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MERCI, PAROLE, E CAPITALE: "IL LINGUAGGIO COME LAVORO E COME MERCATO" (Ferruccio Rossi-Landi). Per la critica dell’economia politica del segno ....

PAROLE, MOTORI DI RICERCA E DENARO. "VERSO IL CAPITALISMO LINGUISTICO. Quando le parole valgono oro". Una riflessione di Fréderic Kaplan - a c. di José F. Padova

Il successo di Google si basa su due algoritmi: l’uno, che permette di trovare pagine che rispondano a determinate parole, l’ha reso popolare; l’altro, che attribuisce a queste parole un valore commerciale, l’ha reso ricco.
domenica 20 novembre 2011 di Federico La Sala
[...] Google è riuscito a estendere il dominio del capitalismo alla lingua stessa, a fare delle parole una merce, a fondare un modello commerciale incredibilmente redditizio sulla speculazione linguistica. L’insieme dei suoi altri progetti e innovazioni tecnologici - che si tratti di gestire la posta elettronica di milioni di utenti o di digitalizzare l’insieme dei libri mai pubblicati sul pianeta - possono essere analizzati con questa lente. Che cosa temono i protagonisti del capitalismo (...)

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> PAROLE, MOTORI DI RICERCA E DENARO. "VERSO IL CAPITALISMO LINGUISTICO. Quando le parole valgono oro". Una riflessione di Fréderic Kaplan - a c. di José F. Padova

domenica 20 novembre 2011

Penso che non sia Google il problema, ma il capitalismo e l’insostenibile ’leggerezza’ delle persone. Chi vive e agisce all’interno di un sistema di questo tipo facilmente si adegua al modello. L’idea del servizio motore di ricerca è ottima, ma declinandosi nelle azioni concrete subisce una trasformazione diabolica. Da chi dipende ?

Fa bene Kaplan a denunciare il meccanismo perverso, tuttavia tralascia qualcosa. Google non è l’unico a mercificare la lingua, prima di lui lo hanno fatto tutte le aziende pubblicitarie, ma anche il nostro caro Silvio, che delle parole Milan e Forza Italia ne ha fatto un business e uno strumento di potere. E cosa vogliamo dire della parola Champagne brevettata nel 1844, non certo per sottolinearne la qualità. Ci sono anche molti esempi nostrani.

Sia chiaro non intendo difendere Google, ma sottolineare che l’articolo di Kaplan a me sembra un po’ imcompleto. Trovo che il furto di una parola sia meno grave dell’intrusione a piedi uniti e occulta nella vita delle persone. E’ vero che Google sfrutta un algoritmo per carpire informazioni, ma è anche vero che il protocollo (l’http) di trasferimento dei dati consente a Google di accedere ai nostri click. I dati che passano tramite http non sono crittati e quindi facilmente intercettabili e leggibili da parte di chiunque, a differenza di quanto avviene con la sua variante piu’ sicura denominata HTTPS. Perchè ? Comprendo la porcata, ma ribadisco che in un sistema retto dal capitalismo il profitto è legge.

Google fornisce tutti i servizi possibili, dal motore di ricerca alla posta elettronica, dalle mappe al servizio documenti, dalla consultazione dei libri alle traduzioni, alle informazioni e alla televisione. Praticamente potrebbe volendo, e lo fa da tempo, sapere tutto di noi. Per invogliarci a fornire più informazioni ci ha regalato anche un nuovo browser: Chrome, ampiamente utilizzato e pubblicizzato. Pertanto la mia domanda è semplice: "Perchè invece di soffermarsi solo sulle parole non mettere al corrente le persone ribadendo che ogni qualvolta ci colleghiamo ad Internet siamo immediatamente identificabili attraverso un numero (IP) e grazie al GeoTagging individuabili in ogni parte del mondo, questo lo sanno anche gli ideatori di Volunia.

Prova a cliccare qui http://www.wikimapia.org incredibilmente comparirà la mappa di milano con tanto di coordinate che puoi leggere nella barra degli indirizzi. Perchè proprio milano e non Roma o Napoli, in fondo è sempre Italia. Pensa agli aspetti positivi di questa tecnologia, ma pensa anche a quanto potrebbe essere negativo tutto ciò. Da chi dipende il prevalere degli aspetti positvi o negativi?

Ogni nostro click, non solo su Google, è un’ informazione monetizzabile che consente agli interessati di conoscere i nostri interessi a 360 ° e venderli alle aziende che predisporranno le opportune "gabbie".

Per concludere Kaplan non ha considerato un fenomeno strettamente legato allle tecnologie dell’informazione: la velocità. Nello spazio virtuale le novità prosperano con una velocità notevole e ciò contribuisce a creare un meccanismo di autoregolamentazione. Ogni qualvolta un servizio o un programma incomincia a prosperare a dismisura sembra intervenire tale meccanismo che pian piano sposta l’attenzione degli utenti su altri servizi a discapito di quelli dominanti. Così è stato per Internet Explorer di Microsoft, che oggi registra un calo notevolissimo rispetto agli anni passati, per Tiscali, lo stesso discorso vale per i motori di ricerca come Lycos, Excite, Virgilio.

Vedremo se anche relamente Volunia non intende mercificare le parole.

Antonio


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