Netanyahu: Obama ostacola i miei piani di guerra all’Iran
Retroscena di un faccia a faccia al vetriolo tra il premier israeliano e l’ambasciatore Usa
di U.D.G. (l’Unità, O3.O9.2012)
«Ora basta, signor primo ministro, adesso è davvero troppo». Gerusalemme, ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu. L’atmosfera è carica di tensione. A fianco di Netanyahu c’è il ministro della Difesa, Ehud Barak. Dall’altro lato del tavolo, l’ambasciatore Usa a Tel Aviv, Dan Shapiro. Al centro dell’incontro c’è il tema che più sta a cuore al primo ministro israeliano: il nucleare iraniano.
Netanyahu è un fiume in piena, accusa la comunità internazionale di essere succube degli ayatollah iraniani, e si lascia andare ad una durissima requisitoria contro la politica estera di Barack Obama: «Un discorso che avrebbe infiammato la Convention repubblicana di Tampa», dice a l’Unità una fonte diplomatica di stanza in Israele. A un certo punto della requisitoria, rivela a sua volta Yediot Ahronot, il più diffuso giornale israeliano, sono volate «saette e scintille».
Quello che il vicepremier israeliano Moshe “Bughy” Yaalon definisce adesso «uno scambio di idee fra amici» assomiglia sempre più ad una gara di wrestling fra Obama, presente in spirito, e Netanyahu. «Se Obama fosse confermato alla Casa Bianca avverte una fonte statunitense citata dalla radio militare israeliana Netanyahu dovrebbe trovarsi un riparo sicuro per sfuggire alla vendetta del Presidente». Il fattore tempo è sempre più cruciale. Lo chiarisce molto bene l’ex capo del Mossad, Efraim Halevy. In una recente intervista al New York Times, Halevy ha detto che «siccome gli israeliani sono notoriamente contrari ad attacchi d’inverno e visto che l’attuale situazione siriana non consentirà ad Hezbollah e ad Assad di dare manforte agli alleati iraniani, se c’è un momento buono per attaccare è proprio questo».
Tra Netanyahu e Obama la rottura appare insanabile. «Bibi Netanyahu ndr punta tutto su Romney», confida a l’Unità una fonte molto vicina agli ambienti governativi dello Stato ebraico. «Tra i due, amici personali da molti anni (dai tempi in cui entrambi erano consulenti della stessa società finanziaria, ndr) - aggiunge la fonte - la sintonia è totale». Sull’Iran e non solo. In questa chiave andrebbe letta la decisione del Pentagono di ridurre l’entità di alcune manovre congiunte con le forze israeliane: a sostenerlo è il settimanale statunitense Time, secondo il quale la decisione deriverebbe dalle divergenze fra Washington e Tel Aviv su come contrastare le ambizioni nucleari iraniane.
Citando fonti bene informate in entrambi i Paesi, il settimanale rivela come il numero di effettivi che si recheranno in Israele sia stato tagliato di due terzi (da 5mila a 1.500) mentre le batterie di missili Patriot arriveranno regolarmente ma senza il relativo personale. Quanto ai due incrociatori dotati di sistemi di difesa missilistica Aegis, potrebbe arrivarne uno solo o addirittura nessuno. Secondo fonti militari israeliane la decisione giustificata ufficialmente dai tagli di bilancio equivale ad affermare: «Non ci fidiamo di voi». D’altro canto, l’intelligence Usa crede che Israele abbia già deciso di attaccare l’Iran, «a meno di cambiamenti importanti del programma nucleare iraniano nelle prossime settimane».
A riportarlo è l’emittente israeliana Channel 2, citando un «alto funzionario americano». «Tutti i funzionari dell’intelligence Usa sono certi che la leadership israeliana abbia già deciso di attaccare l’Iran». Una decisione che verrebbe sostenuta dal candidato repubblicano alla Casa Bianca «Se Israele dovesse agire per conto proprio per impedire che l’Iran venga a dotarsi di quelle capacità, il governatore (Romney) rispetterebbe quella decisione» ha del resto confermato il suo alto consigliere per la politica estera, Dan Senor in occasione della visita di Romney in Israele lo scorso 29 luglio.
In quella circostanza, Netanyahu si era anche compiaciuto per le dichiarazioni rilasciate da Romney prima del suo arrivo in Israele. Fra queste, il fatto che «il pericolo maggiore» è che il regime degli ayatollah iraniani si doti di armi nucleari: uno sviluppo «inaccettabile», che va dunque impedito. «Mitt, io stesso non avrei potuto dirlo meglio» aveva aggiunto Netanyahu. Della delegazione al seguito di Romney c’era Sidney Abelson, un magnate dell’ industria dei casinò che si è impegnato a spendere 100 milioni di dollari per sconfiggere il presidente Obama. Adelson è ossessionato da una questione in particolare: l’appoggio incondizionato allo Stato d’Israele e una opposizione oltranzista verso qualsiasi trattativa con i palestinesi. Il patto Netanyahu-Romney è ormai realtà. Resta l’ostacolo-Obama.