Risveglio: è solo l’inizio, sconfitte le nomenklature
La rivolta di due popoli
di Furio Colombo (il Fatto, 31.05.2011)
UN CAMBIAMENTO tumultuoso e in gran parte inaspettato si è verificato in tutti e due gli schieramenti. Ciò che è accaduto con il ballottaggio appena concluso è una grande, clamorosa vittoria nella lunga, estenuante partita Italia pulita contro Berlusconi. Ma è bene che applauso e felicità per quella vittoria, che è, allo stesso tempo, larga (quasi dovunque) e profonda (ha davvero scardinato alle fondamenta alcuni pilastri del potere così come si era a lungo assestato) non impediscano di prestare attenzione ad alcune importanti notizie. Queste notizie ci dicono che sia a destra che a sinistra i cittadini si sono svincolati dai rispettivi apparati burocratici, e si sono orientati su ciò che hanno ascoltato, visto e capito per conto proprio.
Forse è la prima volta, nella vita interessante e difficile della democrazia italiana, che le decisioni che contano, fino al risultato finale, sono decisioni dei cittadini e non frutto di disegni politici e strategie di vertice. È necessario confermare: per volontà dello stesso anormale personaggio che sussurra imbarazzanti notizie personali all’orecchio del presidente degli Stati Uniti, il Paese ha attraversato uno scontro politico violento e frontale. Si trattava di piegarsi ancora una volta, facendo finta di niente, oppure respingere Berlusconi. Tecnicamente queste sono state elezioni amministrative. In realtà c’è stato, per volontà dall’interessato, un grande referendum politico. Berlusconi ha perso.
MA ATTENZIONE . Berlusconi ha compiuto l’errore della sua vita nel silenzio servile e obbediente di tutto il suo partito, che lo ha seguito fin sull’orlo della rovina (comunque di una bella e forse definitiva umiliazione). Ma in quel punto le folle osannanti sono uscite dall’incantesimo e sono andate per la loro strada, nonostante il costo immenso di forzarli a vedere sempre spettacolo e mai realtà. E il Pd? Il Pd ha compiuto, sia a Milano che a Napoli una serie di errori tipici delle gerarchie politiche chiuse.
Come ricorderete, tutte le designazioni di candidati scelti, in episodi e vicende successive, sia in una città che nell’altra, sono risultate sbagliate e respinte. E non stiamo parlando della rispettabilità e qualità privata delle persone, ma della clamorosa sproporzione politica fra persone ed eventi. Ancora una volta il Pd, seguendo la lunga tradizione del Pds, dei Ds, dei Popolari e della Margherita (tutto l’universo prima del Pd) stava rifiutando di vedere l’occasione di attacco diretto al dannoso e ormai vistosamente squilibrato presidente del Consiglio, nonostante che lui stesso avesse deciso quel tipo di confronto e invocasse, con tutti i suoi strumenti mediatici, non un dibattito sulle città ma una ovazione per se stesso.
Quel che è accaduto è sotto gli occhi di tutti: a Napoli sia il primo che il secondo candidato offerto dall’apparato Pd, hanno dovuto fare il famoso “passo indietro”, e l’intero partito, spinto dall’intero elettorato, ha seguito la leadership dell’ex magistrato De Magistris, non solo agguerrito e appassionato pm, ma anche campione di quell’antiberlusconismo che - ci era stato detto fin dagli anni Novanta - “fa ilsuogioco”(diBerlusconi)econ il quale "non vinceremo mai".
A Milano i cittadini, una volta entrati in scena con le "primarie" (grande regalo del Pd alla politica italiana, ma anche grande freno interno alla politica del Pd) hanno deciso non secondo le visioni di un gruppo di dirigenti o di un altro dentro il partito, ma tenendo d’occhio la città in questione e le dimensionidelloscontro.Ecosìè diventato leader della sfida Giuliano Pisapia. E, come abbiamo visto dopo il ballottaggio, leader largamente vincente sul simulacro di potere di gran lunga più sostenuto e più finanziato (forse in Europa), a nome non tanto di un partito politico, quanto di uno scatenarsi di interessi intorno all’avventura detta "Expo", una marea di danaro.
DUNQUE la vittoria di Pisapia dimostra che era ed è in discussione la forza autonoma e il prestigio personale (personale, non di partito) del candidato sindaco. E il suo potersi presentare come persona in grado di sfidare non solo la Moratti, ma il vero titolare dello scontro: Berlusconi. Ecco allora che i due fenomeni di ribellione che si sono verificati all’interno dei due partiti, del potere e dell’opposizione, si sono espressi con due comportamenti opposti. Nel Pdl abbiamo assistito a un esodo.
In decine e centinaia di migliaia non hanno votato, soprattutto nei ballottaggi. E il fenomeno ha contagiato la Lega, se non altro per una sorta di vendetta verso Berlusconi-Moratti. Nel Pd invece i cittadini si sono messi allaguida del partito e lohanno portato a due clamorose vittorie che nessuno dei diversi apparati dirigenti del Pd aveva progettato, né aveva finora neppure sfiorato. Invece di votare di meno, hanno votato di più, ma dopo avere stabilito direttamente il percorso: a Napoli con De Magistris e a Milano con Pisapia. Sarà bene, a questo punto, chiudere in fretta le scuole di partito e mettersi all’ascolto dei cittadini elettori. Questa è la ricchezza rimasta in dote al Pd. Non andate più a dir loro che “il partito è un laboratorio politico” o che “adesso si va con Casini”. O che c’è un futuro in un mitico Centro. Nessun Centro, con buona pace (e buone maniere) di Rutelli ti dà l’esito di Pisapia o De Magistris. Festeggiare, dopo un risultato come questo, vuole anche dire imparare.