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"PREFACE TO PLATO"(Eric A. Havelock, 1963): "CULTURA ORALE E CIVILTA’ DELLA SCRITTURA. Da Omero a Platone".

RILEGGERE HAVELOCK PER RICOMPRENDERE (ANCORA E MEGLIO) PLATONE - E NOI. Una sintesi (in pdf) del suo importante lavoro - di Federico La Sala

(...) un contributo essenziale a meglio comprendere la mutazione mentale (Vernant) che diede origine a quell’intellettualismo astratto che i Greci chiamarono filosofia (...)
lunedì 19 settembre 2011 di Federico La Sala
La "Repubblica" di Platone - un documento fondamentale nella storia della cultura europea, non il manifesto di un’improbabile società utopica, ma il momento decisivo nellal otta contro la tradizione e la cultura orale, e in sieme il programma di un’epoca e di un tempo futuro (quelli stessi della storia dell’occidente, poi) [...] I percorsi critici della filosofia e dell’antropologia culturale, come le lotte di liberazione dei popoli di tradizione orale sopravvissuti ai vari imperialismi (da ricordare gli stessi indiani di America) sono del tutto fuori dall’ottica etno-logocentrica del lavoro - pur prezioso - di Havelock).

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> RILEGGERE HAVELOCK PER RICOMPRENDERE (ANCORA E MEGLIO) PLATONE - E NOI. --- ANTROPOLOGIA E STORIA. Note sul tema della "origine della coscienza e della "mente bicamerale" proposto da Julian Jayne.

mercoledì 7 agosto 2024

ANTROPOLOGIA CHIASMATICA, PSICOLOGIA, E STORIA: ALCUNE NOTE A MARGINE SULLE "VOCI PERDUTE DEGLI DEI" E "SULLE ORIGINI DELLA COSCIENZA" DI JULIAN JAYNES.

NEL LODEVOLE TENTATIVO DI CONTRIBUIRE A UNA MIGLIORE COMPRENSIONE DEL SUO LAVORO SU "IL CROLLO DELLA MENTE BICAMERALE E L’0RIGINE DELLA COSCIENZA" (ADELPHI, 1976/1991), E, ANCORA, PRECISANDO SU "LA NATURA DIACRONICA DELLA COSCIENZA" (ADELPHI, 2014), JULIAN JAYNES (1920-1997), nella raccolta di saggi, intitolata "Le voci perdute degli dèi. Sulle origini della coscienza" e pubblicata negli anni scorsi dalle Edizioni Tlon (Città di Castello, 2021), scrive e precisa:

      • "[...] Attraverso la letteratura vediamo infatti che l’idea del sé crea una traccia che continua a cambiare man mano che avanza.

      • Possiamo averne una prova nel xvii secolo, mettendo a confronto Descartes e Locke. Mentre Descartes sembra appartenere ancora al lato più antico, Locke accoglie una nuova esperienza della soggettività e parla del sé in un modo molto diverso. All’epoca si usava la parola “anima”, ma essa - in particolare a partire da Locke e Hume - giunse a significare ciò che noi potremmo chiamare il sé.

      • Se seguiamo la letteratura fino all’epoca romantica, osserviamo una forte presenza del sé. Percy Bysshe Shelley (1792-1822), ad esempio, dice che il «sé è Mammona della letteratura» e con ciò intende che che dobbiamo sbarazzarci del sé per ottenere una pura ispirazione. È uscito recentemente un libro intitolato The Invention in the Self (“L’invenzione del sé”) con cui non concordo. Ma l’argomento è divenuto popolare in questo momento tra diversi studiosi che discutono dei cambiamenti avvenuti storicamente sia nella coscienza che nell’idea di individualità.[...]" (cfr. "L’Indiscreto, 12/07/2021).

ALLA LUCE di tali considerazioni, e, proprio seguendo il filo della "letteratura", visto che Jaynes, dopo gli studi, trascorse diversi anni in Inghilterra come attore e drammaturgo, e che, nel suo "quadro" teorico e storico, non ho trovato alcuna menzione di Shakespeare, sul tema affrontato, forse, vale la pena ricordare la "forte" esclamazione dall’ «Amleto» di Shakespeare: "O my prophetic soul! My uncle?" (Hamlet, I.5) e richiamare l’attenzione su una importante "imprecisione" relativa alle "profezie" delle Sibille e, in particolare, al numero della loro "presenza" negli affreschi della Volta della Cappella Sistina realizzati da Michelangelo:

"[...] Le sibille. L’epoca degli oracoli occupa l’intero millennio successivo al crollo della mente bicamerale. [...] Come agli oracoli, anche alle sibille veniva chiesto di prendere decisioni su questioni di varia importanza, uso che continuò sino a III secolo d. C. Le loro risposte erano così pervase di fervore morale che persino i primi Padri della Chiesa e gli ebrei ellenistici si inchinarono ad esse come a profetesse di livello pari a quello dei profeti dell’Antico Testamento.
-  La Chiesa cristiana antica, in particolare, ne usò le profezie (spesso dei falsi) per dare un sostegno alla propria autenticità divina.
-  Ancora un millennio dopo, in Vaticano, quattro sibille furono dipinte in posizioni prominenti, sul soffitto della Cappella Sistina, da Michelangelo.
-  E secoli dopo ancora, copie di queste donne muscolose, con i libri oracolari aperti dinanzi a sé, erano solite osservare lo stupefatto autore di questo libro in una scuola di catechismo unitariana nel New England. Tale è la sete di autorizzazione delle nostre istituzioni.
-  E dopo che anche le sibille ebbero smesso di far sentire la loro voce, dopo che gli dèi ebbero cessato di calarsi in forme umane viventi nella profezia e nell’oracolo, l’umanità cominciò a ricercare altre forme per riannodare i legami fra il cielo e la terra. Sorsero così nuove religioni, il cristianesimo, lo gnosticismo e il neoplatonismo [...]" (J. Jaynes, "Il crollo della mente bicamertale..., cit., 1976, pp. 393-394).

ANTROPOLOGIA CHIASMATICA (NEXOLOGIA) E STORIOGRAFIA. RICORDANDO CHE SETTE SONO I PROFETI (Zaccaria, Gioele, Isaia, Ezechiele, Daniele, Geremia, Giona) E CINQUE LE SIBILLE (Sibilla Delfica, Sibilla Eritrea, Sibilla Cumana, Sibilla Persica, Sibilla Libica) PRESENTI NELLA VOLTA DELLA CAPPELLA SISTINA, a ulteriore approfondimento, forse, è bene (da un punto di vista antropologico, filologico, e storico-critico) riflettere ancora sul tema della "sopravvivenza degli antichi dèi" (Jean Seznec) , e in questo caso, sul richiamo fatto dallo stesso Jaynes a "Mammona", ripreso da "Percy Bysshe Shelley (1792-1822), che "dice che il «sé è Mammona della letteratura»".

"SAPERE AUDE!" (KANT): DIO ("CHARITAS") O MAMMONA ("CARITAS"). A ben rileggere l’antica parabola evangelica (Luca. 16. 1-16=C.E.I.]), probabilmente, Shelley non ha tutti i torti: si tratta di far buon uso del proprio "denaro" ("Mammona") come della propria "intelligenza" e della "facoltà di giudizio" (Immanuel Kant):

      • «C’era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore. [...] 8Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
      • Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand’essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne. 11Se dunque non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? Nessun servo può servire a due padroni [...] Non potete servire a Dio e a mammona» (Luca 16. 1-13.

Federico La Sala


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