di Angelo Bertani (Europa, 10 giugno 2011)
Dunque si può vincere anche sulla spinta dell’indignazione. Maria Cristina Bartolomei (su Jesus di maggio) ricorda che l’indignazione non è un sentimento di odio ma «è l’adesione affettiva ed emotiva al giudizio che distingue bene e male» (Kant). Certo, «Indignarsi non basta», come scrive Pietro Ingrao, ma può essere una buona partenza. Può aprire la strada per realizzare «la svolta mite di un paese stanco di urla» (Ilvo Diamanti, Repubblica, 6 giugno). «Partecipare è già vincere», spiegano i cattolici democratici milanesi Paolo Danuvola e Fabio Pizzul (Il sicomoro, 8 giugno).
Si tratta adesso di passare dalla liberazione alla ricostruzione. La prima occasione la offrono i referendum di domenica prossima. È importante che le voci significative del mondo cattolico, vescovi e settimanali diocesani abbiano auspicato la partecipazione e la scelta del Sì. Salvo i ciellini/pidiellini, e Avvenire (cfr. “Referendum , questioni di merito” di Sergio Soave, 2 giugno), l’“alleanza” tra la segreteria vaticana e il governo italiano sembra in difficoltà. «Il Vaticano ha chiuso gli occhi sulle violazioni più eclatanti dell’etica pubblica... Una delle più antiche diplomazie del mondo è stata piegata ai disegni di potere berlusconiano...» (Marco Politi, Il Fatto quotidiano, 1 giugno).
Ma per ricostruire una vita civile “a misura dell’uomo” serviranno partiti, programmi e soprattutto uomini. Il cardinale Bagnasco ha auspicato appunto una nuova generazione di cattolici impegnati in politica: persone di qualità e rettitudine, senza però costituire un nuovo “partito cattolico” (A. Tornielli, “La Chiesa in cerca di un partito”, La Stampa, 2 giugno).
A questo punto conviene rileggere le parole che Giuseppe Dossetti pronunciò nel 1993 e che oggi sono ancora più attuali: «Dobbiamo convincerci che tutti noi, cattolici italiani, abbiamo gravemente mancato, specialmente negli ultimi due decenni, e che ci sono grandi colpe (non solo errori o mere insufficienze), grandi e veri e propri peccati collettivi. I battezzati consapevoli devono percorrere un cammino inverso a quello degli ultimi vent’anni, cioè mirare non ad una presenza dei cristiani nelle realtà temporali e alla loro consistenza numerica e al loro peso politico, ma ad una ricostruzione delle coscienze e del loro peso interiore, che potrà poi, per intima coerenza e adeguato sviluppo creativo, esprimersi con un peso culturale e finalmente sociale e politico».