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MEDICINA E ILLUMINISMO KANTIANO. L’OMEOPATIA E IL CORAGGIO DI SERVIRSI DELLA PROPRIA INTELLIGENZA ("SAPERE AUDE!": KANT, 1784). "ORGANON DELL’ARTE DEL GUARIRE": "AUDE SAPERE" (HAHNEMANN, 1819).

C. F. SAMUEL HAHNEMANN: CRITICA DELLA RAGIONE MEDICA. LINEE-GUIDA PER DIVENTARE MEDICI RESPONSABILI (SENZA VIRGOLETTE). Alcune sue pagine (del 1825) tutte da rimeditare - a c. di Federico La Sala

La migliore occasione per esercitare e perfezionare la nostra capacità di osservazione è fornita dall’istituire esperimenti con farmaci su noi stessi.
mercoledì 28 maggio 2014
"Era angosciante per me procedere sempre al buio, senz’altra luce se non quella che si poteva ricavare dai libri, quando dovevo guarire i malati [...] Non potevo curare coscienziosamente le nuove e ignote affezioni morbose dei miei fratelli malati con quei farmaci sconosciuti [...] Diventare in tal modo l’assassino o il torturatore dei miei fratelli era per me un’idea tanto terribile e opprimente che, subito dopo il mio matrimonio, rinunciai all’esercizio della professione medica e mi (...)

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> C. F. SAMUEL HAHNEMANN: CRITICA DELLA RAGIONE MEDICA. ----- “So al 93% cosa farete: siete tutti prevedibili”. Intervista a Albert László Barabási. Così siamo diventati facilmente prevedibili

mercoledì 22 giugno 2011


-  Intervista a Albert László Barabási

-  “So al 93% cosa farete: siete tutti prevedibili”

-  Le ricerche della “network theory” sui comportamenti umani
-  “Obbediscono alla logica dei lampi, tra frenesia e pigrizia”

di Gabriele Beccaria (La Stampa/Tutto Scienze, 22.06.2011)

Albert László Barabási è il vincitore del «Premio Lagrange - Fondazione CRT 2011»: il fisico ungherese (di origine romena e con passaporto statunitense), direttore del Centro di Ricerca per le Reti Complesse alla Northeastern University di Boston e autore di alcuni tra i saggi più brillanti e gli studi più innovativi nel campo della scienza dei sistemi complessi, riceverà il prestigioso riconoscimento giovedì 30 giugno, alle ore 18, durante la cerimonia di consegna organizzata al Teatro Vittoria di Torino. Famoso per i suoi approcci innovativi e trasversali, in cui la fisica si sposa con la biologia, l’informatica e anche la storia, Barabàsi ha più volte sorpreso il mondo accademico: a partire dalle ricerche condotte sulle logiche di Internet fino alle recenti analisi sulla mobilità individuale e collettiva.

Siamo prevedibili. Così banali da far ghignare di gioia gli spioni che controllano ogni nostro movimento e decisione, lungo un’infinita scia di foto, video, tracce fisiche ed elettroniche. Ed è proprio l’universo della sorveglianza 24 ore su 24 e dei social networks, a cui entusiasticamente ci abbandoniamo, a erigere oggi il più mastodontico archivio dei comportamenti individuali e collettivi: esplorando i suoi segreti e saccheggiandone i dati, un fisico della Northeastern University, AlbertLászló Barabási, sta costruendo la sua teoria, affascinante e controversa. E’ convinto che le azioni umane si muovano lungo modelli decifrabili (e dunque prevedibili) e ha cercato di dimostrarlo con un saggio, «Lampi», nel quale annoda e riannoda il presente e il passato ed eventi in apparenza scollegati, come l’era dei cellulari e della mobilità compulsiva con l’epoca delle rivolte contadine nell’Ungheria del XVI secolo.

Professore, la «network theory» la teoria delle reti - ipotizza che viviamo e agiamo attraverso una serie di «bursts», lampi di frenetica attività inframmezzati a lunghi periodi di calma e perfino di passività: è solo colpa di una malaccorta gestione del tempo che non ci basta mai o ci sono anche ragioni biologiche e genetiche?

«In realtà questo tipo di comportamento si può osservare in un vasto campione di sistemi, compresi i processi che hanno luogo all’interno delle nostre cellule. E anche la stessa attività dei geni segue il modello dei “lampi”. Questo, però, non significa che ci siano delle ragioni note di tipo genetico. E’ probabile che il motivo principale dei “bursts” sia legato al modo con cui prendiamo le decisioni e le distribuiamo nel tempo, vista la quantità di compiti che dobbiamo affrontare in contemporanea».

