Indignati ma ingenui?
di Vittorio Cristelli (“vita trentina”, 23 ottobre 2011)
Gli "indignati" e decisamente non violenti sono scesi in piazza in tutte le parti del mondo, ma solo a Roma sono stati scippati dai Black bloc delle strade, delle piazze e dell’attenzione dei mass media.
La violenza di questi infiltrati ha rotto vetrine, bruciato macchine in sosta, provocato decine di feriti e commessa la simbolica e blasfema distruzione di una statua della Madonna e di un crocifisso. Ma ha anche impedito che le centinaia di migliaia dei manifestanti esprimessero le loro opinioni, le loro idee e i loro progetti. Come è vero che fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce.
Anche questa ci doveva toccare! Dopo il ridicolo delle vignette sul nostro governo e sulle battute e comportamenti del suo capo che da mesi rimbalza sui media stranieri, anche l’umiliazione di una capitale che non riesce ad ospitare i cittadini del Paese che manifestano pacificamente. Quella "Piazza San Giovanni" che da decenni ospita manifestazioni sindacali, comizi politici, proclami sociali come il "Family Day", ridotta a campo di battaglia e poi percorsa a sera dai destinatari indignados, ma non per gridare i loro slogan, bensì con le ramazze per fare pulizia.
E’ così che anche all’indomani non abbiamo sentito alle televisioni o letto sui giornali i loro discorsi, ma solo descrizioni di vandalismi, interviste ai feriti ed esecrazioni della violenza. Non pochi hanno descritto i giovani indignati come ingenui e ti sanno dire che i protagonisti di analoghe manifestazioni erano dotati di un loro esperto servizio d’ordine che sapeva individuare gli infiltrati e isolarli. Di rimbalzo va anche detto che pure i servizi d’ordine ufficiali avrebbero dovuto sapere in anticipo, dotati come sono dei mezzi adatti a conoscere la realtà e quindi a prevenire.
Nel frattempo si è tenuto a Todi il Forum delle associazioni e delle persone cristiane. Non ne è uscito né il progetto di un nuovo partito dei cattolici né la sconfessione del bipolarismo. Unitario invece il giudizio negativo sull’attuale situazione politica del nostro Paese e la convinzione che bisogna cambiare. Ma anche che questo cambiamento deve passare attraverso l’impegno di tutti i cattolici, consci che, come ha detto il card. Bagnasco nella sua prolusione, gli Italiani hanno una "comunità di destino". Bagnasco è stato ancora più esplicito quando ha detto che "i cattolici non possono arretrare di fronte alle sfide" e che "l’assenteismo sociale per i cristiani è un peccato di omissione".
Ne consegue, sia per i giovani indignati che reclamano la partecipazione di tutti alla gestione della cosa pubblica, sia per i cattolici che considerano questa partecipazione la modalità esigente di esercitare la carità cristiana, l’esigenza di farsi delle competenze specifiche. Sì, perché a partecipare ad un’impresa in cui si è incompetenti si rischia di fare un gran male alla comunità.
Partecipanti quindi ma non ingenui. E gli indignati dimostrano di non essere ingenui nell’analisi che fanno di questa società e delle cause che l’hanno portata in questa impasse. Non per nulla personaggi con le mani in pasta come Draghi e Krugman dicono che hanno ragione. Va pure detto che dovranno emergere dei leaders. Ma questo culto dei leaders carismatici la caduta dei quali sarebbe suprema iattura è pure segno negativo della situazione in cui ci troviamo. I leaders devono essere naturale espressione della competenza.
Il pensiero corre al dopoguerra, quando si trattava pure di mandare a casa una classe dirigente e imboccare una nuova strada, appunto quella della democrazia. La collaborazione di tutti: dai liberali ai marxisti, ai personalisti di ispirazione cristiana ha prodotto quel gioiello che è la Costituzione repubblicana italiana, invidiato da molti anche all’estero. C’è dunque motivo di speranza.