Gli alunni lasciano in bianco i test, i prof si rifiutano di correggerli Lo spreco spesi 8 milioni e in alcune scuole plichi spediti due volte
Studenti e docenti boicottano le prove Invalsi della Gelmini «Sono un imbroglio»
L’epicentro della protesta sono state le scuole romane. Prove lasciate in bianco, astensioni in massa. E all’Istituto d’Arte di via del Frantoio è scattata la sospensione per gli studenti che hanno deciso di rifiutare il test.
di Mariagrazia Gerina (l’Unità, 11.05.2011)
L’inviata dell’Invalsi, da Brunetta dei “piccoli”, li ha già etichettati: «Fannulloni». «Ci ha dato degli idioti solo perché abbiamo deciso di boicottare il test», racconta una studentessa del liceo Virgilio di Roma. La sua, il quinto ginnasio, è una delle “classi pilota” per la valutazione dei livelli di apprendimento raggiunti dagli studenti italiani. Due milioni e duecentomila test distribuiti agli alunni delle seconde classi di ogni ordine e grado. Ieri il debutto, con le scuole superiori, è stato un disastro.
«Il test in sé era anche troppo banale», spiega la studentessa del Virgilio, che chiameremo «Ti con Zero», in omaggio a Calvino e al sistema di codici adottato dall’Invalsi che permette di fatto di associare ogni test al singolo studente e alla scuola che frequenta. Anche se le scuole assicurano che quei dati non saranno trasmessi all’Invalsi. «Ci siamo sentiti presi in giro: non possono dirci che il test è anonimo e poi assegnarci un codice che ci rende identificabili” e un questionario per sapere “che lavoro fanno i tuoi genitori, com’è la tua casa, se sei nato in Italia, se i tuoi sono immigrati», spiega «Ti con zero», che prima di riconsegnare la prova, volutamente lasciata in bianco, ha reso irriconoscibile il codice identificativo che le era stato assegnato. Nella sua classe, su 26 alunni, 10 erano assenti e gli altri hanno fatto tutti come lei.
Agli studenti dell’Istituto d’Arte di via del Frantoio, periferia Est di Roma, è andata decisamente peggio. Anche loro, per gli stessi motivi, si sono rifiutati di compilare i test, solo che la preside ha deciso di sospenderli in blocco. «Abbiamo visto che l’insegnante aveva un foglio con i nostri nomi associati ai corrispettivi codici, gli abbiamo chiesto di distribuire casualmente i test, ci ha detto che non poteva e noi allora ci siamo rifiutati di riempirli», spiega una delle studentesse sospese. Roma è stata l’epicentro della protesta. Al liceo Socrate i codici li hanno strappati. All’Orazio su 130 studenti 108 hanno consegnato in bianco.
Al liceo Giordano Bruno, gli studenti si sono rifiutati di entrare in classe. «E ovunque i presidi hanno minacciato misure disciplinari», spiega il Collettivo Senza Tregua, che rivendica i risultati del boicottaggio romano. Parallelo a quello messo in atto dai professori. In alcuni licei, il collegio docenti aveva votato contro i test. Ma i presidi non ne hanno tenuto conto. In altri, hanno impedito che i docenti si esprimessero. E molti insegnanti, in risposta, si sono rifiutati di correggere le prove. «Si tratta di una valutazione imposta scavalcando la scuola con una circolare», protesta Valerio Gigante, uno dei tanti insegnanti “obiettori”.
La risposta del ministro Gelmini è piccata: «Solo in tre classi non si è svolto il test». In percentuale: a non prendere parte al test è stato solo lo 0,13%, assicurano dal Miur, vantando una statistica al netto delle prove in bianco e dei codici strappati. L’ansia per il successo del test è stata tanta che in alcune scuole i pacchi con le prove da somministrate sono stati distribuiti due volte. Nei primi scatoloni consegnati mancavano proprio le etichette con i codici identificativi. Ma dopo poche ore è arrivato il secondo invio: altri scatoloni con i doppioni delle prove stavolta completi delle etichette identificative. È accaduto nelle scuole del viterbese, dove il test al ministero è costato il doppio e dove presidi e insegnanti ieri si interrogavano sui chili di carta inutilmente sprecata e ora da mandare al macero. Il grande test è costato circa 8 milioni. E se davvero il boicottaggio è riuscito come dicono gli studenti difficilmente i risultati prodotti potranno avere validità.
