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LE PAROLE DELLA POLITICA E LA FILOSOFIA ITALIANA. Dopo quasi venti anni di berlusconismo e dopo altrettanti anni di una quasi generale connivenza sonnambolica ....

FILOSOFIA IN STATO COMATOSO. IL PARADOSSO DELL’IDENTITA’: IO E GLI ALTRI. REMO BODEI CERCA DI SVEGLIARSI E SI RIATTACCA AL VECCHIO E LOGORO FILO POPPERIANO. Ecco le tesi del suo "manifesto per vivere in una società aperta" - a cura di Federico La Sala

Dobbiamo ridurre lo strabismo, che diventa sempre più forte, tra l’idea che la globalizzazione sia un processo che cancella le differenze e l’esaltazione delle differenze stesse.(...)
lunedì 27 giugno 2011 di Federico La Sala
[...] quello che preferisco e propongo, è rappresentato da un’identità simile ad una corda da intrecciare: più fili ci sono, più l’identità individuale e collettiva si esalta. Bisogna avere accortezza e pazienza politica nell’inserire nel tessuto sociale individui e gruppi finora esclusi, perché al di fuori dell’integrazione non esistono realisticamente altre strade praticabili. Integrazione non vuol dire assimilazione, rendere gli altri simili a noi, ma non vuol dire nemmeno lasciarli in (...)

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> FILOSOFIA IN STATO COMATOSO: IL PARADOSSO DELL’IDENTITA’. ---- L’UNICO BENE E’ LA VIRTU’ (di Seneca - Lettere a Lucilio, 74))

giovedì 23 giugno 2011

ESAME DI MATURITA’ 2011 - SECONDA PROVA SCRITTA: LATINO, AL CLASSICO:

L’UNICO BENE E’ LA VIRTU’ *

Se uno vuole essere felice, si convinca che l’unico bene è la virtù; se pensa che ce ne sia qualche altro, prima di tutto giudica male la provvidenza, perché agli uomini onesti capitano molte disgrazie e perché tutti i beni che essa ci ha concesso sono insignificanti e di breve durata, se paragonati all’età dell’universo. 11 Conseguenza di questi lamenti è che non manifestiamo gratitudine per i benefici divini: deploriamo che non ci capitino sempre, che siano scarsi, incerti e caduchi. Ne deriva che non vogliamo vivere, né morire: odiamo la vita, temiamo la morte. Ogni nostro disegno è incerto e non siamo mai pienamente felici. Il motivo? Non siamo arrivati a quel bene immenso e insuperabile dove la nostra volontà necessariamente si arresta: oltre la vetta non c’è niente. 12 Chiedi perché la virtù non provi nessun bisogno? Gode di quello che ha, non desidera quello che le manca; per essa è grande quanto le basta. Abbandona questo criterio e verranno a cadere il sentimento religioso, la lealtà: chi vuole mantenere l’uno e l’altra deve sopportare molti dei cosiddetti mali, rinunciare a molte cose di cui si compiace come se fossero beni. 13 Scompare la forza d’animo, che deve mettere se stessa alla prova; scompare la magnanimità, che non può emergere se non disprezza come cose di poco conto tutti quei beni che la massa desidera e tiene nella massima considerazione; scompaiono la gratitudine e i rapporti di gratitudine, se temiamo la fatica, se pensiamo che ci sia qualcosa di più prezioso della lealtà, se non miriamo al meglio

*

LUCIO ANNEO SENECA,

Lettere a Lucilio

Traduzione da

Edizione Acrobat a cura di Patrizio Sanas

http://www.ousia.it/SitoOusia/SitoOusia/TestiDiFilosofia/TestiPDF/Seneca/LETTERE.PDF


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