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IL SONNO DELLA RAGIONE COSTITUZIONALE E LA CONVIVENZA CON LA MAFIA, LA CAMORRA E LA ’NGRANGHETA ATEA E DEVOTA ....

LA LEZIONE DEL CITTADINO MAGISTRATO ANTONIO INGROIA: ESSERE UN PARTIGIANO DELLA COSTITUZIONE, NON DI UN PARTITO!!!

«Francamente, non capisco le polemiche di alcuni esponenti politici dopo le dichiarazioni di Ingroia - dice Roberto Scarpinato, procuratore generale di Caltanissetta - tutti i magistrati sono partigiani della Costituzione, perché sulla Costituzione hanno giurato».
giovedì 3 novembre 2011 di Federico La Sala
[...] «Curioso che faccia scalpore un’affermazione direi elementare, che gli studenti di Giurisprudenza apprendono all’inizio del loro corso. E come tale, si può, anzi si deve ribadire in tutte le sedi: il magistrato è prima di tutto sottoposto alla legge delle leggi, ovvero alla Costituzione, e non più soltanto alla legge ordinaria, come avveniva prima del ‘48. Ed è la stessa Costituzione a prevedere che il magistrato deve dare della legge ordinaria un’interpretazione conforme alla (...)

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> Ingroia in campo --- Giudici contro. La lezione di Falcone è il senso della misura (di Nando dalla Chiesa)

sabato 2 febbraio 2013

Giudici contro

La lezione di Falcone è il senso della misura

di Nando dalla Chiesa (il Fatto, 02.02.2013)

Ma quale maledetta cupio dissolvi si sta riversando sul paese che chiede legalità e pubblico decoro? Quale patto con la follia abbiamo mai stretto per gli appuntamenti decisivi della nostra democrazia? Ci mancava pure il duello Ingroia-Boccassini, con i suoi contorni velenosi, con il suo mettere in palio anche le memorie più care. Per quel che mi riguarda provo gratitudine per Giovanni Falcone, che fece l’impossibile per darmi giustizia (e ancora mi rimprovero di non averlo difeso con ogni energia dalle insinuazioni con cui lo colpì a un certo punto un’ala del movimento antimafia). Provo gratitudine per Ilda Boccassini, per come ha retto le prove a cui l’ha chiamata nelle diverse fasi della sua vita l’interesse della Repubblica. Provo gratitudine per Antonio Ingroia, per i rischi che si è assunto cercando di portare ai livelli più alti la ricerca della verità sulla storia sconcia dei rapporti tra mafia e politica, mafia e istituzioni.

Una contrapposizione sconcertante

Per questo vedo ora con sconcerto due di loro litigare senza esclusione di colpi brandendo la memoria del primo, il più grande di tutti, Giovanni Falcone. Perché che Falcone sia stato un faro di conoscenza, di dottrina, di cultura antimafia non c’è dubbio. Senza nulla togliere ad altri grandi maestri, da Rocco Chinnici ad Antonino Caponnetto a Paolo Borsellino, il “fratello putativo” di Giovanni.

Ma è altrettanto indubbio che questa sua grandezza sconsiglia a chiunque di appropriarsene, di considerarsene l’erede o l’interprete, di farne il punto di partenza per scomuniche pubbliche o per botta e risposta che sembrano ideati da un implacabile regista negli studi di Arcore.

Lo dico da osservatore (ma anche per memoria diretta). Non è vero che Falcone parlava solo con le sentenze. Ho sulla mia scrivania “La posta in gioco”, raccolta dei suoi interventi in decine di convegni, pubblicata postuma nel 1994. Ricordo un incontro alla festa dell’Unità a cui partecipai con lui e Gerardo Chiaromonte, una folla immensa e tesissima. O una sua presenza al circolo “Turati” di Milano. Le sue interviste televisive. E quel capolavoro di sapienza antimafiosa che è ancora oggi “Cose di Cosa Nostra”, il libro intervista realizzato nel 1991 con la giornalista Mar-celle Padovani. O le sue presenze universitarie, tra cui l’ultima all’università di Pavia dal suo amico Vittorio Grevi. Non parlava affatto “solo con le sentenze”. E faceva bene. Perché aveva bisogno di spiegare, di far capire, di svolgere la sua funzione preziosissima di pioniere intellettuale. Semmai la lezione di Falcone è un’altra: ed è il senso della misura.

Nemmeno la certezza della morte lo fece scomporre

Infinito. Come la sua pazienza, come il suo senso della responsabilità, esercitato a dispetto del decennio drammatico e insanguinato in cui gli toccò di vivere. Ricordo una telefonata con lui, in cui mi espressi criticamente contro l’allora ministro dell’Interno Antonio Gava e l’allora presidente della prima sezione penale della Cassazione, Corrado Carnevale. Lui smussava, temperava; cercava, anche in privato, di valorizzare le loro ragioni. Mai lo si sentì attaccare in pubblico i suoi avversari, che erano molti e ovunque. Nemmeno la certezza di essere destinato alla morte lo fece sentire libero da quel dovere eroico della misura. Al massimo, dopo che avevano attentato alla sua vita con il tritolo dell’Addaura, parlò di “menti raffinatissime”.

La questione dei magistrati che scelgono la politica

Mai volle dare l’immagine di istituzioni alla mercé di gelosie o rivalità viscerali, nemmeno dopo l’ingiuria che gli fece il Csm dei “giuda” (espressione di Borsellino) sbarrandogli la strada a capo dell’Ufficio istruzione di Palermo. Mai insultò, mai diede l’immagine di un’antimafia lacerata. E anche di questo dobbiamo essergli grati. Questo viene spontaneo di pensare assistendo increduli al rimbalzo delle accuse.

Ma una cosa va aggiunta. Personalmente non ho condiviso la scelta di Ingroia, come di Grasso, di candidarsi, e nel caso di Ingroia di farsi leader politico. Per molte ragioni, a partire dalla convinzione che la magistratura debba sempre essere e sembrare al di sopra delle parti. L’uno e l’altro mi hanno rappresentato le proprie obiezioni, che non trascuro. Devo però dire che non ho mai visto in decenni di magistrati candidati al Parlamento una concentrazione di forze e di espressioni ostili, anche abissalmente diverse per reputazione e intenzioni, come quella che si è realizzata contro Ingroia. D’accordo, si è candidato a leader. D’accordo, ha messo in fibrillazione i più alti poteri dello Stato. D’accordo, c’è paura per il premio di maggioranza al Senato in Lombardia. Ma non è scattata ancora una volta la Grande Punizione? Sotto le critiche legittime, sotto le eterne asprezze delle campagne elettorali c’è un odore inconfondibile di zolfo. Guai a non sentirlo.


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