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"Istituzioni pulite": a Roma catena umana e Notte della legalità

mercoledì 28 settembre 2011 di Emiliano Morrone
[...] Sentiamo il dovere, al di là di schieramenti, partiti, appartenenze, ideologie e ruoli, di sottolineare in concreto l’esigenza, per il popolo italiano, di istituzioni pulite; che non abbiano, cioè, rapporti con alcuna forma di criminalità organizzata. Questo vuol dire che occorre uscire fuori dell’ambito virtuale, fuori della rete, fuori di social network e blog, per una presenza libera e incisiva nella realtà [...]

Programma Notte (...)

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> "Istituzioni pulite": a Roma catena umana e Notte della legalità ---- PURIFICARE L’ARIA. LA QUESTIONE MORALE NON E’ UN’INVENZIONE.

martedì 27 settembre 2011

Purificare l’aria

di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 27 settembre 2011)

La Chiesa boccia Berlusconi. Al Consiglio permanente della Cei il cardinale Bagnasco attacca senza mezzi termini le sue indecorose esibizioni, che “ammorbano l’aria”. I suoi comportamenti “licenziosi” sono contrari al pubblico decoro e danneggiano il Paese all’interno e all’estero. Il Cavaliere non è mai chiamato per nome, ma ogni epiteto, ogni aggettivo si attaglia all’uomo che si è definito premier a tempo perso e il cui programma conclamato è: “la patonza deve girare”.

Stili di vita contro il decoro

DI FRONTE al malumore crescente della base cattolica, dinanzi alla rabbia dei fedeli pressati dalla crisi il vertice della Cei non ha potuto tacere. Il telegramma papale a Napolitano giovedì scorso, in cui Benedetto XVI auspicava un deciso “rinnovamento etico per il bene della diletta Italia”, era già un segnale diallarmecheperlagerarchiaecclesiastica la misura era colma. Bagnasco nella sua relazione al direttivo dell’episcopato lo ha riempito di contenuti. Il presidente della Cei è partito denunciando il clima di insicurezza sociale, causato da una crisi iniziata ben tre anni fa e che non si era voluta capire. Ciò che si sta facendo (leggi: da parte del governo) non è sufficiente, per non parlare del “metodo scombinato con cui si procede”. Poi è stato un crescendo.

Mortifica, ha detto, il deteriorarsi del costume e del linguaggio pubblico. Mortifica il dover prendere atto di “comportamenti non solo contrari al pubblico decoro, ma intrinsecamente tristi e vacui”. Bagnasco ha ricordato che ricoprire una carica pubblicarichiede,comevuolela Costituzione,“misuraesobrietà, disciplina e onore”. Si rincorrono racconti, ha proseguito, che se comprovati “rilevano stili di vita difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica”. Colpisce, ha incalzato, l’esibizione.

Comportamenti licenziosi

E BENCHÉ il cardinale non sfuggaallatentazionedicriticare le troppe intercettazioni e le troppe cronache dedicate al tema, in ultima analisi scandisce: “Nessun equivoco...la responsabilità morale ha una gerarchia interna che si evidenzia da sé, a prescindere dalle strumentalizzazioni... I comportamenti licenziosi e le relazioni improprie sono in se stessi negativi e producono un danno sociale a prescindere dalla loro notorietà. Ammorbano l’aria e appesantiscono il cammino comune”. Da una “situazione abnorme”, insiste, si genera una spirale che deteriora l’equilibrio della società. Sotto il peso della crisi, che grava sulle famiglie, non si possono “assecondare scelte dissipatorie e banalizzanti”. La collettività guarda “con sgomento” a quanto avviene sulla scena politica e l’immagine del Paese all’esterno ne viene “pericolosamente fiaccata”.

La questione morale non è un’invenzione

URGONO , martella Bagnasco, comportamenti esemplari. La “questione morale - rimarca è un’invenzione mediatica: nella dimensione politica, come in ciascun altro ambito privato o pubblico, essa è un’evenienza grave”, che suscita un senso di urgenza. Non si può propagare l’immagine di un’ “esistenza facile e gaudente” nel momento in cui servono serietà e sacrificio. “C’è da purificare l’aria - esclama il presidente della Cei - perché nuove generazioni non restino avvelenate”. Servono trasparenza ed equità.

Per non restare solamente nel-l’ambito della denuncia politico-morale Bagnasco entra anche nei particolari più penosi dell’azione o inazione del governo Berlusconi. “Non si capisce - accusa - che legittimazione possano avere in un consorzio democratico i comitati d’affari, che si autoimpongono attraverso il reticolo clientelare” e generano costi maggiorati per la collettività


Due anni di ritardo

di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 27 settembre 2011)

La Chiesa molla Berlusconi. Dopo la Confindustria anche la gerarchia ecclesiastica si accorge che il Paese non può andare avanti così. Il carico di accuse che il cardinale Bagnasco nuove al premier è infamante soltanto a elencarle. Comportamenti indecorosi, licenziosi, tristi, vacui. Incompatibili con la dignità delle persone e delle istituzioni. Relazioni improprie che fanno danno a prescindere dalla notorietà. Esibizioni che danneggiano la società e il credito dell’Italia all’estero. Una situazione che “ammorba l’aria”.

Dunque avevano ragione i cittadini di ogni credo e il popolo delle parrocchie, quando denunciavano il prolungato silenzio della Chiesa. Avevano ragione a porre la questione morale, che oggi Bagnasco riconosce non essere un’invenzione mediatica. Non erano faziosi dell’antiberlusconismo quanti da anni denunciavano il profondo danno causato da un premier, vergogna dell’Italia, colpevolmente inerte nel combattere corruzione, comitati d’affari ed evasione fiscale.

È troppo chiedere ai vertici ecclesiastici perché hanno tardato tanti anni a dire basta? È, al più tardi, dall’anno 2009 - l’anno di Noemi e dell’ignobile decapitazione di Boffo - che ognuna delle parole impiegate nella relazione del presidente della Cei potevano essere scandite. Anche i vertici ecclesiastici portano la loro responsabilità nell’aver puntellato per troppo tempo chi portava l’Italia al baratro.

Nella sua relazione il cardinale Bagnasco si distacca prudentemente dai progetti vaticani di una nuova Dc. La Cei sembra puntare su un “soggetto culturale e sociale” che si confronta con la politica. Per rinascere l’Italia ha bisogno delle migliori energie di credenti e diversamente credenti. Meglio se convergenti. Un modesto suggerimento: i vertici ecclesiastici lascino liberi i cattolici nel loro impegno politico. Non pretendano di teleguidarli o intrupparli. Sono adulti. Faranno le scelte che credono giuste.


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