Gli studenti rifiutano i test Invalsi ma il ministro: avanti a testa bassa
Le scuole boicottano le prove. Idv: sprecati 8 milioni
di Caterina Perniconi (il Fatto, 11.05.2011)
Gli striscioni davanti alle scuole. La protesta, il boicottaggio. E poi la sospensione. È quello che è successo ieri a Roma agli studenti dell’Istituto d’Arte Roma II, incorsi nella sanzione da parte del Dirigente scolastico per essersi rifiutati di fare i test Invalsi. In realtà nella Capitale sono stati molti i ragazzi delle scuole secondarie che hanno ostacolato il regolare svolgimento dei quiz proposti dall’Istituto per valutazione del sistema educativo. Secondo il collettivo studentesco “Senza Tregua”, al liceo classico Orazio il boicottaggio ha toccato la percentuale più alta di Roma, circa l’83%: su 130 studenti presenti nelle classi dell’istituto, 108 hanno consegnato in bianco. E alcuni hanno strappato i codici di riconoscimento. Sempre secondo quanto riferito dal collettivo, al liceo Machiavelli oltre il 60% dei questionari è stato consegnato in bianco. Al Visconti i ragazzi hanno parlato di 90 schede in bianco o non conteggiabili su 130 presenti. All’Albertelli sono 90 su 130, al Virgilio 125 su 169, mentre al Socrate, dove i ragazzi di due classi “hanno strappato tutti i codici di riconoscimento, minacciati di denuncia da parte degli ispettori esterni e di provvedimenti disciplinari dalla scuola”. Infine, in uno dei licei campione, il Giordano Bruno, gli stessi commissari dell’Invalsi hanno deciso di far saltare i quiz perchè gli studenti delle classi speri-mentali hanno deciso di boicottare in massa.
Le ragioni della protesta
MA QUALI SONO le ragioni? Allo storico liceo Giulio Cesare di Roma, proprio in polemica con i questionari personali somministrati ai partecipanti ai test, i ragazzi hanno esposto lo striscione: “Prove Invalsi? Meglio non fidarsi”. “La nostra è una preparazione umanistica-spiegaunalunno di quinta - le crocette non ci piacciono, i prof ci insegnano ad argomentare e noi quello vogliamo fare”. Mentre i genitori del liceo Virgilio, che protestano da settimane, gli stessi che si erano opposti all’orientamento “cattolico” proposto dal presidente della Regione Renata Polverini, con tanto di gitaalsantuario,hannoscritto ediffusounvolantino“Noalle prove Invalsi” invitando i ragazzi a consegnare in bianco dopo aver reso illegibile il loro codice identificativo “per impedire ogni schedatura”. I genitori hanno chiesto anche aglialunnidelleclassicampione di non entrare e di non avere“contatti”congliosservatori Invalsi.
La contestazione dei genitori nasce dal questionario allegato ai test che offre informazioni sensibili sulla vita dei ragazzi. Mentre i docenti temono che le loro scuole possano essere valutate in base a test a crocette, molto diffusi in Europa, ma piuttosto banali rispetto ai metodi di studio adottati nel nostro paese e apprezzati anche all’estero. Secondo il sindacato dei Cobas intuttaItaliailboicottaggioda parte degli insegnanti che oggi si sono rifiutati di far svolgere le prove con il metodo Invalsi ha riguardato il 20% delle scuole, mentre a Roma ha raggiunto il 30%.
La polemica non si è fermata nelle aule scolastiche, ma ha raggiunto i palazzi del potere. Se per il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, “sui test non si torna indietro”, il senatore Fabio Giambrone, chiede che il ministro riferisca in Commissione e il suo collega Stefano Pedica ha chiesto addirittura ai ragazzi di scendere in piazza “contro una buffonata che allo Stato costa 8 milioni”. Contrario al boicottaggio il Pd: ’”Non condivido il boicottaggio delle prove Invalsi promosse dai Cobas, in quanto è una forma di lotta controproducente che valorizza la posizione di chi, come la Gelmini, fa della valutazione una sorta di ideologia, di cui non chiarisce le finalità, se non un generico collegamento con la premialità. Le criticità dei test Invalsi sono tante, ma possono essere corrette nel futuro”.