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Approfondimento

Ecco perché Monti non ha voluto la Patrimoniale

L’inchiesta spiega quanto risparmiano i ricchi con la tassazione prevista dal "Salva Italia"
domenica 11 dicembre 2011
Aperta la pagina, si può vedere il video.
Roma, 6 dicembre 2011. Perché il governo Monti non ha previsto la Patrimoniale? In questa inchiesta, conti alla mano, se ne spiegano le ragioni.
Il decreto Monti per salvare l’Italia non prevede la Patrimoniale, cioè la tassa sui grandi patrimoni. Alla vigilia della presentazione, si paventava l’ipotesi di chiedere ai ricchi, vale a dire a quelli che possiedono più di 1 milione di euro, il 5 per mille sul valore dei loro beni.
Così, Berlusconi, che (...)

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> Con gli anni si è stravolto il concetto di “diritti”. La Chiesa non fa sacrif-"ici": Edifici esenti. Un privilegio che vale 700 milioni l’anno

mercoledì 7 dicembre 2011


La Chiesa non fa sacrifici

Esenzione dell’Ici, otto per mille, insegnanti di Religione diventati statali, fondi alle scuole cattoliche e altri privilegi che il Vaticano non vuole toccare: dov’è la sobrietà uinvocata dal cardinale Scola?

di Marco Politi (il Fatto, 07.12.2011)

La Chiesa si autoesenta, sacrifici mai. Resta attaccata ai suoi privilegi, ma è prodiga di consigli sull’equità della manovra. È da agosto che l’opinione pubblica aspetta dalla Cei un segnale di disponibilità ad aiutare lo Stato a ripianare il suo debito colossale. In tempi passati i vescovi fondevano l’oro dei sacri calici per sostenere la difesa di un regno invaso. Ora che il nemico finanziario è molto più subdolo e spietato, non succede nulla. Dalla gerarchia non è giunto il più piccolo segnale di “rinuncia”. Solo la dichiarazione del Segretario di Stato Vaticano, Tarcisio Bertone, che ha affermato: “Il problema dell’Ici è un problema particolare, da studiare e approfondire”.

Eppure quello che pensano gli italiani è chiarissimo. Sono contrari all’esenzione dell’Ici, sono contrari a spolpare le casse dello Stato ai danni della scuola pubblica, perché credono al principio costituzionale che chi fonda una scuola privata la paga con i propri soldi. Soprattutto gli italiani sono convinti a grande maggioranza che la Chiesa predica bene e razzola male. Vedere per credere l’indagine del professor Garelli sulla “Religione all’italiana”.

QUANDO si parla di soldi, la gerarchia ecclesiastica si rifugia subito nel vittimismo, accusa complotti da parte dei nemici della Chiesa, si attacca a errori di conteggio sbagliati per qualche dettaglio o di chi mette sullo stesso piano la Cei (organismo nazionale) e il Vaticano, realtà internazionale. Nessuno trascura l’aiuto sistematico che è venuto in questi anni alle fasce più povere da parrocchie, episcopato e organizzazioni come la Caritas o Sant’Egidio. Ma ora è il momento di gesti straordinari e di uno sfoltimento di privilegi come avviene in tutto il Paese.

Ci sono fatti molto precisi su cui la gerarchia non ha mai dato risposta e che costituiscono privilegi inaccettabili specialmente nella drammatica situazione economica attraversata dal Paese. Ne elenchiamo alcuni, che indignano egualmente credenti e diversamente credenti. Non limitare l’esenzione Ici agli edifici strettamente di culto è un’evasione fiscale legalizzata. L’attuale sistema di conteggio dell’8 per mille è truffaldino perché non tiene conto del fatto che quasi due terzi dei contribuenti - non mettendo la crocetta sulla dichiarazione delle tasse - intendono lasciare i soldi allo Stato.

In Spagna, dove è stato a suo tempo copiato il sistema italiano, si conteggiano giustamente soltanto i “voti espressi”. In Germania il finanziamento alle chiese luterana e cattolica avviene con una “tassa ecclesiastica” che grava direttamente sul cittadino. Se il contribuente non vuole, si cancella. L’attuale sistema dell’8 per mille è uscito fuori controllo. Doveva garantire una somma più o meno equivalente alla vecchia congrua data dallo Stato ai sacerdoti, ma essendo agganciata all’Irpef la somma che il bilancio statale passa alla Cei è cresciuta a dismisura. Nel 1989 la Chiesa prendeva 406 miliardi di lire all’anno, oggi il miliardo di euro che incassa equivale a quasi 2.000 miliardi di lire. Cinque volte di più!

L’8 per mille è stato pensato (ed è approvato come principio dalla maggioranza degli italiani) per finanziare il clero in cura d’anime e l’edilizia di culto in primo luogo. Ciò nonostante la Chiesa si fa pagare ancora una volta a parte i cappellani nelle forze armate, nella polizia, negli ospedali, nelle carceri, persino nei cimiteri. Si tratta di decine di milioni di euro. Nessuno ignora quanti splendidi preti siano impegnati specialmente nelle prigioni, ma è il sistema del pagamento aggiuntivo che non è accettabile. Lo stesso vale per le decine di milioni aggiuntivi versati dallo Stato, dalle regioni e dai comuni per l’edilizia di culto, che è già coperta dall’8 per mille.

