Donne, Arabia, Africa
Il premio politicamente corretto
Nobel per la Pace alle paladine di libertà e uguaglianza
di Alessandro Cisilin (il Fatto Quotidiano, 08.10.2011)
Le donne, l’Africa, la primavera araba. C’è il meglio dell’attualità, tra le istanze sociali e le suggestioni simboliche globali, nella scelta di quest’anno del Comitato di Oslo. L’aveva detto il presidente Thorbjørn Jagland - anche Segretario generale del Consiglio d’Europa - in un’insolita esternazione della vigilia: “Ultimamente il premio aveva provocato spaccature e polemiche, in questo caso invece unirà”. E così è stato.
DUE ANNI FA il premio “di buon auspicio” al neo-presidente Barack Obama aveva lasciato perplessi i pacifisti. L’anno scorso il Nobel al dissidente cinese Liu Xiaobo aveva fatto infuriare Pechino. Stavolta festeggiano praticamente tutti e tutte, anche in Italia, dalle donne del governo a quelle dell’opposizione, col presidente Napolitano a esaltare “la straordinaria originalità del contributo femminile al progresso civile e sociale contemporaneo”.
Una chiosa alla motivazione letta dallo stesso Jagland: “Senza le pari opportunità la democrazia e una pace duratura non sono raggiungibili”. Parole dolci per la yemenita Tawakkul Karman, 32 anni, ovvero gli stessi del regime del suo presidente Saleh. È una giornalista d’assalto, con 3 figli e tanta militanza nel maggiore partito d’opposizione, l’islamico Al Islah. Soprattutto, è leader del movimento che da mesi sfida l’autorità invocando una svolta democratica. “Un premio a tutte le donne dello Yemen”, il suo primo commento.
E TRA MATERNITÀ e militanza, Islam e democrazia, incarna perfettamente quel negletto spazio di umanità che si fa strada tra la repressione governativa e la guerriglia quaedista. Poi c’è il riscatto africano dell’avvocato Leymah Gbowee, 39 anni, attivista da oltre 20, direttrice di un’organizzazione femminile dedita alla risoluzione dei conflitti nel continente, con un ruolo pregresso di primo piano nella cessazione della guerra civile che aveva fatto 250mila morti in Liberia, unendo cristiane e musulmane.
Il terzo premio, ovvero il primo nei pronostici, è di segno un po’ diverso. Anche lei liberiana, ma è ben più potente, essendo la prima presidentessa di un paese africano. Nota ai più per aver sconfitto l’ex calciatore George Weah al ballottaggio del 2005, la 74nne Ellen Johnson Sirleaf ha un curriculum di tutto rispetto, tra antiche militanze (con qualche giorno di carcere) e un’eccellente carriera tra Harvard, Banca Mondiale, Onu e Citybank. Ha ottimi rapporti con gli Stati Uniti e la Cina, ed è nel pieno della campagna elettorale per la propria rielezione.