La legge del mare
di Enrico Peyretti *
Noi abitiamo la terra. La terra è rotonda, perciò ogni mia via incontra la tua. Ogni vivente è prossimo all’altro vivente, sulla sua stessa strada. Nessuno vive se non vive l’altro, tutto il tempo che gli è dato, nello spazio sufficiente a respirare, a volgere i passi e lo sguardo. Dicono anche che la tua morte è necessaria alla mia vita, ma chi fa questo toglie vita e aggiunge morte.
Dicevamo, la terra. Per la più gran parte, la terra è mare. La Genesi canta la separazione dell’acqua dalla terra, così che noi, a piedi asciutti, abbiamo visto fiorire la vita sulla terra nostra. Anche nell’acqua è vita, ma è una specie cugina, non è la nostra specie. Non è la nostra casa. Anche il mare abbiamo percorso, a rischio e coraggio, da sempre. Perché il mare separa ma anche congiunge le nostre terre. Il mare non conserva i segni dei passaggi, è immemore, non come la terra, ricca di infinite orme animali e umane.
Ma noi del mare abbiamo fatto una immensa via comune. È la via di tutti, da terra a terra, da riva a riva, da popolo a popolo, da lingua a lingua. Non la torre di Babele, a sfida del cielo, ma la grande piazza d’acqua, aperta in tutte le direzioni, e pochi e rari sono i mari chiusi, specchi di cielo e spazi entro le terre.
Il mare si lascia percorrere, la sua pelle è scorrevole, animata dal vento. Talora, però, si rifiuta, agitato scuote via i nostri gusci, li inghiotte. Là non si respira. Il mare entrato nel petto ci ferma il cuore. Non la terra soltanto ci è tomba, ma spesso il mare. Tanto che alcuni popoli, più che cercarlo, lo hanno temuto, fuggito, visto come bocca d’inferno vorace, simbolo del male, nemico della vita. Perciò gli umani, sul mare, forse più che sulla terra, hanno fatto tra loro alleanza. Se sulla tua via, che la mia incrocia, tu affondi, io ti devo salvare. Sul mare ogni vita vale una vita. Se accade che si veda «uomo in mare», ogni viaggio si ferma, ogni direzione si devia: l’uomo va tolto dalla bocca del mare.
È la legge del mare. L’umana legge del mare. Per questa legge l’uomo trova l’uomo, cioè trova se stesso. Trova che l’uomo vale più del commercio, della conquista, dell’avventura e della guerra. Anche il nemico devi salvare dal mare. Anche lo straniero. Anche l’immigrato. Devi salvare l’uomo dal mare, per essere tu uomo.
Abbiamo violato la legge del mare. Abbiamo violato l’unica umanità. Abbiamo stabilito che chi per noi non ha diritto di venire a noi può anche morire in bocca al mare.
E poi, per godimento ed esibita ricchezza, abbiamo sfidato il mare costruendovi sopra torri di Babele fragili quanto enormi. Abbiamo giocato con la nostra grandezza ridicola, davanti alla grandezza del mare. Dal Titanic alla Concordia il mare ci avverte: «Vi posso condurre da terra a terra, da riva a riva, se ricordate che non siete Titani ma umani, e se vivete in concordia e non in sfida vanitosa, anche sfidando me, la mia pelle procellosa e i miei seni misteriosi, ridendo delle mie forze. Siate saggi, uomini di terra, e io vi sarò come aperta via, che congiunge tutte le terre, simbolo, se vorrete, della pace comune, nella bellezza dei miei larghi orizzonti».
* www.finesettimana.org, 17 gennaio 2012