Lei pensa che e-mails e social networks stiano trasformandoci? Siamo oggi più scontati di quanto non fossimo nel passato, nelle epoche pre-high tech?

«Sotto certo aspetti le e-mails, il social networking e i cellulari, in effetti, ci cambiano. E tuttavia non ci rendono più prevedibili. Grazie a questi strumenti elettronici, semmai, le nostre azioni diventano più semplici da seguire e da misurare e in alcuni casi la precisione di queste analisi può essere sorprendentemente alta».

Un esempio?

«Si è scoperto che i nostri modelli di mobilità presentano un 93% di prevedibilità: significa che diventa possibile scrivere un software che predica i nostri futuri spostamenti con un livello di precisione pari a 93 su 100».

Se siamo così «trasparenti», quali trucchi ci restano per sfuggire alla «società della sorveglianza» che minaccia di comprimere la nostra libertà e il diritto alla privacy?

«Abbiamo sempre la libertà di cambiare i nostri comportamenti, anche in modo drastico, ma la verità è che lo facciamo di rado. Almeno in linea teorica tutti possiamo abbandonare il lavoro e cambiare casa, cominciando da zero uno stile di vita libertario e anarchico. Poche persone, però, scelgono di farlo davvero. La maggior parte di noi è intrappolato sia nel tempo sia nello spazio: non è pensabile aprire un nuovo business a mezzanotte, se i clienti vogliono venire a mezzogiorno. Significa che siamo costretti a seguire modelli preordinati e conformisti».

Ma come pensa di riuscire a combinare questa prevedibilità degli individui con le continue sorprese dei comportamenti sociali e degli eventi collettivi? La storia è molto meno scontata di quanto lei non suggerisca.

«I processi storici rappresentano la somma di milioni di scelte individuali e, quindi, è perfettamente logico che le diverse componenti possano essere prevedibili, mentre il sistema - nel suo complesso - risulta più difficile da studiare. Le leggi di Newton, per esempio, forniscono la traiettoria delle molecole in un gas e, tuttavia, è impossibile prevedere quella di trilioni di particelle, senza dimenticare che si deve tenere conto di una serie di altri elementi come la temperatura, la pressione o la viscosità. Ecco, quindi, dove si colloca la sfida scientifica: come sia possibile innalzarsi dalle azioni di miliardi di singole persone fino alla società nella sua globalità. Al momento non abbiamo ancora una risposta, ma è proprio questo il “Santo Graal” della complessità».

Nel libro lei ha raccolto una serie di esempi delle «power laws» - le leggi di potenza - che ci governano (o ci governerebbero), dall’irregolare corrispondenza di Albert Einstein alle disavventure di un artista americano con l’Fbi: crede di poter estendere queste invisibili linee al futuro prossimo e di tentare qualche previsione sull’evoluzione di una serie di tendenze attuali, dalle mode alla finanza?

«Le “power laws”, di per sé, non sono uno strumento di previsione, perché, in realtà, rappresentano una caratteristica dei nostri comportamenti. E c’è da aggiungere che queste leggi sono piuttosto stabili e costanti nel tempo: erano le stesse un decennio fa e ritengo che persisteranno invariate anche nel futuro. Questa è già - essa stessa - una previsione: è proprio la permanenza delle leggi che caratterizzano i sistemi complessi, come la nostra società».

Lei scrive che non siamo altro che «robots sognanti»: non lo trova un giudizio inquietante?

«I nostri sogni sono liberi di fluire. Sono le nostre azioni a essere profondamente prevedibili».


Un brano tratto dalla lezione che il fisico Barabási terrà alla consegna del Lagrange

Così siamo diventati facilmente prevedibili

di Albert László Barabási (la Repubblica, 22.06.2011)

Questo mare di dati digitali su di noi, dai cellulari alla posta elettronica, offre la possibilità di anticipare i nostri spostamenti futuri

Albert László Barabási riceverà il 30 giugno a Torino il Premio Lagrange-Fondazione CRT (anticipiamo parte della lectio che terrà in quell’occasione). Il riconoscimento internazionale è il primo nel campo della scienza della complessità. Istituito dalla Fondazione CRT e coordinato dalla Fondazione ISI, è stato assegnato al matematico russo Yakov Grigorievich Sinai e all’economista britannico William Brian Arthur nel 2008, al fisico italiano Giorgio Parisi nel 2009 e al bioingegnere Usa James J. Collins nel 2010.

