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CRISI NUCLEARE. All’indomani della pubblicazione del rapporto dell’Aiea sul nucleare iraniano, uno scenario (reale) da brividi.

IRAN E ISRAELE: ALLARME ROSSO. CON LA SUA INVINCIBILE ARMADA VOLANTE, ISRAELE E’ PRONTA AD ATTACCARE TEHERAN. Un breve resoconto di U. De Giovannangeli - a c. di Federico La Sala.

Di fronte all’acuirsi della crisi tra Israele e Iran, si moltiplicano gli sforzi internazionali per una svolta diplomatica. L’Europa chiede un rafforzamento delle sanzioni. Tel Aviv le accetta solo se saranno «paralizzanti».
domenica 18 novembre 2012 di Federico La Sala
[...] «Se saremo attaccati risponderemo con i missili all’aggressione», avverte il generale Mohammed Ali Jafari, comandante dei Guardiani della rivoluzione. I vettori iraniani possono trasportare sia testate convenzionali che chimiche o batteriologiche e addirittura nucleari. Se venissero utilizzate armi di distruzione di massa la risposta israeliana non si farebbe attendere grazie ai missili balistici Jericho II e Jericho III. Non solo: le testate nucleari miniaturizzate a bordo dei (...)

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> IRAN E ISRAELE: ALLARME ROSSO. --- IL RISCHIO EGIZIANO E L’ASSORDANTE SILENZIO DELL’EUROPA (di Rocco Cangelosi)

sabato 6 luglio 2013

Il rischio egiziano e l’assordante silenzio dell’Europa

di Rocco Cangelosi (l’Unità, 06.07.2013)

LA SITUAZIONE IN EGITTO STA DRAMMATICAMENTE PRECIPITANDO. L’APPELLO ALLA RICONCILIAZIONE nazionale lanciato dal Consiglio supremo delle forze armate dopo la caduta del presidente Morsi è destinato a cadere nel vuoto e ieri ci sono stati i primi morti in piazza. L’arresto dei più alti responsabili dei Fratelli musulmani, in particolare di Mohamed Badie, guida suprema della confraternita e del suo vice Khairat al Chater ha fatto temere arresti di massa e ha scatenato le reazioni della folla fedele al presidente deposto. D’altra parte anche i sostenitori della rivoluzione vedono con preoccupazione le azioni di forza che potrebbero essere condotte da parte dell’esercito per reprimere i tumulti e evitare una saldatura tra il fronte islamista e il fronte rivoluzionario. I precedenti sono significativi. Nel 1981 Sadat fece arrestare 1500 persone e Mubarak lo superò largamente negli anni 90 . Anche questa volta i militari potrebbero fare ricorso alla forza se posti alle strette.Intanto le reazioni internazionali sono estremamente imbarazzate.

Lo strano golpe, con il quale i militari hanno rimosso a furor di popolo il presidente Morsi, legittimamente eletto, viene seguito con estrema prudenza, in attesa delle mosse americane. Non è un mistero il rapporto stretto che da decenni lega l’esercito egiziano agli Stati Uniti sulla base di ingenti aiuti militari che alimentano la più importante lobby affaristica dell’Egitto, di cui gli alti gradi dell’esercito sono i principali attori e beneficiari. Il sostegno americano è stato finora ripagato dalla fedeltà e dal ruolo svolto dal Cairo per tenere a bada gli estremismi di Hamas e svolgere un ruolo di moderazione e stabilizzazione nell’area.

L’avvento di Morsi e dei fratelli musulmani aveva in qualche modo rimesso in discussione questo patto tacito e gli Usa non hanno mancato di far conoscere discretamente il loro punto di vista alla gerarchia militare, che aveva mantenuto saldamente in mano il potere reale. Il golpe ha sancito la situazione di fatto esistente, tant’è che il generale Al Sissi si è affrettato a dire che l’esercito non vuole sostituirsi al potere civile, affidando al presidente della Corte Costituzionale Mansour il traghettamento del Paese verso nuove elezioni. In tal modo i militari conservano saldamente nelle loro mani le leve del potere ed evitano di metterci la faccia.

In questo contesto il silenzio dell’Europa è assordante, come se la questione non la riguardasse. Dopo essere stata sorpresa dallo scoppio della primavera araba, che ha spazzato i dittatori sui quali la sua politica mediterranea aveva fatto affidamento, l’Unione europea e i Paesi membri maggiormente proiettati verso il Mediterraneo, rimangono in attesa degli eventi e delle decisioni statunitensi. L’Egitto è un tassello fondamentale per tutto il medio-oriente e la situazione è talmente complessa che nemmeno i militari possono essere sicuri di dominare gli eventi e impedire lo scoppio di una guerra civile di religione, con il rischio di infiammare tutta la regione mediterranea ancora in ebollizione.

L’Europa avrebbe tutto l’interesse a prendere l’iniziativa facendosi promotrice di un articolato programma di sviluppo e sostegno alle riforme per dare ai Paesi dell’area e soprattutto ai giovani, che sono stati gli artefici della primavera araba, una reale prospettiva di cambiamento che non sia affidata nè al fondamentalismo islamico nè alla dittatura strisciante dei militari. La situazione dell’Egitto è infatti sull’orlo del collasso. Il crollo di valuta estera proveniente dal turismo, la crisi del sistema bancario e un’inflazione selvaggia possono aprire la strada agli scenari più preoccupanti spingendo i salafisti a riprendere la strada della violenza e i movimenti terroristici, come Al Quaeda, a riproporsi come interlocutori credibili.


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