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UOMINI E DONNE, PROFETI E SIBILLE, OGGI: STORIA DELLE IDEE E DELLE IMMAGINI. A CONTURSI TERME (SALERNO), IN EREDITA’, L’ULTIMO MESSAGGIO DELL’ECUMENISMO RINASCIMENTALE .....

RINASCIMENTO ITALIANO, OGGI: LA SCOPERTA DI UNA CAPPELLA SISTINA CON 12 SIBILLE. Sul tema, la prefazione di Fulvio Papi e parte della premessa del lavoro di Federico La Sala

Le Sibille di Contursi hanno parentele più celebri nella Cattedrale di Siena, nell’appartamento Borgia in Vaticano, nel Tempio Malatestiano di Rimini, nella Cappella Sistina di Michelangelo. La pittura disegna l’ eclettismo ermetico-cabalistico-neoplatonico rinascimentale (...)
martedì 9 aprile 2013
TONDO DONI. Attenzione: nella cornice "raffigurate la testa di Cristo e quelle di quattro profeti" (Galleria degli Uffizi)? Ma, per Michelangelo, non sono due profeti e due sibille?!

[...] La pittura disegna l’ eclettismo ermetico-cabalistico-neoplatonico rinascimentale che colloca la filosofia e la teologia pagana in sequenza con il Cristianesimo. Ne deriva un’immagine del mondo come presenza divina nella quale abita l’uomo cóme unità di corpo (...)

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> RINASCIMENTO ITALIANO, OGGI --- " Rinascimento visto da Sud. Matera, l’Italia meridionale e il Mediterraneo tra ‘400 e ‘500" (FINO AL 15 SETTEMBRE 2019)

venerdì 23 agosto 2019

      • continuazione e fine

Mostra d’arte - PROROGATA AL 15 SETTEMBRE 2019

“Rinascimento visto da sud. Matera, l’Italia meridionale e il Mediterraneo tra ‘400 e ‘500” a Palazzo Lanfranchi

      • [...]

Non solo storia dell’arte ma anche storia delle idee, delle culture e delle società, per ricostruire, attraverso un inedito racconto, illuminato dalle opere e dagli oggetti, (fondamentali vettori di significati, stratificazioni e contaminazioni culturali), i rapporti e gli scambi culturali e artistici, oltre che economici e politici, tra le sponde del Mediterraneo. E per comprendere meglio anche la vicenda culturale di una terra apparentemente defilata e periferica come la Basilicata, la cui dimensione artistica, più contenuta ma lo stesso interessante, verrà ricostruita e intrecciata in relazione alle prove internazionali, che si diffondono nel territorio a partire dal centro irradiante napoletano.

La vicenda artistica di Matera (e in generale della Basilicata) non è stata infatti sufficientemente riscostruita, sebbene le sue tracce -innestate sul substrato tardo antico- risalgano ai secoli dell’alto medioevo, anche per colpa di un pregiudizio storiografico, dovuto ad una tradizione di studi più attenta alle emergenze e ai capolavori, di cui per altro il territorio non è completamente privo, che alla comprensione dei contesti. In pochi si sono cimentati, fino agli anni più recenti, nell’impresa di ricostruire la storia artistica della regione mettendola in relazione agli ambiti vicini, ai grandi centri e alle rotte di comunicazione, seguite anche dagli artisti nei secoli più alti. Anche di questo si darà conto in mostra.

Il progetto espositivo, centrale nel programma culturale di Matera-Basilicata 2019, intende dunque affrontare il nodo del Rinascimento da un’altra prospettiva: guardando al mare e alle sue rotte, alle coste e soprattutto agli approdi (i porti, i mercati, le città) che nei secoli hanno avvicinato le culture e i popoli, come a una grande ricchezza e opportunità, non come una a una separazione o barriera.

Dai tempi più remoti le popolazioni hanno attraversato il mare Mediterraneo (il mare di ieri e il mare di oggi, mare che univa e che oggi separa), muovendosi da un capo all’altro, in un continuo scambio di dare e di avere. La Basilicata, terra interna, defilata e montuosa ma affacciata su due mari, è sempre stata, a dispetto della sua orografia complicata, terra di passaggio e accoglienza, regione d’intersezione, incontro e collegamento, via di transito di popoli e culture, cerniera e non barriera: porta tra occidente e oriente.

