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IL SONNO DELLA RAGIONE COSTITUZIONALE E LA CONVIVENZA CON LA MAFIA, LA CAMORRA E LA ’NGRANGHETA ATEA E DEVOTA ....

LA LEZIONE DEL CITTADINO MAGISTRATO ANTONIO INGROIA: ESSERE UN PARTIGIANO DELLA COSTITUZIONE, NON DI UN PARTITO!!!

«Francamente, non capisco le polemiche di alcuni esponenti politici dopo le dichiarazioni di Ingroia - dice Roberto Scarpinato, procuratore generale di Caltanissetta - tutti i magistrati sono partigiani della Costituzione, perché sulla Costituzione hanno giurato».
giovedì 3 novembre 2011 di Federico La Sala
[...] «Curioso che faccia scalpore un’affermazione direi elementare, che gli studenti di Giurisprudenza apprendono all’inizio del loro corso. E come tale, si può, anzi si deve ribadire in tutte le sedi: il magistrato è prima di tutto sottoposto alla legge delle leggi, ovvero alla Costituzione, e non più soltanto alla legge ordinaria, come avveniva prima del ‘48. Ed è la stessa Costituzione a prevedere che il magistrato deve dare della legge ordinaria un’interpretazione conforme alla (...)

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> Ingroia in campo scarica Di Pietro e i partitini: «Fate un passo indietro». Il magistrato rientra dal Guatemala per annunciare che guiderà la lista arancione: «Santoro, vieni con noi»

sabato 22 dicembre 2012


-  Ingroia in campo scarica Di Pietro e i partitini:

-  «Fate un passo indietro»

-  Il magistrato rientra dal Guatemala per annunciare che guiderà la lista arancione: «Santoro, vieni con noi»

-  di Claudia Fusani (l’Unità, 22.12.2012)

ROMA «Io ci sto, se voi ci state. Se c’è un passo indietro dei segretari di partito che devono comunque stare accanto a noi. E se l’avanguardia di questo nuovo soggetto è la società civile». Antonio Ingroia arriva alle due del pomeriggio dal Guatemala. Il tempo di sistemarsi doccia e trucco ristoratore e alle 17 e 40 sale sul palco del teatro Capranica gremito mentre fuori decine di persone rumoreggiano con il servizio d’ordine. Sono tutti qui e lo ascoltano per un’ora e mezza nell’attesa della discesa in campo definitiva del pm palermitano.

Un discorso accalorato anche se alla fine non strappa particolari standing ovation con il libro della Costituzione in mano («Sono qui in nome e per conto di questa») e mentre i principi della Carta scorrono sullo schermo alla sue spalle. Ma non scioglie del tutto la riserva. «Ingroia si candida o non si candida? Per avere questa risposta dovrete ancora aspettare» dice il pm che ha già ottenuto dal Csm l’aspettativa per motivi elettorali.

L’ambiguità non è tanto nelle parole di Ingroia. Ma nel progetto stesso di questo nuovo soggetto politico, «un nuovo polo che però non è quarto, né primo né secondo» che cerca faticosamente di nascere a sinistra del Pd ma che «con il Pd cerca un confronto» e «anche con Grillo, perché no».

Un progetto che ha, al momento, solo poche certezze: no al berlusconismo perché «il ventennio berlusconiano ha sfigurato lo stato di diritto e lavato il cervello a molti italiani e non solo a quelli meno colti». No alle politiche neoliberiste che hanno caratterizzato il governo Monti le cui scelte hanno «demolito i poveri e arricchito i potenti».

Fissati i confini insuperabili, resta una terra di mezzo amplissima dove ci può stare tutto. Ci può stare il nuovo polo «alternativo a Monti e a Berlusconi» dove la società civile deve essere la protagonista se saprà rispondere il prima possibile a quel «se voi ci state» che viene ripetuto come un mantra nei 75 minuti di intervento.

E qui viene la parte più difficile del progetto di un nuovo soggetto politico. Perché sono molte le somiglianze con il sogno infranto in malo modo di quella che fu la sinistra arcobaleno. E perché la Sicilia di recente ha dimostrato che è molto esiguo lo spazio politico tra la sinistra di governo e il populismo di Grillo.

L’uomo che ha portato a processo, per la prima volta, i boss di Cosa Nostra ed ex ministri della Repubblica, comincia da sé, dalla sua storia. Se lo aspettavano molti, qua, di ritorno dal Guatemala dove da appena un mese era impegnato in una missione Onu. E l’ha fatto. «Se qualcuno dice che il mio intervento qui oggi è la riprova che ero un pm politicizzato, lo deve dimostrare. Io nella mia vita ho fatto il pm e non ho mai indossato nessuna maglia politica». Poi invoca una «rivoluzione civile» per «cambiare la classe dirigente di questo Paese compromessa con la corruzione, che non ha mai combattuto veramente la mafia ma l’ha solo contenuta secondo il principio evitare i morti per strada ma fare affari dietro le quinte».

