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Giorgio Bocca:"non ho camminato alla cieca, non ho capito tutto, ma i nostri grandi vizi e le nostre umane virtù li ho riconosciuti".

GIORGIO BOCCA: UNA VITA DA PARTIGIANO E DA GIORNALISTA. Il cronista dell’Italia liberata dalla Resistenza al nuovo millennio. Una nota di Fabrizio Ravelli - a c. di Federico La Sala

E’ morto oggi pomeriggio nella sua casa di Milano, dopo una breve malattia, Giorgio Bocca. Il grande giornalista e scrittore era nato a Cuneo il 28 agosto del 1920.
lunedì 26 dicembre 2011 di Federico La Sala
[...] Nell’ultima pagina di "E’ la stampa, bellezza! La mia avventura del giornalismo" consegnava brusco una piccola lezione: "Ecco, la chiarezza come dote regina del giornalismo. Spesso cambiata per faciloneria o irresponsabilità, ma da cercare sempre, in modo che alla fine del viaggio uno possa dire: non ho camminato alla cieca, non ho capito tutto, ma i nostri grandi vizi e le nostre umane virtù li ho riconosciuti" [...]
4 NOVEMBRE 1966: ITALIA FERITA!!! FIRENZE E’ TRAVOLTA DA UNA (...)

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> GIORGIO BOCCA: UNA VITA PARTIGIANO E DA GIORNALISTA. ---- La lotta al fascismo restò sempre la sua bussola (di Nicola Tranfaglia)

martedì 27 dicembre 2011

La lotta al fascismo restò sempre la sua bussola

di Nicola Tranfaglia (l’Unità, 27.12.2011)

In un periodo storico caratterizzato da una crisi economica e politica difficile e dall’esito incerto, la scomparsa di un grande giornalista quale è stato per più di 50 anni il cuneese Giorgio Bocca, riporta tutti, con il pensiero, alla resistenza contro i nazisti e i fascisti di Salò. Una vicenda dura che ha segnato Bocca più di altre. In quei venti mesi, dal settembre 1943 all’aprile 1945, una parte non piccola dei giovani italiani educati dalla dittatura mussoliniana decisero di prendere le armi, salire sulle montagne e lottare per un’Italia libera. Dopo la battaglia di quasi un secolo prima per conquistare l’unificazione nazionale seguita a molti secoli di divisioni e di servitù dagli stranieri quella fu una seconda grande occasione per gli italiani di mostrare al mondo come esponenti delle nuove generazioni fossero disposti a rischiare la vita per riconquistare una libertà che mancava all’Italia dall’ottobre 1922.

Giorgio Bocca (che pure, fino al 1942, era stato legato alle parole d’ordine del regime) di fronte alle sconfitte militari e alla caduta del dittatore nel luglio 1943, si rese conto con lucidità della nuova fase che si apriva per l’Italia e della necessità di mettersi in gioco. A quella dura ma esaltante esperienza, che lo vide prima comandante di una brigata nel Cuneese e successivamente commissario politico di una divisione di Giustizia e Libertà, Bocca avrebbe poi dedicato uno dei suoi libri più riusciti, «Partigiani della montagna». Un viaggio nel significato storico e culturale della guerra armata che attraversò per quasi due anni l’intera penisola dalla Sicilia alle Alpi.

Quella esperienza compiuta da giovane lo segnò in maniera decisiva. Per tutta la vita rimase fedele agli ideali e alle battaglie che aveva combattuto, sempre vigile contro i rigurgiti di fascismo che in varie occasioni sarebbero riemersi durante la storia tormentata del settantennio repubblicano. Pensando alla sua vita mi viene in mente un altro italiano illustre, l’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che ha intitolato qualche anno fa un suo libro di memorie «Non è il Paese che sognavo».

Giorgio Bocca in uno dei suoi ultimi scritti, «Annus horribilis» del 2009, ha esaminato l’epoca del trionfo dei populismi che ha caratterizzato quest’ultima fase della storia repubblicana. Un periodo di crisi per il nostro Paese, nella quale Berlusconi ha svolto, come ci ha sempre ricordato Bocca, un ruolo fondamentale e pericoloso. Insomma, il filo dell’antifascismo e della battaglia democratica restano una costante nel lungo lavoro di un grande giornalista italiano.


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