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MEDICINA E ILLUMINISMO KANTIANO. L’OMEOPATIA E IL CORAGGIO DI SERVIRSI DELLA PROPRIA INTELLIGENZA ("SAPERE AUDE!": KANT, 1784). "ORGANON DELL’ARTE DEL GUARIRE": "AUDE SAPERE" (HAHNEMANN, 1819).

C. F. SAMUEL HAHNEMANN: CRITICA DELLA RAGIONE MEDICA. LINEE-GUIDA PER DIVENTARE MEDICI RESPONSABILI (SENZA VIRGOLETTE). Alcune sue pagine (del 1825) tutte da rimeditare - a c. di Federico La Sala

La migliore occasione per esercitare e perfezionare la nostra capacità di osservazione è fornita dall’istituire esperimenti con farmaci su noi stessi.
mercoledì 28 maggio 2014
"Era angosciante per me procedere sempre al buio, senz’altra luce se non quella che si poteva ricavare dai libri, quando dovevo guarire i malati [...] Non potevo curare coscienziosamente le nuove e ignote affezioni morbose dei miei fratelli malati con quei farmaci sconosciuti [...] Diventare in tal modo l’assassino o il torturatore dei miei fratelli era per me un’idea tanto terribile e opprimente che, subito dopo il mio matrimonio, rinunciai all’esercizio della professione medica e mi (...)

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> C. F. SAMUEL HAHNEMANN: CRITICA DELLA RAGIONE MEDICA. ---- E DELLA RAGIONE POLITICA. Avere il coraggio di continuare a pensare il non ancora pensato. Non siamo alla fine della storia (di Luciana Castellina - Le donne, gli uomini e la più grande bugia della storia)..

martedì 28 giugno 2011

-  Nessun ritrattista è mai stato così negligente da trascurare le spiccate peculiarità nelle fattezze di una persona di cui desideri effettuare un ritratto o da considerare sufficiente fare un paio di cerchi rotondi sotto la fronte a guisa di occhi, tracciare tra di loro una linea diretta dall’alto verso il basso, sempre nello stesso modo, a guisa di naso e, sotto, mettere una fessura di traverso alla faccia che dovrebbe stare per la bocca di questa persona o di qualsiasi altra:
-  nessun ritrattista, lo affermo, è pervenuto a delineare il viso umano in un modo così rozzo e trascurato; nessun naturalista ha mai lavorato in questo modo nel descrivere le creazioni della natura, in tal modo mai hanno agito zoologi, botanici o geologi.
-  Soltanto la semiologia della medicina convenzionale è arrivata a lavorare in questo modo nel descrivere i fenomeni morbosi.
-  S. Hahnemann, L’osservatore medico (frammento),


Le donne, gli uomini e la più grande bugia della storia

di Luciana Castellina (l’Unità, 28.06.2011)

C ’è una bugia storica che non può essere svelata declassificando documenti segreti, come è stato per le Carte del Pentagono o per le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. A dirla sono le nostre moderne democrazie. Consiste nel far credere che, adesso, nascono bambini neutri e non più, come una volta, bambine femmine e bambini maschi. Sulla base di questa menzogna hanno spacciato come universale l’intero edificio istituzionale dei nostri Paesi e la loro organizzazione sociale, che è invece rimasta tutta disegnata sull’essere umano maschio. Da quando la bugia è stata detta, le donne, per non rimanere prigioniere nel ghetto del privato familiare sottratto alle regole pubbliche, hanno dovuto vivere clandestinamente la propria identità, mascherandosi da essere neutro, cioè, nei fatti, da uomo.

Il femminismo recente ha per fortuna cominciato a sollevare dubbi su questa carnevalata. Purtroppo per disvelarla non basta desecretare carte, perché riconoscere l’esistenza di una differenza di genere cui viene nagato valore, significherebbe rimettere in discussione l’intera filosofia che ispira i nostri sistemi democratici, fondati sul principio di uguaglianza di fronte alla legge. Un’idea che ha avuto e ha molte buone ragioni, perché ha aiutato a eliminare i privilegi più vistosi e le esclusioni più inaccettabili, ma che non ha eliminato le disuguaglianze profonde: le ha nascoste come si fa con la polvere sotto i tappeti.

E così le istituzioni, i codici, la rappresentanza, l’organizzazione civile, l’assetto materiale della vita continuano ad assumere l’inesistente essere neutro come referente: un cittadino travestito da astratto, indistinto nel genere così come nella sua collocazione sociale reale.

Dire “ogni cittadino è uguale di fronte alla legge” è una conquista democratica ma anche un inganno. L’astrattezza della norma andrebbe colorata assumendo come metro il bisogno di ognuno, valorizzando la sua diversità e organizzando la vita collettiva in modo da dare uguaglianza concreta alle differenze. Significherebbe costruire identità relazionali in cui ciascuno, anziché mutilarsi per entrare nella corazza dell’astratto, o rifugiarsi, mortificato, nella sua diversità diventata debolezza, si costruisce un’identità che assume l’altra o l’altro come risorsa critica di se stessa e di se stesso. A partire da qui si potrebbe ridisegnare un mondo migliore.

Detto questo, sono tuttavia d’accordo con Bobbio quando ci metteva tutti in guardia dai rischi di indebolire le garanzie formali di questa nostra democrazia che per ora è la migliore in circolazione. Ma d’accordo con Bobbio anche quando esprimeva la sofferta consapevolezza dei suoi limiti.

Mi basterebbe che almeno si sapesse della bugia storica e non si pensasse di ristabilire la verità concedendo qualche diritto a tutela delle minoranze (e peraltro le donne non sono una minoranza). Mi basterebbe insomma mettere una spina nel fianco della nostra democrazia imperfetta, e avere il coraggio di continuare a pensare il non ancora pensato. Non siamo alla fine della storia.


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