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SUPERATA LA VELOCITA’ DELLA LUCE. «Siamo piuttosto certi dei nostri risultati ma abbiamo bisogno che altri colleghi li confermino», ha dichiarato il ricercatore italiano, Antonio Ereditato, che lavora al centro di fisica delle particelle del Cern

AL DI LA’ DELLA TEORIA DELLA RELATIVITA’. I neutrini battono la luce di 60 nanosecondi sulla distanza di 730 km, tra Ginevra, sede del Cern, e il Gran Sasso, sede del laboratorio dell’Istituto di Fisica Nazionale (Infn). Una nota - a c. di Federico La Sala

sabato 24 settembre 2011 di Federico La Sala
Il Cern di Ginevrà infligge un duro colpo ad uno degli assiomi della relatività di Albert Einstein, secondo il quale nell’universo niente può superare il limite della velocità della luce. Un team di ricercatori guidato dall’italiano Antonio Ereditato ha registrato che i neutrini, le particelle più piccole e così sfuggente da attraversare qualsiasi solido, hanno superato i 300.000 chilometri al secondo.

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> AL DI LA’ DELLA TEORIA DELLA RELATIVITA’. I neutrini battono la luce ---- Nuovi test, stessi risultati. I neutrini sembrano davvero più veloci della luce.

venerdì 18 novembre 2011


-  FISICA

-  Nuovi test, stessi risultati
-  neutrini più veloci della luce *

L’AQUILA I neutrini sembrano davvero più veloci della luce. Ad affermarlo è l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) che stasera ha annunciato che nuovi test «realizzati ai laboratori nazionale dell’Infn del Gran Sasso dalla Collaborazione Opera, utilizzando dei particolari fasci di neutrini, molto più brevi nel tempo e distanziati, inviati dal Cern, hanno confermato i risultati resi noti a settembre sulla velocità dei neutrini».

«I nuovi test - afferma l’Infn - sembrano escludere una parte dei potenziali errori sistematici che avrebbero potuto essere addebitati alla misura precedente».

«Una misura così delicata che ha profonde implicazioni per la fisica, richiede un eccezionale di livello di approfondimento - commenta Fernando Ferroni, presidente dell’Istituto nazionale di fisica nucleare -L’esperimento Opera, grazie al particolare adattamento dei fasci dei neutrini del Cern, ha realizzato un test importante per la consistenza dei suoi risultati. Il risultato positivo dei test ci rende più fiduciosi sulle misure anche se - avverte Ferroni - la parola decisiva può essere detta solo dalla realizzazione di esperimenti analoghi in qualche parte del mondo».

La Collaborazione Opera ha sottomesso il paper sulle misure della velocità dei neutrini alla rivista scientifica Jhep e, contemporaneamente, al sito ArXiv. Quest’ultimo lo metterà online proprio nelle prime ore di domani, venerdì 18 novembre. Il periodo passato dal seminario tenuto il 27 settembre scorso al Cern è stato dunque utilizzato dagli scienziati sia per preparare un preprint più “leggibile”, incorporandovi anche suggerimenti arrivati da tutta la comunità scientifica, sia per verificare ulteriormente i principali argomenti dell’analisi dei dati, sia per condurre nuovi test con i particolari fasci di neutrini dal Cern.

Questi fasci, spiegano gli scienziati, sono caratterizzati «da una migliore definizione del “tempo di estrazione” dei protoni. I “pacchetti” di neutrini, cioè, sono lunghi solo tre nanosecondi e spaziati gli uni dagli altri di 524 nanosecondi. Molto più stretti e separati -spiegano gli scienziati- rispetto a quelli della misura annunciata a settembre: in quel caso i fasci duravano 10.500 nanosecondi ed erano distanziati da 50 mln di nanosecondi».

«Questi test hanno permesso di prendere una misura più accurata della velocità di neutrini -proseguono gli scienziati - utilizzando peraltro una minore intensità dei fasci. In questa fase Opera ha collezionato 20 eventi analizzati individualmente: altri potranno essere registrati nei test previsti per il 2012».

«Questo traguardo - continuano gli scienziati - è stato reso possibile da una stretta collaborazione con il team del Cern che lavora sugli acceleratori. La collaborazione Opera continuerà a prendere dati nel corso del 2012 anche utilizzando al Cern un nuovo rivelatore di muoni collocato dietro l’assorbitore di adroni che consentirà - concludono gli scienziati - di realizzare ulteriori studi indipendenti».

* La Stampa, 18/11/2011


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