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UOMINI E DONNE, PROFETI E SIBILLE, OGGI: STORIA DELLE IDEE E DELLE IMMAGINI. A CONTURSI TERME (SALERNO), IN EREDITA’, L’ULTIMO MESSAGGIO DELL’ECUMENISMO RINASCIMENTALE .....

RINASCIMENTO ITALIANO, OGGI: LA SCOPERTA DI UNA CAPPELLA SISTINA CON 12 SIBILLE. Sul tema, la prefazione di Fulvio Papi e parte della premessa del lavoro di Federico La Sala

Le Sibille di Contursi hanno parentele più celebri nella Cattedrale di Siena, nell’appartamento Borgia in Vaticano, nel Tempio Malatestiano di Rimini, nella Cappella Sistina di Michelangelo. La pittura disegna l’ eclettismo ermetico-cabalistico-neoplatonico rinascimentale (...)
martedì 9 aprile 2013
TONDO DONI. Attenzione: nella cornice "raffigurate la testa di Cristo e quelle di quattro profeti" (Galleria degli Uffizi)? Ma, per Michelangelo, non sono due profeti e due sibille?!

[...] La pittura disegna l’ eclettismo ermetico-cabalistico-neoplatonico rinascimentale che colloca la filosofia e la teologia pagana in sequenza con il Cristianesimo. Ne deriva un’immagine del mondo come presenza divina nella quale abita l’uomo cóme unità di corpo (...)

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> RINASCIMENTO ITALIANO, OGGI --- IL PROBLEMA DEL SIGNIFICATO DEL RINASCIMENTO NELLA STORIA EUROPEA RIAPERTO ORA DA JACQUES LE GOFF (di Michele Ciliberto - Eterno Rinascimento)

domenica 26 gennaio 2014


-  Eterno Rinascimento
-  Le Goff lo cancella ma «l’era nuova» si decifra in chiave soprattutto politica
-  L’oggetto del contendere è l’interpretazione della «identità» della cultura e della «coscienza» d’Europa

di Michele Ciliberto (l’Unità, 26.01.2014)

IL PROBLEMA DEL SIGNIFICATO DEL RINASCIMENTO NELLA STORIA EUROPEA RIAPERTO ORA DA JACQUES LE GOFF CON IL SUO INTERVENTO SUL «MESSAGGERO» È ASSAI ANTICO: per molti aspetti sono stati proprio gli umanisti a costruire la ideologia della Rinascenza, cioè di una «età nuova» frontalmente opposta ai «secoli bui» del Medioevo. Sono poi stati gli illuministi -in modo particolare d’Alembert nel Discorso preliminare alla Enciclopedia a sistemare il concetto sul piano filosoficostorico individuando nella «rinascita» italiana delle arti lettere l’«aurora» del «sole» che si sarebbe poi compiutamente dispiegato nell’epoca dei lumi.

Come dimostrano questi autori, il Rinascimento non è mai stato un concetto storiografico di carattere descrittivo, ma fin dall’inizio ha espresso, già con il nome, un giudizio di «valore» appunto, il «rinascere» -, ed è in questi termini che è diventato un archetipo della coscienza e della autobiografia dei «moderni» dal Quattrocento al XVII secolo, ed oltre.

È stato però proprio questo elemento fortemente «ideologico» che ha complicato la discussione sul Rinascimento, perché in essa si sono intrecciate valutazioni di ordine etico-politico e giudizi di ordine storiografico, sia negli apologeti dell’«età nuova» che negli studiosi che, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, hanno insistito sulla continuità fra Medio e umanesimo, sottolineando la genesi medievale dello stesso termine che aveva identificato fin dall’inizio e in chiave polemica l’età nuova : renovatio, rinascentia.

Anche nei più autorevoli rappresentanti di questa tendenza, come ad esempio Konrad Burdach è però chiaro l’intreccio tra motivi ideologici e giudizi storiografici, come appare assai evidente dalla polemica che egli svolge, simmetricamente, sia contro il Rinascimento che l’Illuminismo. Proprio per questo alcuni storici hanno addirittura proposto di eliminare il termine Rinascimento, sostituendolo con quello di «età umanistica» un lungo periodo della storia europea che andrebbe da Petrarca fino a Rousseau appunto dal Rinascimento all’Illuminismo. Ma è una proposta che, comprensibilmente, non ha avuto successo.