Per questa dialettica incessante tra periferie e centri (nella quale sta anche Matera con la sua storia speciale), per l’importanza degli scambi e delle contaminazioni, specie nell’attuale fase storica, pensando all’Europa e alla sua ricchezza fatta di molteplicità e diversità, abbiamo immaginato un racconto più largo e avvincente, che sappia mettere in relazione la ricostruzione della storia locale e dei suoi protagonisti (riletta attraverso un piccolo nucleo di puntuali presenze lucane in mostra e opportuni percorsi che invece permettano di valorizzare tutte le emergenze del territorio: affreschi, polittici e singole opere) con una storia più grande e differenziata, cornice o tessuto connettivo che restituisca la koinè mediterranea in tutte le sue declinazioni occidentali e orientali, senza dimenticare il lato meridionale del mare, la sponda islamica con le sue specifiche tradizioni e contaminazioni culturali, sempre più importante dopo la conquista di Costantinopoli nel 1453.

Sono gli anni dei grandi viaggi, delle scoperte, delle esplorazioni, ma anche delle conquiste nel nuovo mondo (a partire dalla scoperta dell’America nel 1492). Quello che si conosce del mondo nella seconda metà del Cinquecento è ben diverso da quel che si sapeva nella prima metà del secolo precedente: in pochi decenni lo sguardo si è allargato, ci sono nuovi luoghi e un altro spazio (vogliamo mettere in relazione lo spaesamento di allora con la “crisi della ragione cartografica” di oggi, come scrive Franco Farinelli). E, di conseguenza, è cambiata la forma e la rappresentazione del mondo e le scoperte scientifiche hanno cominciato a ridisegnare anche il cielo. La mostra, che vuole raccontare attraverso le immagini materiali e immateriali (oggetti ma anche fotografie, supporti audiovisivi e piccoli inserti di realtà aumentata) la storia e i luoghi, ma soprattutto gli uomini e le loro idee, seguirà un andamento cronologico che intreccerà la scansione tematica.

Le Sezioni della grande Mostra

La mostra viene aperta da una sezione sul Mediterraneo, le rotte, gli scambi, i commerci ma anche l’immagine del potere e le dinastie regnanti nel Quattrocento, con un successivo focus sul Mediterraneo nel Cinquecento, che accompagneranno come un filo rosso l’intero percorso espositivo e permetteranno di far emergere i grandi protagonisti del tempo. Queste due ricche sezioni trasversali e interdisciplinari, nelle quali si alterneranno documenti e oggetti particolarmente significativi, sono illuminate anche dalla presenza di preziosi ritratti dei protagonisti della vicenda storica che si vuole ricostruire, chiesti in prestito ai più grandi musei italiani e stranieri (tra i quali il Ritratto di Alfonso di Aragona dal Museo Jacquemart André di Parigi, l’Incoronazione di Ferrante d’Aragona di Benedetto da Maiano dal Bargello di Firenze, il busto di Carlo V del Montorsoli dal napoletano museo di Capodimonte, il Ritratto del vicerè Pedro de Toledo dal Museo della Certosa di San Martino ma anche lo stemma di Renato d’Angiò dal prezioso Codice di Santa Marta, conservato nell’Archivio di Stato di Napoli).

Alla notevole sezione introduttiva segue una ricca sezione dedicata alla lunga stagione del gotico internazionale nei due versanti occidentale e orientale, che permette di introdurre e descrivere il territorio, le corti, i feudi e le città (vi si possono ammirare opere di Bernat Martorell, di Alvaro Pirez, del Maestro di Ladislao di Durazzo, di Giovanni di Francia, opere di orafi e scultori meridionali insieme a tavole del Maestro della Madonna di Atella e del Maestro di Santa Barbara, entrambi attivi in Basilicata).

Con la terza corposa sezione, nella quale si illustrano Napoli, la Spagna, la Provenza e le Fiandre a confronto con Firenze e Roma ma anche con Venezia e l’Oriente, il progetto entrerà nel vivo del Rinascimento mediterraneo in rapporto al Rinascimento italiano, mettendo l’accento in particolare sul ruolo e i rapporti di dare e di avere degli artisti internazionali che hanno gravitato attorno alle corti di Renato, di Alfonso e di Ferrante, producendo opere per i più importanti committenti religiosi del tempo, tra i quali sono i principali ordini monastici. Vi vengono messi in relazione capolavori dei più importanti artisti catalani, spagnoli, provenzali e fiamminghi accanto a opere degli artisti meridionali, attivi nel viceregno e poi anche in Spagna.

