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TEOLOGIA E FILOLOGIA: LA LEGGE DELLA CASA (ECO-NOMIA) DEL SIGNORE E L’ EU-CHARISTIA. "La parola «Eucaristia» deriva dal verbo greco «eu-charistèō/rendo grazie» che a sua volta proviene dall’avverbio augurale «eu-...-bene» e «chàirō-rallegrarsi/essere contento»" (Paolo Farinella, prete).

IL XXV CONGRESSO EUCARISTICO E LA VITA DEL MONDO. Benedetto XVI continua a parlare di "caristia" ("caritas") ma non ancora di "charistia" ("charitas")! Messaggio di saluto del Papa ai partecipanti al congresso nazionale ad Ancona (3-11 settembre) - a c. di Federico La Sala

(...) se il mio fratello commette una colpa contro di me, io devo usare carità verso di lui e, prima di tutto, parlargli personalmente, facendogli presente che ciò che ha detto o fatto non è buono (...)
domenica 11 settembre 2011 di Federico La Sala
Note introduttive sul tema (cliccare sui titoli):
IL NOME DI DIO. L’ERRORE FILOLOGICO E TEOLOGICO DI PAPA BENEDETTO XVI, NEL TITOLO DELLA SUA PRIMA ENCICLICA. Nel nome della "Tradizione"
PER RATZINGER, PER IL PAPA E I CARDINALI, UNA LEZIONE DI GIANNI RODARI. L’Acca in fuga
SE UN PAPA TEOLOGO SCRIVE LA SUA PRIMA ENCICLICA, TITOLANDOLA "DEUS CARITAS EST" ("CHARITAS", SENZA "H"), E’ ORA CHE TORNI A CASA, DA "MARIA E GIUSEPPE", PER IMPARARE UN PO’ DI CRISTIANESIMO. Federico La Sala (...)

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> IL XXV CONGRESSO EUCARISTICO E LA VITA DEL MONDO. ---- Gli indignados delle parrocchie (di Marco Politi)

domenica 11 settembre 2011

Gli indignados delle parrocchie

di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 11 settembre 2011)

“La Chiesa parli! Si apre il giornale e si legge di questi baccanali. E intanto la manovra colpisce chi sempre è stato colpito”. Il popolo delle parrocchie riunito per il Congresso eucaristico nazionale appare indignato, rattristato, disorientato. È la folla di uomini e donne che vediamo ogni giorno intorno a noi, al supermercato, in autobus, in ufficio. Sono venuti ad Ancona, raccontano, per un “momento di crescita spirituale” e ritrovarsi a “testimoniare Gesù”. Affollano con fervore la Via Crucis, la processione eucaristica, la messa in duomo del cardinale Bagnasco. Un popolo che non alza la voce, ma riflette le angosce esistenziali dell’Italia e vorrebbe “agire per il bene comune” e risorgere. Il lavoro è la preoccupazione dominante. Il tema torna sistematicamente tra le preghiere dei fedeli durante le celebrazioni.

Alla Chiesa il popolo delle parrocchie chiede in maniera quasi ossessiva “credibilità e testimonianza”. Nello sfacelo italiano dell’anno 2011, mi dice la giovane pellegrina Rosa nel padiglione della Fiera, la Chiesa è vista come “elemento che unisce”, ma accanto a lei un ragazzo interloquisce: “La Chiesa dovrebbe essere meno neutrale e più critica”.

Giovanni, 53 anni, è venuto fin qui da Potenza. “Mi alleno - dice sorridendo - a seguire il messaggio di Cristo”. Lo incontro sui gradini della cattedrale. Riflette il disagio e lo smarrimento di tanti fedeli. Si riconosce nelle parole del papa e dei vescovi, ma è anche in preda al malessere per la situazione del Paese. “Si apre il giornale e si vede la foto di un bimbo che soffre e accanto il resoconto di baccanali. Provo indignazione. Un po’ di onestà, mense più parche, basta con questo mondo di vanità...”.

È un universo che attende un canale in cui convogliare il proprio desiderio di rinascita. A volte sfiduciato, più spesso concentrato su quanto di positivo può fare nel proprio ambiente. Vincenzo, anconetano di origine tarantina, è schietto: “Come uscirne? E’ impossibile”. Poi soggiunge: “Bisogna reagire”. Una signora di mezza età confessa: “A livello gerarchico non possiamo incidere. Cerco di vivere positivamente”. Un’altra fedele, di ritorno dalla comunione, soggiunge: “Provo tristezza perché non vedo un senso in ciò che accade al nostro Paese. Spero in un cambiamento nel cuore e e nella mente dei politici”.

Capelli neri, un vestito rosso, una bimba avvinghiata alla gamba, un’infermiera esclama “Le è andata male! Mi chiamo Redenta. Ho incontrato Gesù a 16 anni: mi aiuta, mi accompagna. Sì lo sfacelo c’è, però io cerco di dare la mia testimonianza e prego per la conversione di chi agisce male”.

Tra la folla, venuta per assistere oggi alla messa conclusiva con il Papa, i giovani sono i più combattivi. “Noi cattolici sentiamo che il nostro dovere è l’impegno quotidiano, amare gli altri, garantire ospitalità, favorire la liberazione dal male. Ma in questa situazione politica la Chiesa deve prendere posizione, dire pane al pane, vino al vino”, prorompe Giuseppe Politanò, giovane cooperatore del Progetto Policoro. Gli fa eco un amico: “Con questa politica che esprime interessi privati la Chiesa dovrebbe essere meno neutrale e più critica. Mi spaventa il silenzio della Chiesa”.

Sergio Casadonte, di Palmi, parla della necessità di rafforzare la speranza e di lottare per il bene comune nonostante tutto. Adam, calabrese anche lui, insiste: “La Chiesa non deve avere paura di parlare”. Tre insegnanti, uscite da un dibattito ecumenico, confessano: “Siamo afflitte per il disastro in cui sta precipitando l’Italia. Ma da credenti siamo anche afflitte per quei cattolici, che hanno sostenuto e sostengono il governo più brutto della nostra storia. C’è una Chiesa che si è compromessa con il potere e c’è un’altra Chiesa che chiede rinnovamento”.

Nel grande disorientamento il cardinale Bagnasco chiede ai cattolici di rimanere “insieme” e di agire insieme nelle forme storicamente possibili. Difficile dire che sbocco politico può avere l’indicazione. Il pessimismo è diffuso. Forse tanto più grande in quanto questa galassia di uomini e donne non grida, ma osserva pacatamente che la situazione è disastrosa. Come la parrocchiana che commenta:“Abbiamo toccato il fondo. La normalità è diventata l’eccezione”. O il prete che osserva che la manovra del governo “mette soltanto toppe, i cui effetti poi si vedranno”. A bassa voce questo popolo invoca una “svolta di sobrietà e credibilità”.

Ma è una massa magmatica, impossibile da ridurre ad uno schema. Eppure nelle nuove generazioni si manifestano mutamenti sotterranei. Don Niccolò Anselmi, responsabile nazionale della pastorale giovanile, racconta del pellegrinaggio che un gruppo di ragazzi ha appena fatto nel carcere anconetano con la croce della Gmg di Madrid: “Assistiamo ad un lento riavvicinamento dei giovani ad un impegno sociopolitico, non ideologico ma attento ai bisogni dei più deboli. Hanno una fede più esigente”.

D’altronde a Madrid c’è anche chi ha seguito le messe e poi è andato a manifestare con gli indignados.


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