Di «continuità» o «discontinuità» si discute, dunque, da molto tempo. Ma per capire la lunga durata e la asprezza di questa discussione occorre tenere presente l’interpretazione che è stata data prima dagli Illuministi, poi nell’Ottocento del Rinascimento come «genesi» del «mondo moderno».

Ciò di cui si discute attraverso il Rinascimento è, precisamente, il carattere, e il significato, di quella che con termine sommario si è soliti chiamare «modernità». Questa è stato, in sostanza, il vero oggetto del contendere; ed esso naturalmente, non riguarda, ovviamente, solo il campo storiografico: qui in discussione è la interpretazione della «identità» della cultura e della «coscienza» europea, definita, a seconda dei momenti storici, secondo parametri differenti. Dalla seconda metà del Novecento, ad esempio, alla periodizzazione classica del «mondo moderno» incentrata sul Rinascimento se ne è affiancata, fino a sostituirla, un’altra che fa capo al paradigma della «rivoluzione scientifica» moderna.

Personalmente, sono persuaso che siano problemi, e discussioni, di cui sarebbe bene liberarsi se si vuole aprire una nuova stagione negli studi rinascimentali, ponendo in termini nuovi anche la questione della «continuità» della storia europea e quello del significato del Rinascimento, chiarendo però, in via preliminare, un punto.

Sul piano storico sono individuabili, senza dubbio, molte «rinascite», a cominciare da quella del XII secolo, su cui insistono molto gli storici francesi; ma il Rinascimento italiano è stato un fenomeno assai più importante ed significativo, ed ha inciso a fondo nella costituzione della «coscienza» europea. Quando gli umanisti parlavano di «età nuova» e gli illuministi di «aurora cinquecentesca» avevano ragione; anche se nel pieno di una grande battaglia culturale ed etico-politica enfatizzavano fortemente la rottura con i «secoli bui».

In breve: la «rinascita» è esistita, sul piano storico, anche se ha dato origine a una secolare «tradizione» storiografica che ne ha selezionato temi e motivi alla luce di quella che si può chiamare l’«autobiografia» dei moderni, espressa nel modo più rigoroso e coinvolgente dagli Illuministi.

Oggi però il problema essenziale è un altro, e risiede nel guardare al Rinascimento per quello che esso è stato, liberandosi proprio dal peso di una «tradizione» che ha condizionato a fondo questi studi e che è ormai non ha più molto da dire. A mio giudizio, è su queste nuove basirigorosamente storiche che deve essere affrontato il problema del «significato» del Rinascimento nella storia europea, al quale fa riferimento Le Goff, analizzando a questa luce anche il problema della «continuità» europea, e distinguendone forme e livelli.

Qualche esempio. Si sono consumati fiumi di inchiostro per indagare i rapporti tra Rinascimento e «scienza moderna» , dando risposte differenti o, addirittura, opposte a cominciare dal problema del rapporto tra «ermetismo» e «rivoluzione scientifica» moderna. \Tra Machiavelli o Bruno e il concetto di «natura» di Spinoza o Cartesio c’è una differenza radicale e insuperabile, come del resto Cartesio sapeva per primo e assai bene. Cercare di Individuare «continuità» su questo piano non serve, se non a creare, o perpetuare, falsi problemi.

Ma dal punto di vista politico ed etico-politico le cose stanno in modo assai diverso, come dimostra, ad esempio, il fatto che Spinoza nel Trattato politico assuma proprio Machiavelli come uno dei suoi principali interlocutori sulla base di un riconoscimento che sotto la sua penna assume un valore eccezionale: «risulta che stava dalla parte della libertà».

Sul terreno storico è un problema affascinante sul quale occorrerebbe riflettere anche dal punto di vista del metodo: l’adesione ad ontologie diverse ed anche opposte visibile, in questo caso, sul piano della concezione della natura e della scienza non toglie e non ostacola, la convergenza su problemi etici e politici fondamentali. La mancata distinzione tra questi due livelli genera, però, una quantità di discussioni interessati, certo, sul piano storiografico, e ideologico; ma inconcludenti sul piano storico.

Questo, a mio parere, è oggi il compito della ricerca sul significato del Rinascimento nel «mondo moderno»: distinguere piani e livelli e riuscire a individuare nelle differenze, quando e dove ci siano, motivi ed elementi di affinità o convergenza, considerando come una «fonte», e solo in quanto tale, la «tradizione» costruita dai «moderni». I discorsi generali sono importanti e talvolta divertenti; ma rischiano spesso di essere generici, e perciò inutili sul piano storico, si intende.


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