PER NON PARLARE dei milioni di euro elargiti ogni anno attraverso la famigerata “Legge mancia”. Invitando a uno stile di vita più sobrio per la festa di sant’Ambrogio in Milano, il cardinale Scola afferma che con gli anni si è stravolto il concetto di “diritti”. In un clima di benessere e “senza fare i conti con le risorse veramente disponibili si sono avanzate pretese eccessive in termini di diritti nei confronti dello Stato”. Verissimo. C’è da aggiungere che anche la Chiesa ha partecipato alla gara. Non è bastato che gli insegnanti di Religione venissero stipendiati dallo Stato, si è preteso che da personale extra-ruolo venissero anche statalizzati. Contemporaneamente si è iniziato a mungere le casse statali per finanziare le scuole cattoliche. Altrove in Europa lo fanno, ma non c’è l’8 per mille. È l’ingordigia nel ricorso ai fondi statali che spaventa.

Quanto al Vaticano, i Trattati lateranensi garantiscono ad esempio un adeguato fornimento d’acqua al territorio papale. Non è prepotenza il rifiuto di contribuire allo smaltimento delle acque sporche? Costa all’Italia 4 milioni di euro l’anno. Cifra su cifra ci sono centinaia di milioni che possono essere risparmiati. Il premier Monti può fare tre cose subito. Decretare che, come accade in Germania e altri Paesi, i finanziamenti statali vanno solo a enti che pubblicano il bilancio integrale di patrimoni e redditi: così gli italiani e lo Stato conosceranno il patrimonio delle diocesi. Limitare l’esenzione dell’I-ci esclusivamente agli edifici di culto. Attivare la commissione paritetica prevista dall’art. 49 della legge istitutiva dell’8 per mille per rivedere la somma del gettito. Sarebbe molto europeo.


-  Edifici esenti
-  Un privilegio che vale 700 milioni l’anno

di Luca de Carolis (il Fatto, 07.12.11)

Un privilegio da 700 milioni di euro all’anno. Tanto vale il mancato gettito fiscale da Ici sugli immobili della Chiesa, secondo la stima dell’Associazione nazionale comuni. Valutazione più che prudente di un patrimonio enorme, pressoché incalcolabile. C’è chi parla di un 20-25% degli immobili nazionali. Secondo il settimanale Il Male, solo a Roma i beni ecclesiastici esenti da Ici sono 306, mentre a Milano sono 42. Proprietà spesso in zone centrali, dalla metratura importante, a conferma che l’Ici “mancata” sui beni della Chiesa è una voragine per i bilanci dei Comuni. Anche perché spesso gli enti religiosi, facendo leva su una normativa ambigua, pretendono di non pagare l’imposta anche su immobili che danno reddito.

Nel suo libro I senza Dio, il giornalista Stefano Liviadotti riporta un documento del 2009 del Comune di Roma, pubblicato da l’Espresso, dalle cifre significative. Rispondendo a un’interrogazione sul mancato incasso dell’Ici nel 2006, il sindaco Alemanno scrive: “Le stime indicano in circa 25,5 milioni la perdita di gettito parziale per l’Ici ordinaria. Va aggiunto il minor introito per arretrati, stimato in circa 8 milioni”. Nel marzo scorso, Alemanno ha fornito nuovi numeri: “Gli uffici dell’amministrazione capitolina hanno effettuato una ricognizione, a partire dal 2005, delle attività degli enti ecclesiastici. L’accertamento ha consentito un recupero dell’imposta pari a 9 milioni e 338 mila euro, comprensivi di interessi e sanzioni”.

A colpire è anche la destinazione d’uso dei beni ecclesiastici che non conoscono Ici. Tra i 306 immobili romani elencati dal Male, abbondano gli alberghi. Come il Nova Domus, hotel a quattro stelle nei pressi della basilica di San Pietro, o l’Hotel Santa Prisca, alle pendici del colle Aventino, che dà il nome a uno dei quartieri-bene di Roma. Oppure la Villa Eur Parco dei Pini, rinomata per i congressi. Tante le strutture per turismo prevalentemente religioso: in molti casi spartane, quasi sempre dall’ottima ubicazione. Di frequente piene, perché Roma è pur sempre la città dei pellegrini, dove il Giubileo del 2000 ha fatto spuntare decine tra alberghi e pensioni per fedeli da tutto il mondo. Ovviamente, di proprietà del Vaticano. A margine della selva di istituti per suore e ordini religiosi, anche cliniche e case di cura: talvolta enormi, con molto verde e ampi parcheggi. Stesso spartito a Milano, dove tra gli immobili esenti da Ici c’è anche la Residenza universitaria Torrescalla. All’inaugurazione dell’anno accademico, lo scorso 26 novembre, presenziava l’ad di Finmeccanica, Giuseppe Orsi.


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