società (di John Dewey)

domenica 8 settembre 2013

Scienza, modello per la società

di John Dewey (Il Sole 24 Ore, 08 settembre 2013)

Ho cercato di fare un’analisi, piuttosto che esprimere una condanna dei mali della società attuale o prescrivere dei fini e ideali immutabili come loro cura. Credo infatti che le persone serie siano abbastanza d’accordo sia sui mali sia sugli ideali, almeno fino a quando sono considerati in generale. La condanna è troppo spesso soltanto un modo di dimostrare la propria superiorità. È una voce esterna alla situazione; rivela i sintomi, ma non le cause. Non è in grado di produrre nulla; sa soltanto riprodurre cose del suo stesso tipo. Per quanto riguarda gli ideali, tutti sono d’accordo nel dire che vogliamo una vita buona e tutti concordano nel ritenere che una vita buona implica libertà e un gusto che è educato per apprezzare ciò che è onesto, il vero e il bello. Ma fino a quando ci limitiamo a questi aspetti generali, le frasi che esprimono gli ideali potrebbero essere trasferite dai conservatori ai radicali, e viceversa, e nessuno sarebbe il più saggio. Perché, senza l’analisi, non si calano nella situazione reale né sono interessati alle condizioni che rendono possibile la realizzazione degli ideali. (...)

C’è chi accetta di buon grado la scienza ammesso che rimanga "pura"; si rende conto che, come oggetto da inseguire e da contemplare, è un’addizione al significato goduto della vita. Ma sente che le sue applicazioni nelle invenzioni meccaniche sono la causa di molti dei problemi della società moderna. Senza dubbio queste applicazioni hanno dato vita a nuove forme di bruttezza e sofferenza. Non mi cimenterò nel compito impossibile di provare a fare il bilancio netto dei mali e dei piaceri fra il periodo precedente e quello successivo all’uso pratico della scienza. Il punto rilevante è che l’applicazione della scienza è ancora limitata: ha a che fare con i nostri rapporti con le cose, ma non con le persone. Impieghiamo il metodo scientifico per dirigere le energie naturali, ma non quelle umane. Di conseguenza, una valutazione della piena applicazione della scienza non può essere una registrazione di ciò che è già avvenuto, ma deve essere profetica. Una tale profezia non è però priva di fondamento. Anche allo stato attuale delle cose c’è un movimento nella scienza che fa presagire, se terrà fede alla promessa in esso implicita, un’epoca più umana. Infatti, guarda avanti a un tempo in cui tutti gli individui potranno condividere le scoperte e i pensieri degli altri per la liberazione e l’arricchimento della loro esperienza.

Nessun scienziato può tenere per sé ciò che ha scoperto o trasformarlo in una spiegazione puramente privata senza perdere la sua reputazione scientifica. Qualsiasi cosa sia scoperta appartiene alla comunità degli scienziati. Ogni nuova idea e teoria deve essere sottoposta a questa comunità per essere esaminata e confermata. C’è una comunità in crescita che opera in modo cooperativo e che riconosce le stesse verità. È vero che questi tratti sono per ora limitati a piccoli gruppi che svolgono un’attività in un certo qual modo tecnica. Ma l’esistenza di gruppi di questo tipo rivela una possibilità del presente; una delle molte possibilità che costituiscono una sfida a espandersi e non una ragione per la ritirata e la contrazione.

Supponiamo che ciò che ora accade in circoli ristretti sia esteso e generalizzato. Il risultato sarebbe l’oppressione o l’emancipazione? L’indagine è una sfida, non un’accettazione passiva; l’applicazione è un mezzo di crescita, non di repressione. L’adozione generale dell’atteggiamento scientifico nelle questioni umane significherebbe nientemeno che un cambiamento rivoluzionario nella morale, nella religione, nella politica e nell’industria. Il fatto di averne limitato l’uso quasi esclusivamente ai problemi tecnici non vuole essere un rimprovero alla scienza, ma agli uomini che la usano per fini privati e che combattono per scongiurare la sua applicazione sociale per paura degli effetti distruttivi che avrebbe sul loro potere e sui loro guadagni. L’immagine di un tempo in cui le scienze naturali e le tecnologie che ne derivano saranno usate al servizio della vita umana è ciò che l’immaginazione può dare di rilevante al nostro tempo. Un umanesimo che fugge dalla scienza come davanti a un nemico rifiuta i mezzi con cui un umanesimo liberale potrebbe diventare realtà.

L’atteggiamento scientifico è sperimentale e intrinsecamente comunicativo. Se fosse universalmente applicato, ci libererebbe dal pesante fardello che ci viene imposto dai dogmi e dalle norme estrinseche. Il metodo sperimentale è qualcosa di diverso dall’uso dei cannelli ferruminatori, storte e reagenti. È il nemico di ogni credenza che consente ad abitudini e usanze di controllare i processi di invenzione e di scoperta e che permette a un sistema già formato di non tenere in alcun conto i fatti verificabili. Il controllo costante è il lavoro dell’indagine sperimentale. Grazie al controllo della conoscenza e delle idee acquisiamo la capacità di compiere delle trasformazioni. Questo atteggiamento, una volta che fosse incorporato nella mente individuale, troverebbe uno sbocco operativo. Se i dogmi e le istituzioni tremano quando appare una nuova idea, questo tremore non è nulla in confronto a ciò che accadrebbe se a quell’idea fossero forniti i mezzi per scoprire continuamente nuove verità e per criticare le vecchie credenze.

«Accettare» la scienza è pericoloso soltanto per quelli che, per pigrizia o interesse personale, manterrebbero immutato l’ordine sociale esistente. Infatti, l’atteggiamento scientifico richiede lealtà a tutto ciò che è scoperto e risolutezza nell’accogliere le nuove verità. (...) La moltiplicazione dei mezzi e dei materiali costituisce un aumento di opportunità e di scopi. È segno che l’individualità si lascia andare a emozioni e atti più congeniali alla sua natura. Il nemico non sono i beni materiali, ma la mancanza di volontà di usarli come strumenti per conseguire le possibilità che si desiderano. Immaginate una società libera dal dominio del denaro e diventa chiaro che i beni materiali sono un invito al gusto e alla scelta, sono occasioni per la crescita individuale. Se gli uomini non sono abbastanza forti e risoluti da accettare l’invito ad avvantaggiarsi dell’occasione che si presenta loro, diamo la colpa a chi se la merita.

Il determinismo economico ha ragione perlomeno su questo punto. L’industria non è al di fuori, ma all’interno della vita umana. La tradizione aristocratica chiude gli occhi davanti a questo fatto; sia per ciò che riguarda il piano emotivo sia per quanto concerne la dimensione intellettuale, la tradizione aristocratica relega l’industria e la sua fase materiale in una regione lontana dai valori umani. Fermarsi al rifiuto puramente emotivo e alla semplice condanna morale dell’industria e del commercio come materialistici vuol dire lasciarli in questa regione non umana, in cui agiscono come strumenti nelle mani di chi li impiega per fini privati. Questo tipo di esclusione è complice di quelle forze che tengono in sella lo stato di cose. C’è un legame sotterraneo fra quelli che utilizzano l’ordine economico esistente per ottenere un vantaggio economico personale e quelli che gli voltano le spalle a vantaggio dell’autocompiacimento personale, della dignità privata e dell’irresponsabilità.


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