Per fare una previsione su una cosa qualsiasi servono dati. Molti dati. Chiunque vada dicendo di poter fare previsioni senza informazioni o è un veggente o un consulente d’azienda. Di conseguenza, per lanciarmi nella carriera di scienziato in grado di effettuare previsioni ho assegnato al mio voluminoso orologio il compito di raccogliere informazioni sui luoghi nei quali passavo. Nondimeno, a mano a mano che i dati si accumulavano sul disco fisso del mio computer, mi sono reso conto che una tecnologia diversa avrebbe potuto fornirmi non soltanto la mia posizione, ma anche quella dettagliata di milioni di altre persone. In realtà, infatti, il nostro server di telefonia mobile sa esattamente e sempre dove ci troviamo. Ogni volta che facciamo una telefonata, la nostra effettiva posizione è localizzata per potercene addebitare la spesa, e anche il numero che abbiamo chiamato è registrato.

Naturalmente, i server di telefonia mobile sono estremamente cauti nel diffondere tali informazioni, essendo vincolati dalla legge e dal desiderio di conservare la fiducia dei loro clienti. Malgrado ciò è evidente che questo tipo di informazione è prezioso, e pertanto viene condiviso con alcuni partner industriali per sviluppare applicazioni in funzione della località nella quale ci si trova, oppure con ricercatori come me che la utilizzano per studiare di tutto un po’, dai social network al comportamento umano. Ovviamente, tali informazioni pervengono in laboratorio in forma assolutamente anonima, il che significa che non conosciamo il nome dell’utente né il suo numero di telefono. Dalla nostra prospettiva, pertanto, ogni individuo è simile a un atomo di un gas che si muove in modo apparentemente casuale nello spazio e interagisce in momenti apparentemente imprevedibili con gli altri "atomi", terreno familiare a chiunque abbia studiato la fisica statistica. In uno studio recente, pubblicato sulla rivista Science abbiamo utilizzato le informazioni dei server di telefonia mobile per porre una domanda semplice, seppur aborrita: se ho accesso a tutti gli spostamenti effettuati da qualcuno negli ultimi mesi, con quanta accuratezza potrei essere in grado di prevedere dove quel qualcuno si troverà domani a mezzogiorno?

I normali impiegati sono bloccati alla scrivania almeno otto ore al giorno. Se a queste aggiungiamo altre otto ore di riposo a casa, circa un terzo del loro tempo resta a loro completa disposizione. Ciò significa che conoscendo anche solo vagamente gli orari della giornata di qualcuno è possibile prevedere nel 66 per cento dei casi dove si trovi.

Nel caso invece di coloro che non hanno una scrivania alla quale sedersi ogni giorno - dai rappresentanti agli autotrasportatori - e così pure per la stragrande maggioranza di noi nei finesettimana e durante le ferie, le previsioni saltano. È proprio per questo motivo che il risultato della nostra ricerca ci ha colti alla sprovvista: abbiamo scoperto che un algoritmo che abbia accesso alla nostra mobilità pregressa potrebbe servire nel 93 per cento dei casi a prevedere dove ci troveremo in futuro. Altrettanto sorprendente è il fatto che non abbiamo trovato tra gli utenti di telefonia mobile nessuno che avesse una prevedibilità inferiore all’80 per cento.

I servizi di telefonia basati sulla localizzazione dell’utente, dai suggerimenti sui ristoranti agli avvisi sul traffico, sono sempre più frequenti. Malgrado ciò, le informazioni che si cercano nella maggior parte dei casi non sono pertinenti al luogo nel quale già ci si trova, bensì a quello nel quale si è diretti. Tenuto conto dell’alta prevedibilità dei nostri schemi di spostamento, la prossima generazione di smartphone potrebbe soddisfare senza soluzione di continuità le nostre necessità future, scaricando automaticamente sui nostri telefoni le cartine stradali e i servizi relativi alla nostra destinazione. Utilizzate adeguatamente queste informazioni potrebbero nei prossimi decenni trasformare i server dei servizi di telefonia mobile in mediatori dell’informazione.

Ma la prevedibilità chiarisce anche che consentendo un accesso incontrollato ai nostri dati non soltanto mettiamo interamente a disposizione di altri il nostro passato, ma riveliamo anche il nostro futuro. La verità è che questo mare di dati digitali che ormai esiste su ciascuno di noi, dai telefoni cellulari alla posta elettronica alle informazioni desumibili dalle nostre carte di credito, offre un potere di effettuare previsioni su di noi di gran lunga superiore alle nostre schede sanitarie. In effetti, perfino minimi cambiamenti comportamentali registrati dall’accelerometro del nostro telefonino, o modifiche apportate alle nostre abitudini negli spostamenti possono rivelare al nostro medico molte più cose su una nostra incombente malattia di quanto possa dire il nostro Dna.

L’autore dirige il Center for Networks Research presso la Northeastern University. Il suo ultimo libro è The Hidden Pattern Behind Everything We Do (Traduzione di Anna Bissanti)


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