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’Ndrangheta: Lea Garofalo rischia di morire una seconda volta - il video

Intervista esclusiva con la sorella della testimone di giustizia
mercoledì 7 marzo 2012
Il processo a Milano per l’assassinio di Lea Garofalo, testimone di giustizia calabrese, va verso la conclusione. Carlo Cosco, di Petilia Policastro (Crotone), č accusato di aver ucciso e sciolto nell’acido la donna, ex convivente, con la complicitą di Giuseppe e Vito Cosco, Rosario Curcio, Massimo Sabatino e Carmine Venturino.
Carlo Cosco č stato ammesso al gratuito patrocinio, in quanto č caduta l’aggravante mafiosa dell’omicidio. Nell’istanza, Cosco ha scritto che lavorava come (...)

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> Definitive le condanne per l’omicidio della testimone di giustizia Lea Garofalo: la Cassazione ha confermato i quattro ergastoli e la condanna a 25 anni emessi dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano il 25 maggio 2013 a carico dei cinque imputati, tra cui l’ex compagno Carlo Cosco.

giovedì 18 dicembre 2014

Omicidio Garofalo, Cassazione conferma 4 ergastoli

Confermate le cinque condanne, tra cui l’ex compagno

      • Lea Garofalo, la collaboratrice di giustizia che fu uccisa e sciolta nell’acido nel novembre 2009. In foto anche quattro delle sei persone che sono state condannate all’ergastolo per l’omicidio, tra le quali l’ex compagno della Garofalo, Carlo Cosco © ANSA

di Redazione ANSA ROMA *

Sono definitive le condanne per l’omicidio della testimone di giustizia Lea Garofalo: la Cassazione ha confermato i quattro ergastoli e la condanna a 25 anni emessi dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano il 25 maggio 2013 a carico dei cinque imputati, tra cui l’ex compagno Carlo Cosco.

La I Sezione Penale della Cassazione, presieduta da Maria Cristina Fiotto, ha confermato l’ergastolo inoltre per Vito Cosco, fratello di Carlo, Rosario Curcio e Massimo Sabatino. Per l’ex fidanzato della figlia di Lea, Carmine Venturino, la condanna definitiva č a 25 anni in ragione dello sconto di pena per le sue dichiarazioni. Lea Garofalo fu uccisa a Milano il 24 novembre 2009, il suo corpo fu bruciato in un magazzino a Monza. Nel processo di I grado l’ipotesi era che la donna, della quale non fu rinvenuto il cadavere, fosse stata sciolta nell’acido, ma poi Venturino dopo la condanna in I grado ha raccontato che il corpo venne bruciato. I pochi resti della donna sono stati quindi rinvenuti in un tombino tre anni dopo la sua scomparsa. La Cassazione ha anche condannato gli imputati al pagamento delle spese processuali e al risarcimento alle parti civili, fra cui la figlia di Lea, Denise Cosco, e il Comune di Milano.

* ANSA, 18 dicembre 2014 (ripresa parziale, senza immagini).


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