Anche per il grande pubblico risulta interessante verificare quanto queste idee artistiche abbiano progressivamente impregnato il territorio meridionale. E come si siano diffuse, seppure in maniera più limitata, in una regione interna come la Basilicata. Artisti internazionali che hanno saputo fare propria, in tempi assai precoci e grazie a questi scambi (ricostruiti nel corso degli ultimi anni a partire dal pionieristico studio di Ferdinando Bologna e dalla mostra curata da Mauro Natale del 2001 ai quali si fa riferimento), la lezione fiamminga e gli spunti nordici, mediati dalle presenze provenzali, borgognone e spagnole.

In questa sezione vengono messe a confronto, grazie a importanti prestiti internazionali, preziose opere dei principali protagonisti dell’arte e della cultura del tempo, tra i quali Colantonio, Antonello da Messina, Jacomart Baço, Barthelemy D’Eyck, Roig de Corella, Bartolomé Bermejo, Riccardo Quartararo ma anche Andrea Mantegna, Giovanni Bellini, Bartolomeo Vivarini, Antoniazzo Romano, Pedro Befulco, Cristoforo Scacco, Cristoforo Faffeo, il Maestro di San Severino e Sossio, Francesco Pagano, Riccardo Quartararo per la pittura; Donatello, Domenico Gagini, Francesco Laurana, Guillermo Sagrera ma anche Pietro Alamanno per la scultura, senza dimenticare gli anonimi autori delle più importanti opere presenti nel territorio lucano o le preziose pagine miniate dai codici napoletani, come il Libro d’Ore di Alfonso d’Aragona o il Codice di Santa Marta.

Intenzione della mostra è quella di rileggere non solo quanto succedeva nella capitale partenopea e negli altri centri anche insulari del mediterraneo occidentale (ad esempio in Sardegna con i catalani Tomas e Fuguera e il Maestro di Sanluri ad esempio) ma anche quanto avveniva al contempo sulla dorsale adriatica dove, grazie ai porti della Capitanata, della Terra di Bari e di quella d’Otranto (Manfredonia, Molfetta, Bari, Otranto, Brindisi), si mantenevano più forti relazioni con la Serenissima, e attraverso Venezia con l’eredità dell’antico, ma anche con la cultura greco bizantina attestata dall’altra parte del mare. Anche perchè Matera, che in questi anni è ancora parte della Terra d’Otranto, appare permeata da una cultura più adriatica che tirrenica.

Oltre ai capolavori veneti che punteggiano soprattutto il versante est dello stivale meridionale, territorio murgiano-materano incluso (opere di Bellini, Vivarini, Cima da Conegliano anche a Matera, Genzano, Miglionico, oltre alle opere di scultura di ambito padovano che arrivano a Irsina), arrivano soprattutto in Puglia, pittori di ‘icone’, anche seguito delle migrazioni del secondo Quattrocento, che si attestano in diverse località dell’Italia meridionale, come ad esempio i fratelli Donato e Angelo Bizamano provenienti da Creta.

Oltre ai pittori, sulla sponda adriatica arrivano anche le icone (di cui è documentata l’importazione da parte dei mercanti veneziani) che avevano un buon mercato in gran parte del territorio. Non solo, scultori e lapicidi dalmati, che spediscono opere o transitano nelle terre meridionali, vero e proprio protettorato artistico della capitale adriatica.

Un successivo snodo del percorso, che riguarda i rapporti e gli scambi della fase matura del periodo aragonese, durante i quali la capitale partenopea, che ha attratto i linguaggi mediterranei dei pittori spagnoli e provenzali, diventa centro di trasmissione della nuova cultura artistica, permetterà di entrare nella seconda parte della mostra, dedicata all’arrivo della ‘maniera moderna’ a Napoli e nelle province meridionali.

Nell’ultima grande sezione si tratteggeranno infatti i rapporti degli artisti e dei loro committenti del Viceregno con i modelli provenienti da Roma, Milano, Firenze, Venezia. A partire dalle novità di Pinturicchio, Cesare Da Sesto, ma soprattutto Raffaello (nel 1517 arriva a Palermo nella chiesa di Santa Maria dello Spasimo, l’Andata al Calvario) mediate, tra gli altri, da Polidoro da Caravaggio.

Fondamentale la scultura del tempo, Diego de Siloe e Bartolomé Ordóñez, Pietro Belverte e l’allievo Giovanni da Nola, di cui non potranno mancare opere in mostra e la sintesi di Andrea Sabatini da Salerno, il Raffaello del Sud, le cui opere saranno presenti in maniera rilevante insieme a quelle di altri pittori italiani e stranieri attivi anche nelle province interne (il già ricordato Simone da Firenze, Pedro da Aponte, Bartolomeo Guelfo da Pistoia, Pedro Fernandez e Pedro Machuca. E i veneti Lorenzo Lotto, Paris Bordon, Francesco Vecellio e Pordenone, che realizzarono nei primi decenni del 500 diverse opere per le province meridionali). Per arrivare infine alle prime prove di Altobello Persio, tra i più importanti artisti murgiani del Cinquecento.

