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GUARIRE LA NOSTRA TERRA: VERITÀ E RICONCILIAZIONE. Lettera aperta a Israele (già inviata a Karol Wojtyla) sulla necessità di "pensare un altro Abramo" - di Federico La Sala

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> GUARIRE LA NOSTRA TERRA: VERITÀ E RICONCILIAZIONE. - Gerusalemme! Guai a toccare la Città Santa per tre fedi. La mossa del cavallo di Donald Trump implica parecchie incognite.

mercoledì 6 dicembre 2017

The Donald, la gaffe che può incendiare tutto il Medio Oriente

Guai a toccare la Città Santa per tre fedi. Washington vuole un blocco con sauditi e Israele opposto all’asse Russia-Iran, ma anche gli alleati sono perplessi

di Leonardo Coen (Il Fatto, 06.12.2017)

Gerusalemme! Gerusalemme! La mossa del cavallo di Donald Trump implica parecchie incognite: trasferire l’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme, significa indirettamente riconoscerla come capitale d’Israele, il che è inaccettabile, secondo il punto di vista dei palestinesi, per i quali la Città Santa (per gli ebrei, per i musulmani e per i cristiani) è un territorio occupato, e comunque se mai si arriverà a stabilire il principio dei “due popoli due stati”, ecco, pure i palestinesi a loro volta rivendicano Gerusalemme, o almeno una sua parte, quale futura capitale della Palestina.

Inoltre, non si possono trascurare le conseguenze a livello internazionale: la maggior parte dei Paesi membri dell’Onu e delle organizzazioni internazionali non riconosce - e questo sia a livello giuridico che sul piano politico - l’annessione di Gerusalemme Est da parte di Israele, tantomeno come capitale di Stato. Insomma, Trump sta scardinando equilibri delicatissimi e una complessità d’intrecci religiosi, politici, sociali che hanno attraversato la storia per secoli e secoli e devastato questa Terra Promessa che ha solo mantenuto promesse di sangue e di odio, purtroppo. Trump è consapevole di aver sollevato il sipario su di uno scenario drammatico e tragico?

La clamorosa e diciamo pure provocatoria iniziativa del presidente statunitense vuole compiacere l’alleato Netanyahu, il leader di destra che guida Israele, ma non è poi così sicuro che la dirigenza israeliana abbia apprezzato la pericolosa decisione della Casa Bianca, in un momento assai delicato come quello che sta attraversando oggi il Medio Oriente.

Si sta infatti disegnando una sorta di inedito asse tra Stati Uniti, Arabia Saudita e Israele, contrapposto all’alleanza tra Mosca, Ankara e Teheran. Nemmeno il tempo di aver sconfitto il Califfato, che subito si sono riaccesi conflitti che parevano assopiti. L’Arabia Saudita contende ormai all’Iran la leadership regionale, il Libano è di nuovo preda di tensioni tra le varie fazioni e gli Hezbollah foraggiati da Teheran, nel Golfo Persico si è sta consumando una sorta di guerra fredda fra Qatar filo Iran e Emirati Arabi Uniti sostenuti da Ryad. Enfatizzare lo spostamento dell’ambasciata è come dar fuoco alle polveri: potrebbe scatenarsi una nuova Intifada. Gerusalemme è un simbolo da sempre.

Da quando Elena, la madre dell’imperatore Costantino, ne capì la profonda importanza, il significato politico non poteva prescindere da quello religioso e su questo crinale si acuì il conflitto tra Occidente e Oriente, e anche la questione ebraica, la diaspora, il mito dell’eterno ritorno, il rimpallo delle responsabilità del cristianesimo e dell’Islam.

Persino la stampa israeliana ha evocato le possibili derive collaterali della scelta di Trump. Il quale, non a caso, si è preoccupato di telefonare ieri ad Abu Mazen, presidente dell’Autorità palestinese, per informarlo sulle sue intenzioni. Mahmoud Abbas (Abu Mazen) gli ha risposto mettendolo in guardia, così ha dichiarato il portavoce palestinese Nabil Abu Rdainah, perché una simile decisione potrebbe avere “pericolose conseguenze sul processo di pace e sulla sicurezza e stabilità nella regione e del mondo”.

Inquietudine che si ritrova nelle parole di Recep Tayyip Erdogan, il presidente turco: “Lo status di Gerusalemme rappresenta la linea rossa per i musulmani”, non escludendo così una possibile rottura diplomatica con Israele. Parole minacciose che hanno indotto Trump ad annunciare, ma non ad attuare. Ha insomma tastato il terreno. Parlandone con Macron, il presidente francese che ha subito messo i paletti: “La questione dello status di Gerusalemme deve avere una soluzione, ma nell’ambito dei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi”. Perché, come ha spiegato ieri Ahmed Abul Gheit, segretario generale della Lega araba, l’evenienza prospettata da Trump non solo può essere considerata “pericolosa” ma “avrebbe ripercussioni in tutta la regione araba e islamica”. Ennesima gaffe dell’improvvido Trump.


SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:

Palestina, Israele e la rinascita della lingua ebraica....
-  MEMORIA DI ELIEZER BEN-YEHUDA. “Tante parole nuove dovranno essere inventate, e quando l’Ebraico non basterà, la lingua araba, sorella della nostra, ci fornirà i suoi suggerimenti. Che cos’è infatti un amico, se non quello che ti offre la parola mancante?”

Federico La Sala


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