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MARCIA PERUGIA-ASSISI. PER LA PACE E LA FRATELLANZA DEI POPOLI ....

INSURREZIONE MORALE DEL POPOLO ITALIANO. DOMENICA 25 SETTEMBRE IN MARCIA DA PERUGIA AD ASSISI - del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo

(...) marciare per la pace significa marciare contro la guerra, e l’ideatore della marcia Perugia-Assisi Aldo Capitini era di una chiarezza cristallina nel proporre l’opposizione integrale alla guerra. (...)
domenica 25 settembre 2011 di Federico La Sala
[...] affermare la fratellanza tra i popoli implica riconoscere i diritti umani di tutti gli esseri umani, e l’ideatore della marcia Perugia-Assisi Aldo Capitini era di una chiarezza cristallina nel proporre l’opposizione al razzismo come ad ogni altra forma di discriminazione, oppressione, sfruttamento e persecuzione [...]

CONTRO LA GUERRA E CONTRO IL RAZZISMO DOMENICA 25 SETTEMBRE IN MARCIA DA PERUGIA AD ASSISI
Il "Centro di ricerca (...)

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> INSURREZIONE MORALE DEL POPOLO ITALIANO. - ALDO CAPITINI. Un maestro di minoranze eretiche, una solitudine senza isolamento (di Raffaele Liucci - Aldo Capitini asceta della nonviolenza).

venerdì 23 settembre 2011

Aldo Capitini asceta della nonviolenza

di Raffaele Liucci (il Fatto/Saturno, 23.09.2011)

«HO LASCIATO LA pratica della religione cattolica da ragazzo. Sono tornato ad occuparmi di temi religiosi, dopo circa sei anni, alla fine della Grande Guerra, ma senza riprendere né la pratica né la fede della religione tradizionale». Già nell’incipit di questo straordinario libro di Aldo Capitini, Religione aperta, edito per la prima volta nel 1955 e ora riproposto da Laterza, c’è tutto il contegno del suo autore: scarno, umile, ascetico, senza una sbavatura né un grammo di retorica. Un «protagonista appartato» della cultura italiana, un’opera per molti versi ancora attuale.

Innanzitutto, il presente libro è un antidoto allo spaventoso rigurgito di clericalismo e di superstizione che sta ammorbando il nostro tempo. Per Capi-tini, religione non significa affatto credere in dogmi cervellotici (la trinità) e bislacchi (l’immacolata concezione). O pensare che le stimmate di padre Pio siano il frutto di un intervento soprannaturale (e non, invece, delle fialette di acido fenico che l’astuto frate cappuccino si procurava sottobanco). Per Capitini, la religione è un’etica dello sguardo, un’«apertura» sul mondo. Una religione laica, laicissima, la sua, che non deprime il libero pensiero, ma lo fortifica, in una comunione («com-presenza») con tutti gli esseri viventi, dagli uomini agli animali sino alle piante. Proprio come insegnano le dottrine orientali non trascendenti, il buddismo in primis, che tanto affascinarono anche Schopenhauer.

In secondo luogo, in queste pagine non si parla di Dio, ma di uomini. In effetti, come diceva Benedetto Croce, i libri che discutono di Dio in astratto, separandolo dall’umanità, «fanno sbadigliare». Che cos’è, la teologia, se non una raffinata crestomazia di masturbazioni mentali (il solo tipo d’onanismo ammesso dai catechisti)? Secondo Capitini, invece, il mondo è fatto dai «singoli individui», e «la vita fondamentale è quella che li considera nella loro singolarità insostituibile».

In terzo luogo, qui non c’è traccia di preti, rabbini ortodossi, mullah e altri ragni velenosi. Gli unici sacerdoti, dice Capitini, sono gli apostoli «dell’amorevolezza e del sacrificio, della nonviolenza e della nonmenzogna». Tanto più che un vero sacerdote «non chiederà mai un merito speciale, un riconoscimento esterno». Chissà cosa ne pensa monsignor Fisichella.

In quarto luogo, Capitini rifugge dall’etica sado-maso della Passione. La vita non è affatto quella «ruota di dolore che ti stritola», come sostengono compiaciuti molti «credenti» (madre Teresa di Calcutta spiegava ai malati terminali che le loro pene erano come «baci di Gesù»). Proprio perché il dolore è insensato e non dona alcuna purificazione, esso va combattuto e mai santificato nelle messe piagnucolose: «Non vi pare religioso la mattina della festa, invece di andare in una chiesa, recarsi in un ospedale, assistere un moribondo, e sentire che quella persona non va nel nulla, ma, lasciato il suo corpo, si unisce all’intima presenza con tutti?». Non è un caso - e siamo all’ultimo punto - che il pensatore perugino dedichi alcune delle pagine più ispirate a confutare l’idea del Dio assoluto e onnipotente, propria del monoteismo. In verità, più che un Dio amorevole, costui sembra un autentico psicopatico, che si delizia alla vista dei tormenti inflitti alle sue creature. Un «diavolo», scrive Capitini, un demonio pompato da quelle fiabe maligne che sono i testi sacri.

Per concludere. Capitini credeva in una religione interiore e nonviolenta, «rivolta non alla liberazione dalle conseguenze del peccato, ma alla liberazione dal peccato stesso». Una scommessa perduta, vista con sospetto anche dai comunisti, che lui non amava («lavano con l’acqua sporca»). Per tacer della Chiesa. Eppure, ancor oggi la sua voce non è afona, per chiunque voglia ascoltarla. Un maestro di minoranze eretiche, una solitudine senza isolamento.

-Aldo Capitini, Religione aperta, prefazione di Goffredo Fofi, introduzione e cura di Mario Martini, Laterza, pagg. 248, • 20,00


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