Una fitta trama di relazioni e influenze, che i documenti materiali disseminati nel territorio (anche in Basilicata) permettono di illuminare. Relazioni che legano Napoli agli altri importanti porti e mercati affacciati sul Mediterraneo occidentale e orientale, Valenza, Barcellona, Marsiglia, Genova, Pisa, Cagliari, Palermo, Tunisi, Alessandria, Cairo, Beirut, Atene, Istanbul, Ragusa, Venezia, come si cercherà di raccontare anche grazie ad una speciale installazione ‘immersiva’ nella Chiesa del Carmine.

Non solo storia dell’arte ma anche storia delle idee, delle culture e delle società, per ricostruire, attraverso un inedito racconto, illuminato dalle opere e dagli oggetti, (fondamentali vettori di significati, stratificazioni e contaminazioni culturali), i rapporti e gli scambi culturali e artistici, oltre che economici e politici, tra le sponde del Mediterraneo. E per comprendere meglio anche la vicenda culturale di una terra apparentemente defilata e periferica come la Basilicata, la cui dimensione artistica, più contenuta ma lo stesso interessante, verrà ricostruita e intrecciata in relazione alle prove internazionali, che si diffondono nel territorio a partire dal centro irradiante napoletano.

La vicenda artistica di Matera (e in generale della Basilicata) non è stata infatti sufficientemente riscostruita, sebbene le sue tracce -innestate sul substrato tardo antico- risalgano ai secoli dell’alto medioevo, anche per colpa di un pregiudizio storiografico, dovuto ad una tradizione di studi più attenta alle emergenze e ai capolavori, di cui per altro il territorio non è completamente privo, che alla comprensione dei contesti. In pochi si sono cimentati, fino agli anni più recenti, nell’impresa di ricostruire la storia artistica della regione mettendola in relazione agli ambiti vicini, ai grandi centri e alle rotte di comunicazione, seguite anche dagli artisti nei secoli più alti. Anche di questo si da conto in mostra.

Intorno alla mostra percorsi tra Basilicata e Puglia alla scoperta dei tesori del Rinascimento

La mostra, che prevede naturalmente un focus particolare su Matera e la Basilicata, è integrata e arricchita da speciali percorsi di conoscenza e valorizzazione delle opere d’arte tardogotiche e rinascimentali disseminate nel territorio regionale, inamovibili per tipologia o per dimensioni.

In tali percorsi vengono considerati i principali affreschi locali del tempo, ad esempio quelli di San Donato a Ripacandida, di San Pietro Caveoso, della chiesa rupestre di Santa Barbara e del Convicinio di sant’Antonio a Matera, dell’Abbazia di Montescaglioso, e quelli della Trinità di Miglionico. Ma anche i grandi polittici come quello di Cima da Conegliano sempre a Miglionico, che testimonia, insieme alla straordinaria scultura raffigurante Sant’Eufemia del Duomo di Montepeloso oggi Irsina, l’attenzione locale alla cultura veneta. Oppure le opere realizzate nei primi decenni del cinquecento da Giovanni Luce o Francesco da Tolentino a Pietrapertosa o, infine, i numerosi polittici eseguiti per i paesi lucani (Senise, San Chirico Raparo, Salandra, Stigliano etc), da Simone da Firenze, prolifico pittore-emigrante che nella Basilicata interna trovò una committenza pienamente soddisfatta del suo linguaggio “moderno”, che guardava ai maestri toscani della fine del secolo precedente. Ma anche le sculture dei Persio e degli altri artisti che hanno lasciato le loro opere nei numerosi piccoli centri della regione

I percorsi di valorizzazione territoriale coinvolgeranno anche la vicina Puglia, dove non si potranno dimenticare, ad esempio, gli affreschi della chiesa di Santa Caterina a Galatina e quelli di Santo Stefano di Soleto.

* Fonte: http://www.sassilive.it/cultura-e-spettacoli/arte-cultura-e-spettacoli/mostra-darte-rinascimento-visto-da-sud-matera-litalia-meridionale-e-il-mediterraneo-tra-400-e-500-a-palazzo-lanfranchi/


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