I cattolici uniti: “Basta con B. serve un governo più forte”
di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 18 ottobre 2011)
“Questo governo non è adeguato”. Alla fine, chiudendo i lavori della prima riunione che riunisce tutte le sigle cattoliche dai tempi del dopoguerra, Raffaele Bonanni si lascia andare all’ammissione più politica della giornata: “Questo governo non va bene. Ci vuole un governo più forte con l’accordo delle principali forze politiche”. Non è facile tirare fuori al leader cislino una parola così chiara, perché sino allo stremo sfugge alle richieste della stampa di dare un giudizio netto sulla sorte del premier.
Altri esponenti del mondo cattolico - nei dibattiti interni - sono stati più netti. Andrea Olivero, presidente delle Acli, non ha esitazioni: “Berlusconi deve dimettersi”. Sulla necessità o meno di esprimersi ufficialmente sulla fine di Berlusconi le contrapposizioni a Todi sono state molto forti. Il pollice verso nei confronti del governo rappresenta il punto minimo di accordo, raggiunto nel conclave di Todi. Scandisce il presidente di Confartigianato Guerrini: “Questo governo non ce la fa!”. Insiste il presidente di Confcooperative Luigi Marino: “I cattolici devono scendere in campo per cambiare la politica di questo Paese a fronte dei guasti economici, sociali e morali che sono sotto gli occhi di tutti”.
LE RAGIONI della visibile fatica di Bonanni ad esprimersi stanno nell’elegante reazione del ministro del Welfare Sacconi, che qualche ora prima a Milano - alla domanda di un giornalista del Fatto sull’ipotesi che il ritorno in campo dei valori cristiani possa tagliare fuori Berlusconi - ha risposto attingendo evidentemente al patrimonio sapienziale dei campetti dell’oratorio : “Questa mi sembra una grande stronzata”. Poiché, com’è noto a tutti, “Berlusconi è un bravissimo presidente del Consiglio”.
Ora che la carovana cattolica si è messa in moto, le contraddizioni interne si scontano tutte. Fermamente contrario al referendum, Bonanni, che ha tenuto la relazione conclusiva a porte chiuse come tutto il seminario, ritiene che la legislatura debba concludersi nel 2013 e nel frattempo un “governo più forte” dovrebbe fare due, tre riforme essenziali. Compresa una legge elettorale che ridia il potere delle preferenze ai cittadini e sia proporzionale. Peccato che intanto il leader dell’Udc Casini ritenga Alfano un partner non più credibile e, stante l’attaccamento ossessivo di Berlusconi alla poltrona, sostenga la necessità di andare alle urne. Un punto fermo, almeno per il momento, appare la constatazione che l’obiettivo non è la creazione di un partito bianco. Poco dopo l’una del pomeriggio - mentre ai giornalisti accampati come mendicanti dinanzi al convento francescano di Montesanto viene distribuita una scodella (di plastica) di maccheroni - il portavoce del Forum organizzatore, Natale Forlani, si materializza davanti alla portone e annuncia: “Formare un nuovo partito cattolico non è nel nostro orizzonte”. Però anche qui i pareri non sono unanimi.
IL LEADER del Movimento cristiano lavoratori Carlo Costalli, una volta scompaginato il bipolarismo attuale, vuole che i cattolici “partecipino” attivamente e non solo culturalmente alla ricomposizione dello scenario politico. Per ora il traguardo indicato da Forlani è la costruzione di un “soggetto di aggregazione dei mondi cattolici”. Quale sia la fisionomia è impossibile prevedere. I partecipanti stessi sono vaghi su questo punto. Bonanni parla dell’esigenza di promuovere incontri sul territorio per ascoltare la base cattolica e prevede iniziative sull’Europa, famiglia, fisco e lavoro.
Gli interventi durante il convegno hanno evidenziato tanti buoni obiettivi. Un “nuovo Welfare basato sull’alleanza tra pubblico, privato e civile”, come chiede l’economista Zamagni. Una sana politica, in cui si coniugano le esigenze di competitività delle imprese, la coesione sociale e la compatibilità ambientale, come postula il banchiere Passera. Olivero propone la regolamentazione pubblica dei partiti.
Del bilancio del conclave di Todi fa anche parte l’estrema prudenza del cardinale Bagnasco. Il presidente della Cei, che al mattino apre i lavori della giornata, è attentissimo a non dare l’impressione di una Chiesa che teleguida il mondo cattolico.
Nel suo discorso fa persino passi indietro rispetto alla sua recente prolusione al consiglio permanente dell’episcopato. Lì aveva proposto l’affermarsi di un “soggetto cattolico” che dialoghi con la politica. Adesso è più cauto. Forte del suo patrimonio spirituale, dice, la “comunità cristiana deve animare i settori pre-politicinei quali maturano mentalità e si affinano competenze, dove si fa cultura sociale e politica”.
Intimidito dagli intransigenti ecclesiali e dall’ala clericale del centro-destra, Bagnasco risfodera anche l’assoluta preminenza dei “valori non negoziabili”. Tra gli applausi a distanza dei pidiellini Gasparri, Quagliariello e Roccella.