Il punto è con chi fare questa rivoluzione. Al suo fianco Ingroia vede già gli arancioni di Luigi De Magistris, gli intellettuali e i comitati di «Cambiare si può» ma sembra allergico a certe etichette. Poi chiama all’appello molti. Chiede di fare un passo avanti a Maurizio Landini, segretario della Fiom Cgil, «perché abbiamo bisogno di te». A don Luigi Ciotti e agli uomini dell’associazione Libera. Chiede un passo avanti al giornalista Michele Santoro perché «c’è bisogno di una nuova informazione». Oliviero Beha, che siede nelle prime file, non viene citato. E non ci resta benissimo. Saluta l’adesione di Guido Ruotolo e di Gino Strada. Chiama le donne di «Se non ora quando». In cima alla lista, un suo grande amico, Salvatore Borsellino.

Poi è la volta dei passi indietro. O meglio, «un passo indietro per allinearsi a noi, alla società civile». E l’appello questa volta è diretto ai segretari dei partiti seduti in prima fila, Antonio Di Pietro (Idv), Paolo Ferrero (Rifondazione), Oliviero Diliberto (Comunisti italiani), il verde Angelo Ferrero. «Non voglio rottamare nessuno, meno che mai Di Pietro», dice Ingroia. «Perché noi non siamo né l’antipolitica né contro i partiti. Ma la politica oggi deve fare un passo indietro per consentire un passo avanti alla società civile».

Quasi incurante delle rotture che si sono consumate con il centrosinistra in questo ultimo anno, Ingroia chiama anche Bersani, oltre che Grillo. Il primo «è una persona per bene» a cui chiede «un confronto perché molti fronti di lotta ci vedono uniti». Al leader dei 5 Stelle rimprovera di usare «toni a volte troppo arrabbiati».

Ma poi chiede: «Dobbiamo continuare a rottamare e solo distruggere, o dobbiamo anche cominciare a ricostruire?». Parole che ora servono a lanciare il nuovo movimento ma che sono chiaramente destinate a incontrare dei rifiuti. Ora, al di là delle ambizioni, dei sogni e delle narrazioni, c’è soprattutto la realtà. Una legge elettorale che impone la soglia del 4 per cento per entrare in Parlamento. Alleanze già fissate, tra Pd e Sel, ad esempio anche se al Capranica ci sono molto delusi dalle scelte di Vendola. C’è il tempo che stringe e entro metà mese devono essere presentate liste e simboli. E invece Ingroia prende ancora tempo. «Entro una settimana - dice sibillino -saprete se mi candido oppure no. Al momento sono un funzionario dell’Onu in missione in Guatemala».

Ingroia chiama Landini e Santoro E incassa l’appoggio di Bertinotti

di Paolo Festuccia (La Stampa, 22.12.2012)

Parla di nuova «primavera», di «rivoluzione pacifica per cambiare classe dirigente», e soprattutto di nuovo impegno della società civile. Ma per ora da Antonio Ingroia un sì definitivo ad una sua candidatura alle prossime politiche ancora non arriva. Certo, ieri, al teatro Caprarica di Roma presentando il «nuovo polo» («Io ci sto») ha utilizzato frasi e temi da politico consumato. Ha messo i panni del rottamatore e chiesto alla politica un passo indietro. A cominciare da Di Pietro, per passare a Ferrero e Diliberto. Con l’unica assoluzione per Vendola, anche se poi a fine manifestazione Ingroia smentisce che «non c’è nessuna rottamazione per Di Pietro».

«Abbiamo bisogno di associazioni, sindacati, di partigiani della Costituzione - spiega l’ex procuratore aggiunto di Palermo -. È il modo migliore per far fare un passo avanti alla società civile». Ingroia sottolinea che «ciò non significa sparire, perché vi vogliamo con noi nella battaglia». Turn over, dunque, necessario per costituire l’unico vero polo «alternativo a Monti e Berlusconi». Un Polo che nelle intenzioni di Ingroia deve confrontarsi senza pregiudizi con Grillo e Bersani, ma che «non può essere un collage, un’accozzaglia di colori, un arcobaleno, ma una nuova identità». Dunque, l’invito a osare, «ad aprire il libro dei sogni: non vogliamo un polo giustizialista e manettaro»; e l’appello rivolto per la discesa in campo a Michele Santoro, Maurizio Landini, Don Ciotti, Sandro Ruotolo. «Non è un invito a candidarsi, ma l’invito ad accompagnarci al nostro fianco... se poi volete candidarvi, ancora meglio».

La sfida, insomma, appare lanciata. Una sfida che incrocia anche l’ex presidente della Camera Fausto Bertinotti per il quale «c’è bisogno di una lista di alternativa a quest’Europa reale. Sarebbe un bel segno e meriterebbe un incoraggiamento». Un vero e proprio endorsement che non arriva di certo, però, da Fabrizio Cicchitto. Anzi. «Nessuna paura nei confronti di un tipo come Ingroia che non risponde - commenta Cicchitto - perché non sa che rispondere e nasconde solo la sua mancanza di professionalità dietro un settarismo che rischia di screditare la categoria dei magistrati. Ma sappiamo bene - conclude - che fortunatamente di pseudo magistrati come Ingroia ce ne stanno pochissimi». Di opinione diversa il sindaco di Palermo Leoluca Orlando secondo il quale con «Ingroia sta nascendo la primavera d’Italia».


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